Era un film che poteva solo mangiare la polvere. E invece ha George Miller con Furiosa ha cambiato strada, non si è messo sulla scia di Fury Road e ha sterzato con una manovra da pazzo vero. Un film nato all’ombra di un predecessore scomodo, amato e idolatrato (giustamente) come uno dei migliori film dello scorso decennio. L’unico modo per uscirne sani e salvi era trovare il coraggio di fare qualcosa di completamente diverso. Anche perché a fare paragoni ci avremmo pensato noi, come infatti stiamo facendo. Invece George Miller ha partorito Furiosa solo perché ha avuto voglia di azzardare. E allora, eccole qui le tre grandi sfide che hanno reso Furiosa il prequel perfetto di Fury Road.
1. Sacrificare il protagonista
Chissà quante volte è successo. Forse mai. Una saga che porta il nome del suo protagonista in cui il protagonista non appare mai. Come un film di 007 senza James Bond o un John Wick senza Keanu Reeves. Sulla carta una follia. E invece Furiosa, che Mad Max lo retrocede nel sottotitolo, spodesta una volta per tutte il buon Max dal centro della scena. Che poi non è tanto diverso da quello che era già successo in Fury Road, dove il Max di Tom Hardy veniva eclissato dal carisma e della furia femminile della meravigliosa Imperatrice interpretata da Charlize Theron. Già in quel film Max era messo in disparte, quasi spettatore come noi dell’ascesa di Furiosa al suo fianco.
Il prequel, invece, ci racconta la genesi della donna e Max evapora in un’idea, in un modello astratto. Infatti è lampante che il personaggio di Jack, molto simile al mitico Max originale di Mel Gibson, rappresenti quasi l’archetipo maschile con cui Furiosa entra in sintonia. Una specie di imprinting che porterà la donna a fidarsi di Max in futuro.
2. Andare indietro
C’è un franchise da alimentare? Allora facciamo qualcosa che si espande e va avanti con sequel e nuovi personaggi che portino avanti la storia. Salvo rare eccezioni, Hollywood ha sempre fatto così negli ultimi quarant’anni di cinema pop. Invece, Furiosa ha preferito le radici ai rami. George Miller è andato indietro, ha aggiustato lo specchietto retrovisore e ha fatto retromarcia a 200 all’ora. Manovra complicata ma fondamentale per quello che aveva in mente. Sì, girare un prequel è sempre rischioso. Perché il pubblico conosce già il traguardo. Sa dove si andrò a parare, sa già se un personaggio rimarrà in vita (come succede a Furiosa stessa) o morirà. Conosce già molti elementi del racconto. Ma il cinema è un’altra cosa. Al cinema interessa il viaggio, non la destinazione. Al cinema interessa il “come”, non il “cosa”. Questo George Miller lo sa bene e allora ha rischiato con un prequel capace di espandere il worldbuilding di Mad Max con un approccio quasi biblico. Ed è qui, forse, che viene l’azzardo più grande.
3. Tradire Fury Road
Il rischio più grande di Furiosa è stato anche la sua intuizione più vitale: tradire Fury Road. Laddove il film del 2015 se ne fregava della trama proponendo un memorabile e roboante inseguimento da un punto A a un punto B, Furiosa fa esattamente l’opposto. Furiosa affonda le mani nella mitologia del suo balordo mondo post-apocalittico e recupera un grande amore per il racconto, per la storia da tramandare, per la narrazione orale che diventa, appunto, puro mito. Dopo aver lavorato al sottovalutato Tremila anni di attesa (che era una specie di Le mille e una notte), George Miller ha scritto la sua Bibbia di Mad Max con il film della saga che più di ogni altro espande il suo universo arrugginito e arrabbiato. Ci è riuscito con un’opera fondativa, che racconta i popoli, gli eroi e i mostri di un mondo inferocito. Un mondo dalla prospettiva di una donna che in quel mondo di maschi balordi ha guidato la sua rivoluzione: andare contromano e controcorrente. Proprio come ha fatto George Miller nel bellissimo prequel che ne celebra le gesta
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