Il regista tedesco Roland Emmerich è sempre stato caratterizzato da un’ambizione smisurata: il suo film di diploma è ancora oggi il più costoso nella storia del cinema teutonico, e quando nel 2011 ha firmato Anonymous, sul presunto “vero autore” delle opere di Shakespeare, la stampa gli ha scherzosamente chiesto se avrebbe fatto saltare in aria il Globe Theatre. Un’allusione simpatica al suo percorso, dove il disaster movie occupa una posizione di rilievo.
Era logico pensare che tale filone avesse raggiunto il punto di non ritorno con 2012, dove Emmerich metteva in scena letteralmente la fine del mondo. E invece, come vedremo in questa recensione di Moonfall rieccoci al cospetto di un’operazione a base di catastrofi: il film, fattosi notare già prima dell’uscita in quanto produzione indipendente – nel senso che nessuna major ha contribuito sul piano finanziario – dal budget particolarmente elevato è perfettamente in linea con la poetica del regista, nel bene e nel male.
Moonfall
Genere: Azione/Catastrofico
Durata: 130 minuti
Uscita: 17 marzo 2022 (Cinema)
Cast: Patrick Wilson, Halle Berry, John Bradley
Presi di mira dalla Luna
Nel 2011, tre astronauti hanno un incontro ravvicinato con un misterioso sciame nero in prossimità della Luna. Al rientro, la NASA rifiuta di credere al resoconto di quanto è accaduto, il che porta al licenziamento di Brian Harper (Patrick Wilson), leader della missione. Dieci anni dopo, l’orbita della Luna non è più come prima: il satellite si sta avvicinando alla Terra, il che comporterà scombussolamenti climatici e gravitazionali, fino alla distruzione totale del pianeta. Ad accorgersene è K.C. Houseman (John Bradley), noto complottista convinto che la Luna sia una megastruttura artificiale, creata dagli alieni. Tramite lui, Harper rientra in contatto con la NASA e l’ex-collega Jocinda Fowler (Halle Berry), formando una squadra per distruggere la misteriosa sostanza nera che sta influenzando gli eventi. Solo che, dal momento che la Luna è fuori orbita, il calendario classico non serve più a nulla e il presunto tempo a disposizione continua a diminuire…
Disastri a non finire
Ispirato da vere teorie complottiste sulla natura della Luna (corpo celeste molto popolare in film di fantascienza che riscrivono la Storia, come ad esempio nel terzo lungometraggio dei Transformers), il film segna il ritorno di Roland Emmerich al genere catastrofico, questa volta senza il socio Dean Devlin (che si è dato alla regia in ambiti simili qualche anno fa con Geostorm). Un ritorno che in realtà, come già abbiamo potuto constatare con 2012 e il sequel di Independence Day (con il quale Moonfall condivide il piano di continuare il racconto in un sequel che difficilmente vedrà la luce), mostra evidenti segni di stanchezza. Se infatti negli anni Novanta c’era un divertimento dietro le varie incursioni nel blockbuster, anche quelle meno riuscite (vedi alla voce Godzilla), negli ultimi due decenni qualcosa è cambiato. C’è quasi un disprezzo nei confronti del genere, forse inconscio, probabilmente risalente alla realizzazione de L’alba del giorno dopo. Un film che, per esplicita ammissione di Emmerich, è diventato un disaster movie solo perché nessuno voleva finanziare un lungometraggio più serio sulla questione del cambiamento climatico.
Dalla Luna alla Terra
Da lì si è passati alla fine del mondo sulla base delle profezie dei Maya, e poi al ritorno all’ovile con il seguito del maggiore successo commerciale del regista. Due operazioni dove la tipica ipertrofia di Emmerich va con il pilota automatico, eliminando qualunque appiglio emotivo (basti pensare al ruolo di Bill Pullman nei due Independence Day e all’impatto della sua performance nell’uno e nell’altro caso). E se da un lato è ammirevole che, in epoca di streaming e franchise, lui sia riuscito a finanziare senza l’aiuto delle major un progetto originale, con un costo di circa 150 milioni di dollari, per i cinema anziché per le piattaforme, dall’altro è chiaro che la passione di un tempo è da cercare altrove, come nel bellico Midway, uscito nel 2019. Lì, in un contesto un po’ diverso, si ritrova il gusto per l’azione con una struttura coerente e coinvolgente, l’esatto contrario di quello che accade in questa avventura spaziale di 130 minuti che in diversi punti dei primi 100 arriva a rasentare il nulla cosmico in termini di ritmo, suspense, pathos e spettacolo. Poi qualcosa comincia a spiccare il volo, promettendo una sorta di grande saga che però è destinata a non continuare, a giudicare dagli incassi. E si ritorna alla fatidica uscita di 2012, che con coraggio rispondeva alla domanda: si può rendere spettacolarmente vacua la distruzione del pianeta? Ebbene sì, ieri come oggi.
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Conclusioni
Roland Emmerich torna alle catastrofi, ma anche i momenti più spettacolari sembrano girati con il pilota automatico.
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Voto ScreenWorld