Il 16 ottobre 1923 nascevano a Burbank, in California, i Walt Disney Animation Studios. Per quanto oggi possa risultare quasi straniante immaginare un mondo senza i film della Disney, c’è stato un tempo in cui essa non era altro che una scommessa nata dalla fantasia di un animatore, Walt Disney, e dalla completa fiducia di suo fratello, un produttore e uomo d’affari, Roy Disney.
Cento anni dopo la posa di quella “prima pietra”, i Walt Disney Animation Studios sono cresciuti a dismisura, diventando un gigante della settima arte. E se è vero che il cinema è comunemente recepito come la fabbrica dei sogni, non ce ne sono stati di tanto belli e magici come quelli che sono nati dalla visione dei due fratelli Disney. Cento anni di fiabe, di lungometraggi destinati a diventare pietre miliari. Cento anni di personaggi emarginati, diversi, spesso avanti rispetto ai loro tempi. Fucina di fiabe e speranze, la Disney è stata anche una sorta di insegnante per i bambini che, generazione dopo generazione, sceglievano di credere in quel rassicurante E vissero per sempre felici e contenti. Ecco allora una lista delle 5 cose che abbiamo imparato dalla Disney e che ancora continuano ad essere insegnamenti validi da seguire.
1. La vera bellezza si trova nel cuore
“Ma lei lo avvertì di non lasciarsi ingannare dalle apparenze, perché la vera bellezza si trova nel cuore“. La frase, che fa parte del prologo de La Bella e La Bestia, è forse una delle citazioni più famose della Disney e cela in sé un insegnamento non troppo velato. Così come non si giudica un libro dalla sua copertina, allo stesso modo sarebbe riduttivo cercare di identificare l’universo di una persona dal suo solo aspetto. La Bella e La Bestia è un lungometraggio che eredita un archetipo antico, che risale fino ad Amore e Psiche e si basa sulla contrapposizione tra un personaggio “bello” e quindi facilmente inseribile in società e un “mostro” che è costretto a vivere nascosto, divorato nelle ombre che egli stesso ha scelto come propria dimora.
Eppure, se si fa attenzione, si noterà come, nel film del 1991, entrambi i personaggi appaiono come “mostruosi” o, almeno, fuori dai canoni. Siamo tutti abituati a considerare lo “sforzo” di Belle di andare oltre l’aspetto bestiale del principe Adam e oltre i suoi modi altrettanto belluini. La gente guarda il principe e rimane ingannata, perché spaventata dalla sua mostruosità. Allo stesso modo, però, la società osserva Belle e vede una bella ragazza, ma, ugualmente, cade vittima di un imbroglio visto che Belle non è “quello che sembra”, ma è invece “una ragazza assai particolare“. In un modo o nell’altro, il film ci sta spingendo a non emettere giudizi, a non dare per scontato di poter conoscere la verità insita di un essere umano basandosi solo sull’aspetto o sul suo status sociale.
È un po’ lo stesso messaggio che veicolerà anche Pocahontas nell’omonimo film, quando spiega a John Smith il suo mondo, prendendo di mira la facilità con cui l’uomo la definisce “selvaggia”. Il valore di una persona non è nel suo aspetto come non è nella sua classe sociale – si pensi, ad esempio, ad Aladdin – o nelle sue radici. La vera bellezza, appunto, si trova nel cuore.
2. Il vero amore esiste in tante forme
Per moltissimo tempo i film di Walt Disney ci hanno abituato a storie che avevano al proprio centro la risoluzione romantica di qualsiasi conflitto. Siamo cresciuti sentendo parlare del potere miracoloso del “bacio del vero amore”. Ma, soprattutto, ci è stato dato l’ideale del vero amore come solo compimento romantico. Si pensi a tutta la tradizione delle principesse: tutte cercano il vero amore. Anche in Mulan e Hercules, che sono due film in qualche modo rivoluzionari con le loro narrazioni, il coronamento del sogno romantico è un elemento fondamentale. Sebbene, poi, siano continuati ad esistere lungometraggi dove il vero amore era solo quello tra due personaggi effettivamente innamorati, dagli anni Duemila si è cominciata una piccola rivoluzione.
Nel 2001 uscì Le follie dell’imperatore, che non presentava nessun interesse sentimentale, ma solo la costruzione di un rapporto d’amicizia, come poi accadrà anche, ad esempio, in Lilo & Stich e il sempre troppo sottovalutato Il pianeta del tesoro. Pian piano la Disney si è aperta alla possibilità che il vero amore non è solo quello romantico, ma può essere la concretizzazione di un rapporto fraterno (come in Big Hero 6 e Koda – Fratello Orso), di una collaborazione tra personaggi diversi, come in Oceania. Fin quando non si arriva al primo capitolo di Frozen, in cui si esplicita in modo chiaro e inequivocabile che l'”atto di vero amore” necessario a salvare Anna è quello che solo sua sorella Elsa può fare.
