Siamo ormai giunti a febbraio, nel vivo della awards season. Tra candidature e vittorie prevedibili c’è però stato – come ogni anno d’altronde – un generale malcontento per la situazione femminile specialmente ai 96esimi Academy Awards. Se la storia degli Oscar è indubbiamente una storia patriarcale, basti pensare che in 96 anni sono state premiate solo tre donne alla regia, i premi molto spesso riflettono delle dinamiche commerciali a volte sconosciute o incomprensibili. Quest’anno è toccato ai fan di Barbie, che hanno lamentato l’assenza di Greta Gerwig e Margot Robbie tra le categorie principali, fenomeno che spinge anche a un doveroso approfondimento sulla situazione delle donne dietro la macchina da presa.

Se possiamo almeno celebrare Justine Triet, unica candidata a Miglior regia per un totale di cinque candidature del suo Anatomia di una caduta, e Celine Song, vale la pena in questo contesto valorizzare la regia femminile, in un’epoca per fortuna costellata di esordi. E se questi non ottengono il riconoscimento pubblico sperato, possiamo essere noi spettatori a dare visibilità ai titoli che meritano.

How to have sex – Molly Manning Walker (2023)

Mia McKenna Grace in How to have sex
Mia McKenna Grace in How to Have Sex – © Mubi

Il primo titolo della lista, How to have sex, approda nelle sale italiane grazie a Teodora Film il 1° febbraio 2024. Vincitore del premio Un Certain Regard a Cannes 2023, il film è l’esordio alla regia della britannica Molly Manning Walker. How to have sex è un’operazione interessantissima innanzitutto dal punto di vista del contenuto. La tematica del consenso e dell’educazione sessuale e sentimentale è esplorata attraverso gli occhi di un gruppo di sedicenni in vacanza a Creta tra feste in piscina, bagni al mare e superalcolici, in uno scenario molto facile da riconoscere. La messa in scena di questa tematica risulta altrettanto inedita, la regia si fa pop e contemporanea e muta le sue forme seguendo l’evoluzione della fragile protagonista, dal linguaggio del videoclip a quello del film intimista fino agli stilemi horror da film apocalittico. Questo connubio tra rappresentazione puntuale della sessualità adolescenziale e regia matura rende questo film uno dei più interessanti dell’anno.

Aftersun – Charlotte Wells (2022)

Paul Mescal e Frankie Corio in Aftersun
Paul Mescal e Frankie Corio in Aftersun – © Mubi

Non c’è bisogno di molte presentazioni: l’esordio di Charlotte Wells, Aftersun, è stato il film rivelazione del 2022. E a ragione, in quanto la sua forma delicata e minimalista funziona perfettamente alla micronarrazione intima di un rapporto padre-figlia con le sue molteplici luci e ombre. Raccontare il confronto tra la depressione adulta e l’ingenua curiosità di un corpo in crescita non è impresa facile e Wells inscrive questa narrazione in un tessuto visivo tenue che amplifica un’atmosfera rarefatta in cui prendono forma piccoli gesti, conversazioni laconiche ma soprattutto sguardi carichi di emozione. Paul Mescal, che per il ruolo di Calum ha ottenuto una candidatura agli Oscar, fa del suo corpo contratto e vigoroso una tela ricchissima, in cui tutto è chiaro e leggibile, senza necessità di interpretazione. Gli inserti delle riprese in MiniDV di Sophie collegano il passato alla contemporaneità in una riflessione sul dispositivo audiovisivo che è contemporaneamente scrigno e specchio.

Blue Jean – Georgia Oakley (2022)

Rosy McEwen in Blue Jean
Rosy McEwen in Blue Jean – © Giornate degli Autori

Essere lesbica nell’Inghilterra di Margaret Thatcher: l’esordio al lungometraggio di Georgia Oakley riflette sulle buie conseguenze del conservatorismo più duro. Blue Jean ruota infatti intorno a Jean, giovane insegnante di educazione fisica in un liceo costretta a nascondere e reprimere la sua sessualità conducendo una doppia vita, finché non viene scoperta da una studentessa in un bar gay. In concorso per la Queer Palm e vincitore del Premio del pubblico BNL a Venezia 2022, il lungometraggio è l’inedita rappresentazione di un periodo storico troppo vicino e decisamente brutale per le minoranze del Regno Unito. Un dramma LGBTQ+ che è però un inno alla scoperta del sé e dell’auto accettazione, allo sfidare le norme conservatrici della società con la necessità di riconoscimento reciproco, celebrando l’importanza e il coraggio di appropriarsi di uno spazio sfidando la “norma” intollerante e bigotta.

