Quando ci si riferisce ad Alien è difficile parlare di una vera e propria saga. Genericamente, infatti, sarebbe più opportuno definirla un franchise. Questo perché non è mai realmente esistito un canone preciso e definito, tipico di un universo narrativo condiviso. Tutti gli autori che di volta in volta si sono approcciati allo xenomorfo hanno avuto modo di imprimere il proprio marchio sull’opera, di lasciare la propria impronta personale. Difatti da un film all’altro vi è sempre stato un rinnovamento, una sorta di reset che ha consentito alla serie cinematografica di esser così tanto longeva. Tuttavia, a prescindere dalle definizioni, che si sa lasciano sempre il tempo che trovano, vi sono pochi dubbi sul fatto che Alien sia una delle creature cinematografiche più iconiche della storia del cinema.
Alien, inteso come il primo film del 1979, nasce dalla costola di un adattamento di Dune che non vide mai la luce. Tra il 1973 e il 1975, l’autore cileno Alejandro Jodorowsky mise in cantiere un mastodontico progetto basato sul romanzo di Frank Herbert. Una pellicola tanto ambiziosa da esser entrata, nonostante il fallimento, nella leggenda. Come dimostra la produzione di un documentario che racconta la sfortunata storia di quello che fu definito il più grande film mai realizzato.
Ad ogni modo il film di Ridley Scott del 1979 sorge proprio dalle ceneri dello Jodorowsky’s Dune. Diversi tra gli artisti coinvolti nel progetto del regista cileno trasferirono gran parte di quelle brillanti idee nella realizzazione del primo Alien. Tra questi figuravano creativi come lo sceneggiatore Dan O’Bannon e il celebre artista svizzero Hans Ruedi Giger, che ha curato, in sinergia con l’italiano Carlo Rambaldi, morfologia, fisionomia e fattezze della letale creatura extraterrestre, che, non casualmente, richiama il design dei vermi delle sabbie di Arrakis.
Nella mitologia della saga la creatura aliena è stata definita xenomorfo, termine mutuato dal greco dall’unione delle parole xènos (straniero/strano) e morphē (forma). Quest’alieno è una creatura di puro istinto. Una bestia feroce alta due metri e mezzo, con sangue acido nelle vene, dotata di una forza bruta, che vive esclusivamente di impeto, violenza e sopraffazione.
Tuttavia, ci si renderà conto andando ad analizzare le varie pellicole di Alien che il cattivo della saga non è mai realmente lo xenomorfo, che agisce secondo la propria natura; bensì l’uomo, il quale mira avidamente a soggiogare, depredare e sottomettere gli altri semplicemente per i propri interessi personali, evidente critica al capitalismo occidentale. Caratteristiche dell’essere umano che la saga tratteggia attraverso la compagnia Weyland-Yutani, che difatti vuole ottenere il controllo sugli xenomorfi per sfruttarli proprio come armi biologiche. “Io non so proprio quale specie sia peggiore. Loro (riferito agli xenomorfi) non li vedi fregarsi l’uno con l’altro per una sporca percentuale!”, dirà Ellen Ripley in Aliens – Scontro finale.
Al netto dei film meno riusciti, di altri più controversi e divisivi, restano pochi dubbi sul fatto che molte pellicole del franchise rappresentino un punto di riferimento sia per la fantascienza che per la settima arte tout court, proprio perché alcune di esse sono state in grado di rivoluzionare ed elevare lo status di un genere fino a quel momento considerato minore. Fantascienza che otterrà lustro presso il grande pubblico solamente verso la fine degli anni ’70, grazie a Star Wars e per l’appunto al primo Alien di Ridley Scott. Per questo non ci resta che andare a sviscerare e analizzare nel dettaglio tutte le pellicole del franchise di Alien, e classificarle dalla peggiore alla migliore.
9. Aliens vs. Predator 2 (2007)
Dimentichiamo l’elevata fantascienza d’autore che sfrutta il genere horror per mettere in scena stimolanti discorsi filosofico-religiosi. Scordiamoci le riflessioni sul concetto di divino e di divinità, come anche quelle inerenti all’inscindibile rapporto tra creatore e creatura. Mettiamo da parte tutte queste tematiche, perché Aliens vs. Predator: Requiem (questo il titolo in originale del film) non è nulla di più e nulla di meno di ciò che appare: uno sciagurato B-movie a tinte horror-action. Esattamente come il predecessore del 2004 di Paul W. S. Anderson, del quale rappresenta il sequel diretto, anche Aliens vs. Predator 2 non è parte integrante di nessuno dei due franchise ufficiali con protagonisti le letali creature extraterrestri.
