Black Adam, in sala dal 20 ottobre, è l’undicesimo lungometraggio del DC Extended Universe, ma per certi versi è un nuovo inizio: la sua uscita è avvenuta la stessa settimana in cui Walter Hamada ha lasciato l’incarico di responsabile della DC Films dopo quattro anni, lasciando un vuoto che al momento non è ancora stato riempito. Dwayne Johnson, interprete di Adam, ha parzialmente promosso il film parlando di un cambiamento a livello di gerarchia del potere per la DC, un’affermazione che funziona sullo schermo e dietro le quinte. Proviamo a capire perché.
Attenzione, questo articolo contiene alcuni spoiler per chi non ha visto il film!
C’era una volta a Hollywood
Il DCEU è ufficialmente iniziato nell’estate del 2013 con il debutto in sala de L’uomo d’acciaio. Un film che inizialmente si era fatto notare soprattutto per il contributo produttivo di Christopher Nolan (il quale aveva da poco reinventato Batman e ora faceva la stessa cosa, come soggettista, per Superman) e che poi è stato apprezzato da suoi (talvolta agguerriti) fan per la regia di Snyder, riconfermato per il sequel Batman v Superman: Dawn of Justice. Un secondo capitolo altamente ambizioso, con il debutto cinematografico di Wonder Woman, un rapporto complicato tra i due eroi titolari e i primi indizi circa l’arrivo di Darkseid e l’esordio della Justice League. Ma anche il primo segnale di una divergenza d’opinioni tra Snyder, coordinatore generale del progetto che doveva avere una durata limitata, e la Warner Bros. che voleva un franchise a lungo termine sulla falsariga di quello Marvel. E con le riprese di Justice League sono iniziati i veri problemi, con Snyder estromesso durante la post-produzione – in parte per motivi legati alla famiglia, ma anche e soprattutto per la scarsa fiducia della Warner nella sua visione – e sostituito da Joss Whedon che ha rigirato il film praticamente da zero, con risultati abbastanza discutibili.
Dirigenze alternate
Inizialmente la DC Films, unità produttiva specificamente dedicata agli adattamenti dei fumetti della casa editrice, era affidata a Jon Berg, allora vicepresidente della Warner, e Geoff Johns, responsabile creativo della DC Comics e tra i principali sceneggiatori del gruppo dagli anni Novanta in poi. Una gestione che si è conclusa dopo l’uscita di Justice League, con l’allontanamento di entrambi dai ruoli attivi in seno all’azienda (Johns rimane coinvolto tramite la propria casa di produzione, che ha un accordo con la Warner) e il reclutamento di Walter Hamada, proveniente dalla New Line Cinema. Sotto la sua egida il DCEU comincia ad acquistare una certa forza narrativa, lasciando ai registi una maggiore libertà rispetto alla Marvel poiché non c’è l’imposizione di collegare tutto in vista di un grande evento, ma rimane il dubbio sul destino di alcuni dei personaggi più importanti, in particolare Superman che, a causa di dispute contrattuali e altri impegni di Henry Cavill, viene ridotto a dei camei dove non lo si vede in faccia.
Nuove gerarchie
In mezzo a tutto questo si muove Black Adam, in lavorazione dal 2007 e con Dwayne Johnson che, dal primo annuncio, ha acquisito sempre più potere contrattuale a Hollywood, al punto da poter riportare all’ovile Cavill nonostante le obiezioni di Hamada. E la cosa non si ferma qui, poiché Johnson afferma di essere un consulente per la direzione futura della DC Films, con l’intenzione di riportare sullo schermo tutti i principali supereroi, a cominciare da Superman che nel mid-credits si ripresenta dicendo “Dobbiamo parlare”, battuta dal sapore decisamente meta. Una scena che è stata pianificata per sei anni, non senza ostacoli (la prima versione della sequenza, girata senza Cavill, mostrava Superman dal collo in giù, come in Shazam!), e che promette un ritorno in scena della vecchia guardia, con due principali incognite: Cyborg, il cui interprete Ray Fisher deve ancora chiarire se è disposto a collaborare con la nuova dirigenza del reparto cinematografico DC (vedi sotto), e Batman, il cui ruolo potrebbe essere ridimensionato rispetto a qualche anno fa per ragioni strettamente anagrafiche (Ben Affleck ha già cinquant’anni e forse non è più disposto a fare da protagonista con una parte così fisicamente impegnativa).
Gunn, James Gunn
Proprio mentre Cavill annuncia in pompa magna il suo ritorno e si comincia a parlare di come potrebbe evolversi la situazione, arriva la notizia-bomba: la DC Films da novembre si chiamerà DC Studios, con doppia gestione affidata a James Gunn e Peter Safran, con il primo che si occuperà della parte artistica e il secondo di quella amministrativa. Un annuncio promettente, dato che i due non solo conoscono bene il franchise avendoci lavorato in prima persona, ma sono anche grandi appassionati della DC in generale e consapevoli dell’importanza di collaborare con le persone giuste. Rimane principalmente un dubbio: quanto di questa nuova direzione sarà compatibile con l’incarnazione iniziale del DCEU, dal momento che molti fan della prima ora chiedono a gran voce il ritorno di Snyder – tra l’altro amico di vecchia data di Gunn – e il completamento del suo piano (che però cozzerebbe con i progetti a lungo termine dello studio).
E alcuni di quei punti di domanda sono legati ai titoli in uscita nel 2023, in particolare The Flash che parla di multiversi e contiene versioni multiple di Batman. Senza dimenticare la controversia di Batgirl, la cui uscita è stata cancellata per motivi fiscali mentre il film era ancora in post-produzione. “Nessuno su questo pianeta può fermarmi”, dice Black Adam subito prima dell’arrivo di Superman. Rimane da vedere se tale filosofia si potrà applicare anche alla strategia dietro le quinte. Verosimilmente, i primi annunci concreti in merito arriveranno non prima dell’estate del 2023, quando il film di Flash sarà uscito e avremo le idee più chiare sugli universi coinvolti. Ma con Gunn e Safran al timone, si può per lo meno già ipotizzare che il nuovo corso preveda una certa coerenza e, soprattutto, la giusta attenzione nei confronti dei registi, elemento spinoso quando si parla di blockbuster in generale.