Conosciamo Priscilla Beaulieu circondata da persone, ma psicologicamente sola. Ha 14 anni ed è seduta in un bar di una base militare nella Germania occidentale con i suoi compiti e senza amiche. Elvis Presley sembra attratto principalmente dalla sua aura di fragile innocenza, con i suoi occhi spalancati sul mondo e una palpabile solitudine: diventa per lui un’immagine e una donna da creare. “Piccola”, la chiama. Come molte delle altre personagge di Sofia Coppola – Il giardino delle vergini suicide, Lost in Translation, Maria Antoinette – Priscilla è una sognatrice. Lei cresce mantenendo i suoi pensieri interiori per sé, accumula potere, solo per rendersi conto poi di quanto quello stesso potere (che viene dall’alto, patriarcale) nelle sue mani possa essere futile e ingabbiante.
Come Maria Antonietta, Priscilla è sposata con un re ed è circondata da sontuosità (seppure rozza), ma allo stesso tempo è più sola che mai: è come se esistesse a un livello psichico lontano. Questa atmosfera – una sensazione filmica di ciò che il personaggio ha provato in un particolare momento nel tempo – è la principale caratteristica di quelli che potremmo chiamare “film biografici impressionistici”, un sottogenere, guidato da Pablo Larraín, che si allontana dalle convenzioni stereotipate per catturare le vibrazioni dell’esistenza di una persona iconica nel corso del tempo. Idealmente, questi film possono ricostruire sensazioni che la pura ricostruzione non potrebbe mai trasmettere, come per esempio l’isolamento triste e allucinatorio della principessa Diana in Spencer.
Gotici tra nebbia e sole
Priscilla è un dramma biografico, ma anche un gotico alla luce del sole, che porta la storia di Priscilla Presley al grande pubblico, sul grande schermo. I media hanno a lungo considerato Priscilla in modo marginale, un accessorio che esisteva esclusivamente per completare la favolosa grandezza di Elvis. È quasi sempre stata dipinta come un’opportunista che ha sfruttato Elvis per la sua fama e fortuna. Priscilla, finalmente, ricostruisce questa narrazione frammentata offrendoci un altro sguardo. Tratto dal libro di memorie di Priscilla Presley del 1985, Elvis and Me, il ritratto di Coppola della famosa relazione di Priscilla con Elvis è soprattuto un racconto di formazione che traccia il percorso di una quattordicenne. E qui Priscilla e Diana (Spencer) quasi si sovrappongono. Spencer è un altro toccante dramma psicologico biografico (ancora più gotico) incentrato su una donna storicamente diffamata. La principessa Diana sovvertì costantemente le aspettative reali, trascendendo il ruolo di oziosa e gelida polena che la corona voleva che interpretasse; di conseguenza, è caduta sotto il controllo pubblico.
Cambio di prospettive
Sia Priscilla che Spencer si concentrano sulla battaglia interna di una donna sotto un controllo repressivo e ne evidenziano la resistenza. La celebrità di Elvis funziona come la monarchia e Graceland come la Casa di Windsor: sono agenti isolanti che allontanano queste donne da vite senza aspettative. Sia per Diana che per Priscilla, l’aspetto fisico è sia una modalità di repressione che un veicolo di resistenza. Tuttavia, Priscilla e la principessa Diana sono sottomesse in modi unici. La prima non era solo venerata per la sua bellezza: lei era la sua bellezza. Nella coscienza popolare, il nome Priscilla evoca l’immagine di una donna con straordinari occhi azzurri delineati in modo intricato con kohl e capelli raccolti verso il cielo, in bilico e in posa perfettamente accanto a Elvis. La ricordiamo per la sua vicinanza al glamour. Piuttosto che rovinare la nostra memoria di Priscilla facendo dei buchi nel suo ritratto, Coppola si limita a spostarne la prospettiva. La regista demistifica Priscilla Presley per presentare Cilla, una ragazza di quattordici anni che è completamente affascinata da Elvis quando si incontrano a una festa a casa di lui mentre è di stanza in Germania nel 1959.