I Fratelli Strause firmato a quattro mani una pellicola più cruda, violenta e spietata di quanto si possa immaginare, capace tuttavia di palesare sin dal primo minuto tutti i problemi, i limiti e le difficoltà di una produzione cinematografica di bassissimo livello. Il film, infatti, prova a mascherare, in quel buio e quell’oscurità che avvolgono costantemente ogni scena, tutte le restrizioni di un budget, senza dubbio inferiore rispetto al capitolo precedente, gestito nel peggiore dei modi. Per queste ragioni, e non solo, Aliens vs. Predator 2, senza troppi giri di parole, è unanimemente considerato il punto più basso mai toccato da una pellicola con protagonisti i celebri Xenomorfi disegnati da H.R. Giger, nonché uno dei peggiori film degli anni 2000.
8. Alien vs. Predator (2004)
Dopo essersi scontrati numerose volte su altri media (romanzi, fumetti e videogiochi), ed aver cinematograficamente flirtato per diverso tempo, tramite riferimenti, citazioni e omaggi sparsi qui e là nelle varie pellicole delle rispettive saghe (principalmente nei film di Predator), ecco arrivare nel 2004 il primo crossover tra le due famosissime creature aliene.
Alien vs. Predator è un fantahorror fuori dal canone di entrambi i franchise, che punta tutte le sue fiches sull’iconicità estetica dei due antagonisti extraterrestri, probabilmente l’unico aspetto veramente interessante e riuscito del film. Paul W. S. Anderson prova, in maniera piuttosto vana, a replicare le atmosfere delle pellicole di Scott e Cameron, delineando un contesto che seppur differente, poiché le vicende si svolgono sulla terra, richiama per certi versi quello dei primi film.
Il cacciatore che diventa preda, la preda che si trasforma in cacciatore. È su questo doppio binario mortale che Alien vs. Predator cerca, con esisti infausti, di imbastire una trama che risulta solo banale e stereotipata, pigra e superficiale, priva di guizzi visivi e totalmente incapace di sfruttare le tematiche ereditate dai precedenti film dei due franchise. Paul W. S. Anderson schiva per un soffio l’ultima posizione, probabilmente solo per demeriti altrui, ma vi sono pochissimi dubbi su fatto che il pessimo Alien vs. Predator sia uno dei peggiori film del franchise.
7. Alien – La clonazione (1997)
Quarto e ultimo capitolo di quella che, utilizzando la riconoscibile terminologia starwarsiana, può esser considerata la saga originale dello xenomorfo, Alien – La clonazione è la pellicola che conclude la parabola di Sigourney Weaver e della sua iconica Ellen Ripley. Jean-Pierre Jeunet, cineasta francese famoso per la regia del cult del 2001 Il favoloso mondo di Amélie, firma uno dei più controversi, ma allo stesso tempo peculiari capitoli dell’intero franchise dello xenomorfo.
Alien – La clonazione è delineato secondo un canovaccio abbastanza tipico per i canoni della saga. Infatti, ciò per cui veramente si contraddistingue è lo stile che Jeunet imprime alla sua pellicola, un’estetica in linea con i modelli cyberpunk in voga negli anni ’90. Grottesco e sopra le righe, macabro ed eccessivo, il regista francese fa del body horror una cifra stilistica riconoscibile, capace in più d’una situazione di disturbare grazie alla messa in scena di situazioni piuttosto estreme, che purtroppo in alcune circostanze, poiché non ben calibrate, deragliano nel cattivo gusto.
Tuttavia, ciò che rende realmente interessante, nonché degno di nota, il quarto capitolo di Alien è rappresentato dalla natura metacinematografica del progetto. Infatti, quel La clonazione che imperversa nel titolo (Alien: Resurrection in originale) può esser letto non solo sotto un profilo meramente narrativo, ma anche e soprattutto in chiave metatestuale. Per questo clonare deve esser inteso come riprodurre per cambiare, rinnovare per evolvere. Una condizione necessaria per proseguire il proprio percorso personale, nella vita così come nel cinema.
D’altronde anche la Ripley del quarto film non è quella che abbiamo conosciuto nel 1979, ella stessa è una copia, un clone dell’originale. Una protagonista partita dall’astronave mercantile Nostromo come l’unico personaggio umano della saga (il gatto Jones e la bambina Newt ne sono la palese dimostrazione), che ritorna sulla terra spogliata di quell’umanità che la distingueva, sia dall’istintivo xenomorfo che dagli altri malvagi esseri umani.
