Abbiamo ancora la bocca secca per tutta quella polvere. Una bocca arida che nasconde un sorriso inebetito che non si arrugginisce. Nello specchietto retrovisore cerchiamo Max Max: Fury Road, ma non lo vediamo. Un film che va troppo veloce per diventare un vecchio ricordo. Sono passati quasi 10 anni, eppure abbiamo ancora il suo fiato sul collo. Ricordiamo ancora tutto: la tachicardia, l’esaltazione e un George Miller in stato di (dis)grazia che ci regala un’esperienza visiva frastornante. Puro cinema primitivo e anarchico, che vive solo di immagini in movimento. Senza bisogno di altro. Senza bisogno di orpelli come una trama a sostegno di un lungo inseguimento fatto di pura goduria.
Sì, Mad Max: Fury Road è stato senza dubbio il più grande capolavoro dei nostri anni Dieci. Capite bene che un prequel/spin-off di un film del genere parte sfavorito in partenza. E invece vi rassicuriamo subito. Quel pazzo furioso di George Miller ce l’ha fatta di nuovo. E si è rimesso al volante affamato di un’altra grande sfida, toccando qualcosa di intoccabile: la sua stessa creatura. Apriamo la nostra recensione di Furiosa, presentato Fuori Concorso dal Festival di Cannes 2024, chiarendo subito una cosa: nessuno ha tolto il piede dall’acceleratore. Il deserto delirante di Mad Max va ancora veloce lungo la via del grande cinema. Adesso vi raccontiamo come è stato il viaggio. Non allacciate le cinture e partiamo.
Genere: Avventura
Durata: 145 minuti
Uscita: 23 maggio 2024 (Cinema)
Cast: Anya Taylor-Joy, Chris Hemsworth
Il seme arrugginito dell’odio
Sulla carta Furiosa è un film che non avrebbe motivo di esistere, ma lui se ne frega, ed esiste lo stesso. Esiste proprio perché George Miller ha avuto una grande idea: dare al venerato Fury Road delle radici solide da cui germogliare. Perché questa non è solo l’origin story della sua iconica protagonista, ma il cemento su cui si basa tutto il mondo di Mad Max. Il coraggio di Furiosa è tutto qui: nel percorrere la stessa strada di Fury Road contromano, tradendo di fatto il suo predecessore. Perché se Fury Road era un film che rinnegava il bisogno di una trama, Furiosa abbraccia il gusto della narrazione, del mito fondativo con piglio quasi biblico. Lo fa raccontando le traumatiche origini di Furiosa in una civiltà balorda in cui l’amore è agli sgoccioli. Come l’acqua nel deserto. Come la benzina nei serbatoi. Eppure è proprio da quel briciolo di amore che parte tutto: da una madre che rincorre sua figlia.
Una figlia destinata a diventare una sopravvissuta che diffida di tutto e tutti, seguendo solo il suo istinto. Il resto, ovviamente, ve lo facciamo raccontare da George Miller in sala. Rispetto a Fury Road qui si parla di più, si racconta di più e si corre leggermente meno, ma quando si corre, si corre alla grande. Pazzesco pensare che George Miller abbia creato l’antitesi del suo grande capolavoro con un film che non solo ne costruisce le fondamenta, ma è capace di dare ancora più valore, spessore e senso a Fury Road. Per chiarirci: l’effetto è lo stesso provato vedendo Rogue One. Una volta finito quello, hai solo voglia di rivedere subito Guerre Stellari. Lo stesso accade qui e quel furbone di George Miller lo sa benissimo. Il genio con la consapevolezza di aver creato due creature complementari, che si incastrano alla perfezione.
Il frutto marcio dell’amore
Furiosa è tutto quello che Fury Road non voleva essere, eppure non significa che George Miller abbia snaturato il suo delirante immaginario diesel-punk. No, perché se l’azione roboante e frenetica sfiora le vette di Fury Road senza creare troppi déja vù (ma senza rinunciare a qualche doverosa autocitazione), a livello di concept design dei veicoli, degli oggetti e dei personaggi, qui le cose sono ancora più marce, sporche e fatiscenti che in passato. Ed è per questo che Miller prende ancora una volta due sex symbol come l’ispirata Anya Taylor Joy e Chris Hemsworth (nei panni di un antagonista pittoresco) e li svuota di bellezza, li sporca, li deride, li maltratta. Perché in questo mondo malato non c’è spazio per il bello e per il buono. Una condanna che inquina le motivazioni di Furiosa, le cui gesta diventano uno strano impasto di odio e amore, di violenza e di pietà, di altruismo ed egoismo. Ma l’unico davvero altruista da queste parti è George Miller, che ci regala ancora una volta un grande film. Una celebrazione memorabile del cinema come “racconto di immagini in movimento” che questa volta non disdegna anche il potere delle parole e delle storie. Quelle da cui nascono i grandi racconti da tramandare ai posteri. Come faremo noi con questo film che non doveva esistere e invece, grazie al cielo, esiste lo stesso. “I live, i die, i live again”, diceva qualcuno. Vale anche per il cinema che ritorna in vita ogni volta che quel pazzo di George Miller si mette al volante di un film.
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La recensione in breve
Coraggioso nel negare lo stile asciutto del suo amato predecessore, Furiosa predilige il racconto e il mito per dare vita una splendida origin story che sorprende, rapisce e ridà persino nuova luce a Fury Road.
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Voto ScreenWorld