Se è vero che, nella narrativa e nel cinema contemporanei, il genere del murder mystery ha conosciuto declinazioni via via più varie e originali, fino ad arrivare alle contaminazioni postmoderne, va tuttavia ricordato che la formula alla Agatha Christie, la penna per antonomasia del whodunit tradizionale, conserva un’efficacia e una presa sul pubblico in grado di trascendere il tempo. Ne sono una riprova non solo la popolarità di cui continuano a godere i libri della regina del giallo all’inglese, ma anche le loro trasposizioni per il grande schermo: solo nell’ultimo lustro, ad esempio, Assassinio sull’Orient Express di Kenneth Branagh e il suggestivo Mistero a Crooked House, tratto dal meno noto romanzo È un problema. Senza contare l’influenza esercitata dal “modello Christie” su opere che si pongono al confine fra omaggio e parodia: un titolo su tutti, il fortunatissimo Cena con delitto di Rian Johnson.
Ma con la nostra recensione di Assassinio sul Nilo torniamo a parlare di Kenneth Branagh, ex divo shakespeariano che fin dall’inizio della propria carriera ha rivestito spesso il doppio ruolo di attore e regista, non disdegnando un paio di incursioni nel giallo e nel noir (L’altro delitto, del 1991, e Sleuth – Gli insospettabili, del 2007) per approdare poi, nello scorso decennio, alla corte della Marvel e della Disney, con risultati non sempre convincenti. Nel frattempo, però, lo strepitoso successo nel 2017 del suo Assassinio sull’Orient Express offriva l’irresistibile opportunità di continuare a far leva sulla fascinazione del pubblico nei confronti di Hercule Poirot e degli avvincenti intrecci della Christie.
Ecco dunque il secondo capitolo delle indagini del detective belga nella versione interpretata dall’attore britannico, già pronto per la fine del 2020 e rimandato di oltre un anno a causa dell’emergenza pandemica.
Assassinio sul Nilo
Genere: Giallo
Durata: 127 minuti
Uscita: 10 febbraio 2022 (Cinema)
Cast: Kenneth Branagh, Gal Gadot, Armie Hammer
Il Poirot di Kenneth Branagh, fra classicità e innovazione
La scelta di Kenneth Branagh e del suo sceneggiatore Michael Green è ricaduta, non a caso, su un altro libro amatissimo della saga di Hercule Poirot, già alla base del film omonimo di John Guillermin del 1978, con un magnifico Peter Ustinov nella parte principale e un plotone di star a riempire il cast (fra gli altri Bette Davis, David Niven e una Angela Lansbury pronta a rubare la scena). E questo nuovo Assassinio sul Nilo, saggiamente, opta per un approccio a metà strada tra la fedeltà filologica al romanzo e il tentativo, al contempo, di non ricalcare le orme del predecessore: laddove dunque la pellicola del 1978 premeva sul pedale dell’umorismo, pure grazie alla verve dei suoi interpreti, qui invece Branagh smorza gli spunti da commedia, limitandosi a qualche occasionale battuta nei dialoghi, per accentuare i toni più drammatici. Rientra in quest’ottica il breve antefatto ambientato fra le trincee della Prima Guerra Mondiale, quasi una origin story in miniatura sui traumi e le cicatrici – reali e metaforiche – del geniale investigatore.
Personaggi vecchi e nuovi
Ma a differenza di Assassinio sull’Orient Express, con quel prologo creato ex novo al Santo Sepolcro di Gerusalemme, Assassinio sul Nilo non si perde in digressioni inutili e, trascorsi i primi minuti, ci trascina subito nella vicenda incentrata sulla ricchissima ereditiera Linnet Ridgeway, impersonata dalla Wonder Woman Gal Gadot, e sul suo fidanzamento-lampo con il Simon Doyle di Armie Hammer (qui al suo ultimo ruolo prima degli scandali che ne hanno affossato la carriera). Il loro matrimonio e i conseguenti festeggiamenti hanno luogo in terra egiziana, con l’immancabile corredo di (presunti) amici, parenti-serpenti e rivali più o meno segreti, inclusa una ex amante tradita, Jacqueline de Bellefort (la Emma Mackey di Sex Education, che si materializza come una feroce femme fatale), e il Bouc di Tom Bateman, giovane amico e collaboratore di Poirot. A Bouc, già deuteragonista di Assassinio sull’Orient Express, è legato anche un personaggio inedito rispetto alla fonte letteraria: sua madre Euphemia, affidata ad Annette Bening (manco a dirlo, la risorsa migliore del cast).
Il fascino discreto del giallo alla Christie
Senza svelare ulteriori informazioni, specialmente per chi non conoscesse il libro della Christie, basti aggiungere che il film di Branagh presenta comunque una significativa variazione rispetto alla trama originale: un cambiamento che rafforza il tono più cupo di questo Assassinio sul Nilo se paragonato all’adattamento del 1978, ricollegandosi al leitmotiv della solitudine, della perdita e del rimpianto. Una ‘licenza’ sensata e intelligente che si aggiunge a quelle legate invece alla questione razziale, con Salome Otterbourne trasformata in cantante blues nella carismatica interpretazione di Sophie Okonedo, e a un’omosessualità che, nel film di Guillermin, restava a malapena adombrata. A ogni modo, se si fanno più espliciti i riferimenti a discriminazioni e classismo, resta inalterato l’elemento-chiave alla radice dell’opera di Agatha Christie: la capacità di coinvolgere lo spettatore in un gioco stile Cluedo che, alla resa dei conti, resta squisitamente fine a se stesso e regala esattamente ciò che promette, niente di più e niente di meno.
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Conclusioni
Consapevole della propria natura di prodotto di puro intrattenimento, e ancorato pertanto a una formula convenzionale ma di consolidata efficacia, Assassinio sul Nilo segue i binari dell’Orient Express, limando alcuni difetti del precedente murder mystery di Kenneth Branagh ma rinunciando a sperimentare più dello stretto necessario. Nulla di davvero nuovo, dunque, se non un paio d’ore di sano escapismo in grado forse di richiamare quel pubblico di massa di cui le sale cinematografiche hanno un disperato bisogno, oggi più che mai.
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Voto ScreenWorld