Cinema e Guerra rappresentano da sempre uno dei binomi più intriganti e approfonditi della narrazione occidentale. Il tentativo dell’arte di raccontare l’inenarrabile, superando con l’esperienza ciò che le sole parole non possono spiegare, è una sfida che ha affascinato migliaia di autori nell’ultimo secolo. Campo di Battaglia di Gianni Amelio, primo film italiano in concorso all’81esima mostra del Cinema di Venezia, tenta un ulteriore approccio al tema: sfruttare la Guerra, intesa come contesto, per raccontare gli uomini e far riflettere su un’idea più astratta di “conflitto”. Un contrasto abissale, nato da una bramosia insita in ogni uomo e per questo ai ferri corti con l’empatia.
Così il racconto che vede protagonisti Alessandro Borghi, Gabriel Montesi e Federica Rosellini abbraccia una storia realmente accaduta per stimolare le menti e smuovere le coscienze. Campo di Battaglia non è un film “di guerra”, del resto: a visione conclusa, qualsiasi spunto interessante svanisce all’ombra dell’ennesimo film storico, costruito ad arte per piacere a un determinato tipo di pubblico (e probabilmente ai suoi stessi produttori). Amelio ha unito due temi portanti in un unico film senza però riuscire a incalzare lo spettatore come avrebbe voluto. Il risultato, nonostante le lodevoli intenzioni, è tutt’altro che soddisfacente.
Genere: Drammatico
Durata: 104 minuti
Uscita: 5 settembre 2024 (Cinema)
Cast: Alessandro Borghi, Gabriel Montesi, Federica Rossellini
All’ombra della Grande Guerra
Il regista, Leone d’Argento nel 1994 e Leone d’oro nel 1998, porta in scena un racconto ambientato alla fine della Prima Guerra Mondiale: delle trincee vengono mostrati soltanto pochi sprazzi, preferendo invece guardare alle infermerie. Dal fronte arrivano feriti provenienti da ogni dove: soldati, ma soprattutto ragazzi, che hanno vissuto l’orrore della guerra e che necessitano di cure per tornare a casa o tornare a combattere. Qui emerge il dualismo preponderante della prima parte della pellicola, quello tra due medici (Borghi e Montesi) in bilico tra ideali opposti: la compassione, tipica dell’uomo di medicina, e il potere, retaggio puramente militare.
La prima porzione del film incuriosisce soprattutto perché pone le basi di un confronto parallelo dal grande potenziale, alternando al conflitto reale quello tra etica e potere – decisamente più stimolante, almeno sulla carta. Per quasi un’ora si ha la sensazione di un film che vuole impegnarsi per costruire un microcosmo di tensioni crescenti, forse persino qualche intrigo di potere, ma giunti al giro di boa la narrazione prende una piega completamente diversa, mettendo da parte le proprie premesse per offrire uno spaccato storico tutt’altro che originale.
Pochi guizzi, molta fatica
Anche un occhio poco attento noterebbe che Campo di Battaglia ha tutto per far bene, ma le scelte in sceneggiatura e la regia poco ispirata non sono per niente all’altezza dei suoi propositi. Borghi e Montesi fanno quel che possono per tenere a galla la pellicola, ma il risultato è quasi massacrante: tra ridondanze, dialoghi spogli e un rigore formale che non offre veri stimoli, Amelio sembra essersi concentrato quasi esclusivamente sull’uso del dialetto e sui suoi interpreti, tralasciando forse l’elemento più importante per mettere in scena l’opera che voleva. Non c’è approfondimento, ma soprattutto non c’è ritmo: Campo di Battaglia vive di sprazzi, tra qualche sequenza interessante e qualche slancio attoriale, ma quando deve venire al dunque non osa praticamente mai.
Il regista troverà sicuramente un pubblico interessato a questo genere di storie, specialmente se il film dovesse arrivare in tv. Non si tratta di un problema demografico, ma soprattutto autoriale: questo Amelio, per quanto accorato, è ben lontano dalla carica potente delle sue grandi opere.
Campo di Battaglia, liberamente ispirato al romanzo “La Sfida” di Carlo Patriarca, uscirà nelle sale il 5 settembre con 01 Distribution.
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La recensione in breve
Nonostante le incoraggianti premesse, il film sulla Guerra di Gianni Amelio si spacca su due racconti differenti, tanto scostanti nel ritmo quanto nella resa finale. Un vero peccato, considerando il cast a disposizione e il potenziale tematico a disposizione. La produzione regge il peso di Venezia e il cast cerca di fare quel che può, ma le idee in sceneggiatura (oltre a qualche scelta curiosa in regia) non portano nulla di buono
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Voto Screenworld