Ciò che incuriosisce Priscilla è che Elvis, di dieci anni più grande, abbia scelto proprio lei: un’adolescente priva dell’opulenza e della celebrità che l’uomo invece ostenta. “Voglio che tu mi prometta che rimarrai come sei. Intatta, come ti ho lasciata”, esorta Elvis a Priscilla prima di volare via dalla Germania. Elvis apprezzava Priscilla perché era malleabile nelle sue mani: impressionabile, isolata dai suoi coetanei e sessualmente inesperta. Il film rivela che Elvis esercitava potere su tutti gli aspetti dell’esistenza di Priscilla, dalla sua immagine pubblica alla sua vita intima. Sebbene la cultura violenta e predatoria della loro relazione inizi rapidamente, il trasferimento di Priscilla a Graceland a diciassette anni la aggrava. Vediamo i suoi capelli castani tinti di nero corvino, acconciati costantemente insieme a un pesante trucco per gli occhi, e il suo guardaroba privo di stampe e colori tenui. Elvis la controlla e questo comincia da subito a consumare Priscilla, a “spegnere la fiamma del focolare”.
Guardo per assicurarmi che gli altri non vedano
Come Priscilla, la principessa Diana di Larraín è una marionetta, adornata con tessuti delicati e sontuosi fissati ai pesanti fili che la sospendono. All’inizio del film, le sue mani indugiano su abiti delicati, ciascuno contrassegnato da un’etichetta che designa un’occasione specifica per il suo soggiorno di tre giorni a Sandringham Estate: “Colazione del giorno di Natale”, “Pranzo del giorno di Natale”, “Partenza”. Ciò che a prima vista sembra un segno di lusso è in realtà rappresentativo dell’onnicomprensiva autorità della corona. Diana che la monarchia smetta di tenerla separata dalla sua sarta reale e unica confidente, Maggie (Sally Hawkins), minacciando: “Taglierò tutti i miei vestiti“.
La principessa indossa ripetutamente gli abiti fuori uso, fratturando un elemento delle rigide catene della monarchia. Lo stile di vita claustrofobico di Diana è palpabile dove le tende simboleggiano la sua sorveglianza onnipresente. Tra le pesate obbligatorie prima dei pasti e le luci accecanti proiettate su di lei da voraci fotografi, Diana desidera una parvenza di libertà: che l’aria scorra attraverso le sue tende e il sole emerga. Uno degli ufficiali della Regina le ordina di tenere le tende chiuse per impedire ai paparazzi di catturare i suoi atti osceni. La sua affermazione “Guardo per assicurarmi che gli altri non vedano” sintetizza il modo in cui la corona ha gestito meticolosamente gli scarsi momenti di privacy di Diana. Spencer è pieno di momenti in cui Diana conquista la sua autonomia in silenzio e in solitudine: Larraín ritrae magistralmente il potere della resistenza silenziosa.
La rabbia di Priscilla
Nei momenti di insurrezione di Priscilla, lei invece è necessariamente dirompente. Come la principessa Diana, ci si aspettava che Priscilla sopportasse gli abusi di Elvis e rimanesse obbedientemente al suo fianco. Tuttavia, c’è una differenza fondamentale tra le due protagoniste femminili: se Diana è il soggetto del suo film, Priscilla ne è l’oggetto. In Spencer, Diana è esplicita, tesa ma ferma nel suo rifiuto degli standard monarchici. Priscilla no: non parla mai con le ragazze della sua scuola, ma le loro voci sussurrate e i loro occhi maliziosi raramente le sfuggono. Durante le cene, le storie chiassose e animate scambiate tra il re e il suo entourage soffocano Priscilla, che ha il disagio scritto sul viso. Affronta le loro risate con le labbra increspate. Anche quando osa intervenire, la voce di Priscilla è attutita da quella di Elvis. Coppola sfrutta il silenzio per indicare la perdita di identità di Priscilla. Pertanto, trasmettere le emozioni ad alta voce diventa la ribellione di Priscilla contro l’autocrazia di Elvis.