Per un po’ la Disney sembrava voler suggerire che si potesse essere felici solo all’interno di una coppia: ma se si fa bene attenzione si può notare come siano più di vent’anni che, in realtà, ci sta dicendo che a volte la nostra vera anima gemella sono i nostri migliori amici oppure i componenti della nostra famiglia, che sia di sangue o di scelta.
3. Vivere è una grande avventura
Tra le altre (e tante) cose che la Disney ci ha insegnato c’è anche quella di goderci la vita, di saper trovare il lato positivo in ogni storia, perché vivere può essere una grandiosa avventura. Lo è per Peter Pan, quando finalmente si rende conto delle vere cose importanti della vita, ma lo è per quasi tutti i personaggi. In effetti quasi tutti i protagonisti delle storie Disney rispondono alle “leggi” di Vogler e del suo manuale Il viaggio dell’eroe. Sono quasi sempre personaggi che, per un motivo o per un altro, sono condotti lontani dalla loro zona di confort, verso un’avventura da scoprire. Wendy vola sull’Isola che non c’é, Milo viaggia alla ricerca di Atlantide, Jane si innamora di un uomo-scimmia in mezzo alla giungla. Ralph Spaccatutto scopre l’amicizia e l’accettazione in un modo molto diverso dal suo, così come Semola di La spada nella roccia scopre un mondo pieno di magia che si nasconde nella sua quotidianità. Tutti i personaggi vivono delle avventure e imparano ad apprezzare la vita come una concatenazione di eventi.
Bisogna però sottolineare che spesso l’avventura segue a una morte o comunque a un trauma, il che volendo potrebbe essere un insegnamento aggiuntivo: accettare la morte per poter andare avanti. Quando Scar uccide Mufasa ne Il re leone, Simba si avventura fuori dalle terre del branco e inizia la sua avventura. È per cercare di risolvere il mistero legato alla morte dei genitori che Elsa e Anna partono verso l’ignoto. La morte del suo amato marito porta Abuela a creare Encanto nell’omonimo film. In Big Hero 6 il protagonista conosce Baymax e lo segue in un’avventura per superare il lutto per la perdita del fratello. La Disney non ha mai avuto paura di offrire al proprio pubblico varie visioni della morte, non solo perché non ne fossero spaventati e imparassero ad accettarla, ma anche per capire che dopo la morte c’è sempre la possibilità di andare avanti e vivere comunque una vita straordinaria.
4. La diversità ci arricchisce
“Quando accadrà no, non lo so, ma del tuo mondo parte farò” sono le parole che Ariel canta all’indirizzo di Eric, dopo averlo salvato dai flutti all’inizio de La Sirenetta. Tra i brani più famosi di tutta la filmografia Disney, Parte del tuo mondo è una melodia che veicola uno dei temi più importanti di casa Disney: l’accettazione della diversità. Lunghi dall’essere qualcosa di spaventoso o pericoloso, la diversità nei lungometraggi d’animazione prodotti sotto lo sguardo di Walt Disney è un motivo di arricchimento.
Spesso, infatti, ci troviamo davanti a protagonisti che si incontrano a metà strada, che accettano le proprie diversità come firma di unicità. Ne Il gobbo di Notre Dame Esmeralda e Quasimodo sono dei “freaks” per eccellenza: una è una zingara malvista dal buon popolo di Parigi, l’altro un essere ritenuto deforme e mostruoso, che è costretto a vivere nascosto. Eppure il film veicola proprio il messaggio che la diversità è in realtà un’arma, un qualcosa in più che permette agli “emarginati” di essere gli eroi della storia. In Zootropolis, Judy e Nick sono diversi per antonomasia, nemici per natura: un coniglio e una volpe. Eppure è proprio attraverso la loro diversità e l’accettazione di essa che i due riescono non solo a risolvere il mistero del film, ma anche a diventare amici e, forse, qualcosa di più. La vera ricchezza è avere degli amici che ci permettano di scoprire anche ciò che è lontano da noi. Ciò che è diverso. Ciò che, di fatto, può essere un tesoro.
5. Mai smettere di credere ai propri sogni
Arriviamo così all’ultima delle 5 cose che la Disney ci ha insegnato, che è anche il fondamento della “dottrina” di Walt Disney: If you can dream it, you can do it, Se puoi sognarlo, puoi farlo. E forse questo è il vero leitmotiv di tutti i lungometraggi di casa Disney (e Disney-Pixar). Non smettere mai e poi mai di credere nella possibilità che “il sogno realtà diverrà“. Cenerentola insegue il suo sogno di andare al gran ballo del principe, Tiana de La principessa e il ranocchio combatte con tutte le sue forze per aprire il ristorante che aveva sognato con suo padre.
Da Pinocchio e la sua ambizione a diventare un ragazzo vero al genio di Aladdin che sogna la libertà, la produzione “disneyana” è piena di personaggi che con coraggio, determinazione e instancabile fermezza combattono per realizzare ciò che il loro cuore anela. Walt Disney sembra dirci proprio questo: per quanta cenere tu debba spazzare da terra, per quanti traumi tu sia costretto ad affrontare lungo il cammino, non devi mai e poi mai perdere la speranza.
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