“Sono anch’io straniera qui.”. Non è assolutamente un caso, infatti, che si concluda con quest’ultima suggestiva battuta la lunga parabola di Ellen Ripley, giunta finalmente sulla terra dopo aver completato un’infinita odissea spaziale. Una frase custode della struggente metafora dell’essere umano che al termine del suo lungo viaggio torna tanto cambiato da divenire alieno a casa sua.
Nonostante Alien – La clonazione non rappresenti uno degli apici del franchise cinematografico dello xenomorfo, allo stesso tempo non v’è dubbio che simboleggi la conclusione ideale sia della saga iniziata nel 1979, che delle avventure della sua protagonista storica, Ellen Ripley, uno dei personaggi femminili, e non solo, più importanti di tutti i tempi.
6. Alien³ (1992)
Pellicola che segna l’esordio dietro la macchina da presa di David Fincher, Alien³ è, probabilmente, il capitolo più nichilista di tutta la saga dello xenomorfo. Il tono della storia appare chiaro sin dalle prime battute. Infatti, lo sconvolgente incipit con cui si apre Alien³ rappresenta il manifesto di un film ammantato da un’aura di crudo pessimismo.
Lo status quo e il lieto fine che Ripley e gli altri protagonisti avevano abbracciato al termine di Aliens – Scontro finale viene, in maniera piuttosto coraggiosa, inaspettata e spiazzante, totalmente ribaltato, per scrivere un nuovo capitolo dell’odissea spaziale del personaggio di Sigourney Weaver. Ripley si trova catapultata in un mondo nuovo ed estraneo, diverso rispetto a quello in cui ha sempre vissuto. Una realtà feroce, a tratti disumana, nei confronti della quale è un’aliena, probabilmente più aliena dello stesso xenomorfo.
Vittima di numerose riscritture e riletture della sceneggiatura, che hanno reso complessa la produzione e posticipato la realizzazione, Alien³ è il primo film della saga veramente privo di speranza, che racchiude tutto il proprio senso nell’eroico gesto finale della protagonista. David Fincher sceglie la strada drammatica per delineare il suo ottimo fantahorror, dal quale emergono riflessioni interessanti, in linea con il percorso intrapreso dal franchise. Tematiche che tra l’altro ritorneranno anche nel proseguo della carriera del regista americano.
Nonostante sia stato inizialmente disprezzato da molti fan, persino da David Fincher, che l’ha addirittura disconosciuto dalla propria filmografia, negli anni Alien³ è riuscito a consolidarsi come una pellicola di grande culto, ricca di scene madri e immagini tanto iconiche da risultare rappresentative dell’intero franchise. Per tutto questo e per molto altro, Alien³ si conferma un film imperdibile per ogni appassionato della saga e non solo.
5. Alien: Romulus (2024)
Cronologicamente ambientato tra il primo e il secondo capitolo della saga, Alien: Romulus è un’interessante spin off che espande la mitologia dell’universo narrativo dello xenomorfo. Fede Alvarez firma la regia un discreto fantahorror, che si rifà per ambientazioni, stile, estetica e toni alle pellicole della saga dirette da Scott e Cameron. Il cineasta uruguaiano, già regista nel 2013 del remake del cult La casa di Sam Raimi, sfrutta egregiamente le atmosfere ansiogene e claustrofobiche della stazione spaziale ove si svolgono le vicende per costruire un clima di tensione sempre pulsante.
Basandosi su un canovaccio piuttosto canonico per gli standard della saga, Fede Alvarez si è dimostrato calibrato e consapevole nel saper rispettare la mitologia di Alien, omaggiando la storia dell’intero franchise attraverso citazioni che abbracciano le sei pellicole ufficiali della saga, e introducendo allo stesso tempo nuovi spunti di riflessione allineati alla contemporaneità. Il regista uruguaiano si interroga sul significato e sul senso di umanità: cosa definisce un’esistenza? Cos’è che rende una vita reale e cosa no? È solo l’essere umano in quanto tale a provare sentimenti, ad esser dotato di umanità? Quesiti esistenziali che ben si legano con il franchise dello xenomorfo.
Per questo motivo Alien: Romulus si propone come un progetto ibrido, che proprio nelle sequenze finali manifesta in maniera spudorata, anche sotto un profilo metacinematografico, questa sua anima profondamente cangiante. Cailee Spaeny, attrice americana in rampa di lancio, nota per i suoi ruoli in Priscilla (parte che le è valsa il premio di miglior attrice a Venezia 80) e Civil War, è senza dubbio il fulcro morale ed emotivo del film. La sua Rain si è dimostrata un’ottima protagonista, degna erede delle altre eroine femminili della saga.