Rye Lane – Raine Allen-Miller (2023)

David Jonsson e Vivian Oparah in Rye Lane
David Jonsson e Vivian Oparah in Rye Lane – © Disney+

La coloratissima commedia romantica british del 2023, Rye Lane, è il film d’esordio di Raine Allen-Miller. Dopo sei anni di relazione, il giovane Dom viene tradito dalla sua ragazza con il suo migliore amico. Mentre piagnucola nel bagno di una galleria d’arte il ragazzo stringe amicizia con l’eccentrica Yas che lo aiuterà a lasciarsi andare trascinandolo fuori dalla sua comfort zone. Questa rom-com rinnova i suoi stilemi con un linguaggio fresco e leggero e un’ironia puntuale senza trascurare il lato della messa in scena. In uno stile che ricorda lo Spike Lee di She’s Gotta Have It (forse più la serie Netflix del film) Rye Lane è un inno alla spensieratezza e una lettera d’amore al sud di Londra.

Past Lives – Celine Song (2023)

Teo Yoo e Greta Lee in Past Lives
Teo Yoo e Greta Lee in Past Lives – © Lucky Red

Anche qui sembra superfluo scrivere troppo considerando che Past Lives negli ultimi mesi ha fatto incetta di premi e candidature, arrivando addirittura agli Oscar come Miglior film e Migliore sceneggiatura originale. Il film della drammaturga coreano-statunitense Celine Song ha infatti ottenuto un caloroso e meritatissimo successo per essere solamente un esordio, ma puntuale per la sua capacità delicata di mettere in scena una storia dalle mille sfaccettature. Prodotto da A24, Past Lives infatti è un film sull’identità, sull’immigrazione, sul trovare se stessi e sulle scelte di vita, temi che si fondono con il dramma romantico basato su “what if?” e che spingono a una riflessione sul concetto di scelta. Quello che non si è mai realizzato rimane aperto per sempre? Può la distanza di spazio e tempo attutire i sentimenti? L’anima gemella esiste realmente? Past Lives, tra l’altro, insieme ad Aftersun, è stato recentemente citato da Christopher Nolan tra i suoi film preferiti degli ultimi anni.

Polite Society – Nida Manzoor (2023)

Priya Kansara e Ritu Arya in Polite Society
Priya Kansara e Ritu Arya in Polite Society – © Universal Pictures

Il debutto al lungometraggio di Nida Manzoor Polite Society è una freschissima teen comedy uscita nelle sale italiane nel giugno 2023. Ria è un’adolescente londinese di origini pakistane con il sogno di diventare una stuntwoman. Quando la sorella artista smette di dipingere e accetta di sposare un medico facoltoso, Ria decide di fermare a tutti costi l’unione mettendosi nei guai ma scoprendo anche dei segreti scioccanti sul futuro cognato. Manzoor aveva già narrato di ragazze ribelli che sfidano le convenzioni sociali nella sua acclamatissima serie Channel 4 We are Lady Parts (2021-) dimostrando una particolare sensibilità verso figure femminili sopra le righe e che non hanno paura di essere se stesse.

