Comedy o drama? Il dibattito è sempre aperto. L’ultimo prodotto in ordine di tempo ad esser caduto vittima dell’annoso, e per certi versi inutile, equivoco riguardante il genere d’appartenenza è proprio The Bear, la celebre serie tv prodotta da FX, in Italia disponibile su Disney Plus. Una polemica, quella relativa all’ambiziosa serie creata da Christopher Storer, che nasce proprio all’indomani della pubblicazione delle candidature degli Emmy 2024, quando The Bear era stata inserita nella categoria Miglior serie comedy.
Negli ultimi mesi, infatti, non pochi fan della serie ambientata nel ristorante più disfunzionale di Chicago si sono posti la domanda: Perché candidare The Bear come miglior comedy se non fa ridere? Dilemmi in apparenza irrisolvibili… In realtà la scelta è essenzialmente determinata da due elementi: il primo riguarda il minutaggio contenuto delle puntate che richiama quello tipico delle sit-com; il secondo, ancor più importante, è invece relativo all’equivoco storico intorno al concetto di commedia. Un genere quest’ultimo, erroneamente confuso con il comico, che in realtà abbraccia un ventaglio molto più ampio e stratificato di registri narrativi. Per questo non ci resta che provare a spiegare nel dettaglio perché The Bear è da considerarsi, ragionevolmente, una comedy.
Ogni secondo conta
La risposta più semplice, immediata e diretta potrebbe esser ricercata nel formato stesso di The Bear. Infatti, specialmente durante le prime due stagioni, il minutaggio degli episodi si aggirava intorno ai 30 minuti. Una durata che nell’immaginario collettivo degli spettatori, ma soprattutto di FX e di chi valuta le candidature degli Emmy, viene automaticamente associato alle sit-com.
Le puntate di serie amatissime appartenenti a questa stessa categoria, come Friends, How I met your Mother o Scrubs, solo per citarne alcune, oscillavano per l’appunto tra i 20 e i 30 minuti. Per questa ragione quando ci si chiede perché The Bear è considerata una comedy, l’elemento del minutaggio dei suoi episodi (nonostante nella terza stagione sia stato saltuariamente esteso) è un carattere da non sottovalutare.
Un genere incompreso
Tuttavia, il malinteso relativo al genere d’appartenenza di The Bear genera un dibattito che possiede radici molto più profonde, vale a dire quelle che riguardano l’equivoco stesso intorno al concetto di commedia. Cos’è veramente una commedia? In molti quando nella descrizione di un prodotto leggono il termine comedy/commedia, sbagliando, ritengono di approcciarsi a qualcosa di divertente. Pensano di guardare un film o una serie tv che li debba necessariamente far ridere. Ma la commedia non è un genere di per sé comico. Ovviamente può essere ironica e brillante, strappare un sorriso o una risata, specie quando è condita da momenti leggeri e scanzonati. Ciononostante la peculiarità principale della commedia non rimane quella di essere goliardica. Insomma, c’è una differenza sostanziale tra una commedia e un prodotto squisitamente comico.
La commedia è considerata uno dei generi più complessi, ricchi e strutturati proprio perché è in grado di declinare e fondere insieme registri narrativi diversi, capaci di abbracciare vari e svariati ambiti di una narrazione, tra i quali chiaramente anche quello drammatico. La commedia, infatti, è il racconto popolare per eccellenza perché sotto la maschera dell’umorismo o dell’ironia nasconde riflessioni profonde e stratificate.
Basti pensare ai classici della commedia all’italiana come Il sorpasso di Dino Risi, una pellicola in apparenza spensierata stravolta da un finale sconvolgente; oppure C’eravamo tanto amati di Ettore Scola, opera totale che condensa una narrazione che travalica il concetto stesso di genere. Poi guardando all’estero come non parlare delle commedie di Woody Allen: impossibile non pensare al finale malinconico di Io e Annie, uno dei suoi capolavori più struggenti. Questo solo per menzionare alcuni degli innumerevoli esempi di grandi commedie che non vogliono semplicemente far ridere.
Commedia sì o commedia no? La verità sta nel mezzo
Ma torniamo a The Bear. La serie con protagonisti Jeremy Allen White e Ayo Edebiri si confronta con tematiche piuttosto delicate. Si parla di solitudine e fragilità, ansia e depressione, elaborazione del lutto e rapporti irrisolti, crisi interiori ed esistenziali, argomenti tutt’altro che leggeri. La grandezza della serie di Christopher Storer si cela proprio nel fatto di riuscire ad affrontare questi temi drammatici dosando perfettamente modi, toni e tempi del racconto. Per questo troviamo il dramma e l’ironia, l’introspezione e la spensieratezza, la tensione e la leggerezza, il dolore e la dolcezza, l’amaro e l’agrodolce. Troviamo quindi tutti i registri della commedia.
The Bear è una serie che ci mette continuamente alla prova proprio perché è capace di suscitare emozioni forti e sentimenti contrastanti. Ogni suo episodio condensa un mondo nel quale i personaggi restano il motore emozionale di un racconto emotivamente potente, intenso e doloroso che mette al centro la cucina quale metafora esistenziale, quale scuola di vita. Quindi, a voler esser precisi, per risolvere il dilemma iniziare, potremmo dire che sarebbe più opportuno definire The Bear una comedy drammatica. O meglio, utilizzando un neologismo del web, una dramedy, vale a dire una serie capace di mescolare sorrisi e lacrime, combinando in maniera armoniosa la commedia con il dramma, per riuscire ad esplorare gli angoli più profondi, intimi e nascosti dell’animo di tutti i suoi splendidi, fragili protagonisti.
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