Senza voler sorreggere il pesante fardello dell’autorialità e inseguire l’opprimente ambizione di raggiungere le vette più elevate della saga, Alien: Romulus si rivela una pellicola assolutamente godibile e degna di nota all’interno del franchise dello xenomorfo.
4. Alien: Covenant (2017)
Cinque anni dopo Prometheus, Ridley Scott prende nuovamente in mano la macchina da presa per dirigere il suo terzo lungometraggio ambientato nell’iconico universo narrativo dello xenomorfo. Alien: Covenant è il secondo capitolo di quella che potrebbe esser definita la saga prequel di Alien.
Tornano, venendo ulteriormente ampliate ed approfondite, le stimolanti tematiche già introdotte in Prometheus. Ancora una volta il maestro Scott vuole riflettere sul concetto di divino, sulla religione e sull’atavico legame tra creatore e creature, sul significato di creazione, di umanità ed essere umano. La componente filosofica è ancora una volta l’elemento pregnante, in un’opera sci-fi interamente edificata sul dicotomico dualismo tra fede e ragione.
Tuttavia, in Alien: Covenant viene lasciato anche tanto spazio all’intrattenimento. Il film è un fantahorror capare di variare e giocare costantemente con diversi registri narrativi. Ridley Scott mescola, con estrema eleganza, sequenze thriller ricche di tensione e pathos, con altre tipiche dei B-movie slasher, momenti action estremamente adrenalinici, con sequenze dialogate più intime e riflessive.
Nonostante alcune storture che non consentono alla pellicola di raggiungere il podio della classifica, vi sono pochi dubbi sul fatto che Alien: Covenant sai uno dei migliori film del franchise dello xenomorfo. Il film, infatti, può vantare alcune delle sequenze più affascinanti e significative di tutta la saga. Impossibile non menzionare il lungo dialogo iniziale, ambientato nel passato, tra David e Peter Weyland (un momento cardinale della pellicola); oppure il confronto di metà film tra Walter e lo stesso David (in una scena incredibile che mette in risalto tutto il talento di Michael Fassbender, l’interprete di entrambi gli androidi).
Il flop commerciale ha probabilmente posto la definitiva pietra tombale sul progetto del regista britannico. Quel che resta è solo l’enorme rammarico di non poter vedere Ridley Scott portare a compimento la propria personale visione sulla saga di Alien.
3. Prometheus (2012)
A trentatré anni di distanza dal suo Alien e quindici dopo Alien – La clonazione, la pellicola conclusiva della saga, Ridley Scott sceglie di tornare su una delle opere che hanno maggiormente segnato la sua immensa filmografia. Prometheus è il primo capitolo della saga prequel di Alien, vale a dire quella nuova serie di film, ambientati prima delle vicende del capostipite del 1979, che avrebbero dovuto narrare l’origine degli xenomorfi (e non solo), andando così ad ampliare la mitologia del franchise. Insieme al suo sequel Alien: Covenant, Prometheus è una delle pellicole più controverse e divisive di tutta la saga; non è proprio un caso infatti che il film, sin dalla sua uscita in sala, abbia spezzato in due l’opinione di critica e pubblico.
In maniera del tutto simile a quanto si potrebbe asserire sul primo Alien, la trama di Prometheus, letta superficialmente, potrebbe apparire come quella di un semplice B-movie di genere fantahorror. Tuttavia, come sempre accade, scavando in profondità, tra le pieghe di una sceneggiatura stratificata, si possono realmente cogliere tutte le stimolanti sfumature di molte delle suggestive riflessioni che da sempre caratterizzano la poetica di Ridley Scott.
Dal primo Alien (1979) fino a Prometheus (2012) e Alien: Coventant (2017), mettendo in mezzo il tassello fondamentale di Blade Runner (1982), possiamo rintracciare un fil rouge ricorrente nella fantascienza scottiana, vale a dire l’idea della creatura che cerca risposte dal suo creatore sul perché sia stato creato. Infatti, il cineasta britannico con il quinto film della saga sugli xenomorfi mette in scena un sofisticato gioco di scatole cinesi che, come le bambole di una matrioska, si contengono l’una nell’altra, tenendo legate la vita, la sorte e il destino dei diversi personaggi, nonché le tematiche della pellicola.
La creazione, l’origine della vita, il divino, la fede, il senso dell’esistenza e la morte. Sono questi i sei pilastri fondamentali di un’opera ricca, profonda e stratificata, capace di far sfoggio di una magniloquenza estetica, tecnica e visiva che raggiunge i massimi livelli, e soprattutto in grado di trovare un equilibrio armonioso e perfettamente bilanciato tra una fantascienza di puro intrattenimento e uno sci-fi più elevato e riflessivo.