A Thousand and One – A.V. Rockwell (2023)

Teyana Taylor e Aaron Kingsley in A Thousand and One
Teyana Taylor e Aaron Kingsley in A Thousand and One – © Focus Features

Uscito nelle sale italiane alla fine di marzo 2023, A thousand and one è il debutto al lungometraggio di A.V. Rockwell. Vincitore del Grand Jury Prize al Sundance 2023, il film mette in scena le difficoltà e gli ostacoli della vita di Inez, una giovane donna che appena uscita di prigione è intenzionata a stabilirsi e creare un futuro solido per lei e il figlioletto Terry. A thousand and one è un esordio strepitoso, in quanto fonde una delle storie più classiche del cinema americano con una nuova narrazione socio-politica degli Stati Uniti a cavallo tra gli anni ’90 e i primi anni 2000. La gentrificazione, la violenza contro gli afroamericani, il razzismo e l’abuso delle forze dell’ordine sono solo alcuni dei numerosi temi – tutti affrontati con delicatezza e senza superficialità – che costellano A thousand and one, un film che è in qualche modo di denuncia ma allo stesso tempo una celebrazione e una valorizzazione della resilienza nera, andando a sottolineare la pregna vita culturale di queste famiglie abbandonate dalla politica e dalla società.

Amanda – Carolina Cavalli (2022)

Galatea Bellugi e Benedetta Porcaroli in Amanda
Galatea Bellugi e Benedetta Porcaroli in Amanda – © I Wonder Pictures

L’unico titolo italiano della lista è Amanda, il debutto al lungometraggio della sceneggiatrice e regista milanese Carolina Cavalli. Dopo la miniserie Mi hanno sputato nel milkshake (2020), l’autrice realizza nel 2022 il lungometraggio con protagonista Benedetta Porcaroli, presentato alla 79° edizione del Festival di Venezia. Amanda è un buonissimo esordio che afferma una solida visione autoriale, un coming of age tragicomico che è anche una storia di amicizia femminile tra due personagge scostanti che condividono la stessa solitudine. Nell’ultimo anno Cavalli ha co-scritto insieme a Babak Jalali Fremont, un altro delizioso lungometraggio che testimonia il talento eccezionale di un’autrice nostrana che speriamo di rivedere prestissimo all’opera.

Pleasure – Ninja Thyberg (2021)

Sofia Kappel in Pleasure
Sofia Kappel in Pleasure – © Film i Vāst

Il chiacchieratissimo esordio della regista svedese Ninja Thyberg, Pleasure, esplora il mondo della pornografia mainstream attraverso gli occhi di Linnéa, in arte Bella Cherry, una giovane che si trasferisce negli Stati Uniti per inseguire il suo sogno di diventare la più grande attrice porno in circolazione. Approdato in Italia grazie a MUBI, Pleasure segue minuziosamente le tappe del viaggio dell’eroe, in questo caso dell’eroina, e della sua scalata verso il successo. Tra alti e bassi, sconfitte e ripensamenti seguiamo l’evoluzione dell’ambizione di Linnéa che sarà messa di fronte a scelte difficili che la porteranno a mettere in discussione la sua stessa morale. Esplicito più nella narrazione autentica e analitica che nella messa in scena, Pleasure è un film profondo sul lavoro, sull’ambizione e sul rapporto tra sessualità femminile, porno ed empowerment.

Actual People – Kit Zauhar (2021)

Henry Fulton Winship, Kit Zauhar e Audrey Kang in Actual People
Henry Fulton Winship, Kit Zauhar e Audrey Kang in Actual People- © Mubi

Kit Zauhar, regista americana di origini asiatiche classe 1995, dirige il suo film d’esordio Actual People presentato al Festival di Locarno 2021. Il racconto segue le vicende di Riley, interpretata dalla stessa regista, una ragazza in procinto di laurearsi in filosofia a New York. Distribuito da Mubi e prodotto tra gli altri dalla star di Girls Zosia Mamet, serie a cui il film si avvicina su più punti, Actual People è un esordio low budget dalle tinte mumblecore, che si unisce alla schiera dei tanti coming of age sui vent’anni. Ciò che distingue il lungometraggio di Zauhar  è però la gestione del tempo narrativo, tra scene minimaliste e momenti di stasi dove la sceneggiatura tra improvvisazione e canovaccio fa da padrona, presentando vere e proprie “actual people”, persone reali nel reiterare i propri errori, mostrandosi a volte capricciose, antipatiche, egoiste e per questo assolutamente realistiche. Lo spaesamento e la disperazione dei vent’anni sono incapsulate in un gioiellino indie che rende Kit Zauhar una regista da tenere decisamente d’occhio.

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