Per questo restano pochissimi dubbi sul fatto che Prometheus non sia semplicemente un eccellente film della saga di Alien, ma ampliando il nostro raggio d’azione, anche una delle più grandi opere di fantascienza ventunesimo secolo.
2. Aliens – Scontro finale (1986)
Sono trascorsi sette anni dall’uscita in sala dell’immortale capostipite del 1979 quando Walter Hill e gli altri storici produttori della saga decidono di affidare la regia di Aliens – Scontro finale a James Cameron. Il cineasta canadese, inaugurando quello che diverrà uno dei punti di forza del franchise, rimescola le carte in tavola per cambiare rotta rispetto al primo capitolo, imprimendo al suo sequel un marchio decisamente più action e adrenalinico.
Aliens – Scontro finale racchiude in sé gran parte delle ossessioni cinematografiche care alla poetica di James Cameron, come quelle sui corpi, le macchine e l’estinzione dell’umanità. Il regista canadese si è dimostrato come sempre maestro nel riuscire a plasmare, intorno all’intreccio semplice ed essenziale di un fanta-action con elementi horror, un’opera completa, intensa e stimolante, che pone il femminile al centro del racconto, un carattere fondamentale nelle suggestioni di Cameron; riuscendo così ad aggiungere un ulteriore e fondamentale tassello alla parabola dell’iconica Ellen Ripley, la storica protagonista di Alien.
Non è per nulla un caso, infatti, che sia proprio la maternità, delineata attraverso la contrapposizione dell’antagonismo tra Ellen Ripley e la regina xenomorfo, il fulcro cardine intorno al quale ruota una pellicola che, portando avanti molti dei discorsi già introdotti da Scott, come quelli sulla natura e sulla morale, parla di riscatto e redenzione.
Aliens – Scontro finale è un grandissimo film di fantascienza, una delle opere più rappresentative degli anni ’80, che tra l’altro rientra di diritto ristrettissima cerchia dei più grandi sequel di sempre della storia del cinema.
1. Alien (1979)
Irripetibile capostipite della saga, Alien di Ridley Scott è, senza troppi giri di parole, uno dei più grandi film della storia del cinema. Il cineasta britannico, al secondo lungometraggio della sua straordinaria filmografia, firma un capolavoro epocale capace di rivoluzionare un genere ritenuto fino a quel momento di serie B, con una pellicola divenuta sin da subito un punto di riferimento imprescindibile per lo sci-fi e, più in generale, per tutta la settima arte.
Insieme a Blade Runner, altro immenso capolavoro di Ridley Scott, il primo capitolo della saga dello Xenomorfo rappresenta uno dei capisaldi della fantascienza cinematografica moderna. Le due opere, non a caso spesso accostate, condividono diverse tematiche seminali per la poetica dell’autore britannico.
Edificato intorno all’intreccio essenziale della magnifica sceneggiatura scritta da Dan O’Bannon, Alien è un survival horror di fantascienza in grado di costruire e mantenere per la sua intera durata un clima di tensione palpabile e sempre crescente. In questo senso appare perfetta l’ambientazione claustrofobica ove le vicende sono ambientate, la nave cargo Nostromo, un unico luogo chiuso e circoscritto che restituisce sensazioni di straniante isolamento e angosciante alienazione. Scott struttura l’atmosfera ansiogena sull’incessante attesa di un pericolo imminente: in questo modo, nonostante l’assenza dello xenomorfo dalla scena (una presenza centellinata per 2/3 del film), percepiamo costantemente la sua mortale minaccia.
Il primo Alien racchiude in sé le radici di tutte le suggestioni filosofiche, politiche e sociali che verranno sviluppate e approfondite nel corso della saga, prime tra tutte quelle focalizzate sull’essere umano e sul concetto di umanità. Le riflessioni del film sono plasmate intorno alla concezione antitetica del dualismo tra coscienza morale e istinto naturale.
In questo senso la pellicola mette in contrapposizione la protagonista Ellen Ripley non solo con lo Xenomorfo, creatura aliena che vive di puro istinto naturale; ma anche e soprattutto con la Compagnia, quella che successivamente si scoprirà essere la Weyland-Yutani. Un mostro invisibile, ancor più mostruoso della stessa creatura aliena. Il reale villain della pellicola (e della saga), rappresentazione dell’avidità, della spietatezza e della disumanità dell’essere umano.
Alien è una pellicola magistrale capace di arricchire lo spettatore visione dopo visione, stimolandolo attraverso le sue infinite e profonde suggestioni visive, filosofiche, tematiche e tecniche. Indiscutibilmente uno dei film più importanti di tutti i tempi. Un’opera immortale.