All’inizio del film, Elvis chiede a Priscilla di nascondere la sua tristezza per la sua partenza dalla Germania e di stampigliarsi un sorriso sulla faccia, indossando una sorta di velo emotivo per guadagnarsi la sua approvazione. È in questo momento che le viene insegnato a camuffare i suoi sentimenti, placa Elvis e denota forza. L’infedeltà cronica di Elvis è un costante punto di contesa tra lui e Priscilla. Visibilmente sconvolta dal titolo “Elvis e Ann-Margaret FIDANZATI”, Priscilla gli lancia un giornale e lo implora di confessare la relazione. I mezzi manipolativi di Elvis sovvertono le sue rare manifestazioni di rabbia, come le dice in tono gelido: “Ho bisogno di una donna che capisca che cose del genere potrebbero accadere. Sarai tu o no?”. La macchina da presa è angolata verso l’alto per mostrarlo incombere su Priscilla, con il suo potere, la sua influenza e la sua forma fisica che dominano quella di lei. Elvis le si scaglia contro ogni qual volta lei non riesce ad aderire al suo ideale di femminilità.
Come una collana di perle
“Devi essere in grado di far fare al tuo corpo cose che odi”, dice insensibilmente il principe Carlo alla principessa Diana in Spencer. Lei ascolta le sue parole, ma non nel modo in cui le intende lui. Carlo era una pedina nell’armeria della Regina che capì che il potere della corona come istituzione superava di gran lunga il suo. Condannato a una vita di servizio alla monarchia, criticò Diana perché si rifiutava di eguagliare i suoi sacrifici. Le perle che le regala nel film non sono solo emblematiche della sua infedeltà, ma del controllo della corona, appese come catene iridescenti al suo collo. A cena, mentre Carlo guarda, Diana spezza la collana e ingerisce un’unica perla che finisce nella sua zuppa. Note discordanti del pianoforte accompagnano la dimostrazione di resistenza di Diana, mentre mostra al pubblico e a suo marito che sfuggirà a questo regime costrittivo anche se le fa male fisicamente.
Le parole di Carlo sono ugualmente illustrative della relazione di Priscilla con Elvis nel film di Coppola. L’uomo le dà delle anfetamine per aiutarla a rimanere sveglia a scuola dopo le notti trascorse con la “Memphis Mafia”, che lei prende con maggiore frequenza finché non trascorre due giorni priva di sensi sotto la loro influenza. Inoltre, le immagini di Priscilla che indossa ciglia doppie e una faccia completamente truccata la mattina della nascita di sua figlia mostra come l’ideale di Elvis imprigiona la donna nel suo stesso corpo. Quando la loro relazione si sgretola, vediamo Priscilla liberarsi gradualmente dalla sua presa. Mentre il sole tramonta sugli anni ’60, l’anello di kohl attorno agli occhi di Priscilla si schiarisce, i suoi vestiti si de-saturano e i suoi capelli ritornano al loro colore naturale. Da allora non ha più avuto i capelli neri.
I will always love you
Come le sofferenze dei loro protagonisti, le scene finali di Priscilla e Spencer sono parallele. Priscilla scappa da Graceland dopo aver divorziato da Elvis, accompagnata solo dal toccante ma sincero I Will Always Love You di Dolly Parton che risuona dall’autoradio. La principessa Diana percorre la stessa strada figurata, abbandonando la prevista celebrazione del Santo Stefano a Sandringham per fuggire a Londra con i suoi figli al seguito. Insieme, cantano a squarciagola All I Need is a Miracle di Mike & The Mechanics, con le mani sollevate in aria contro una leggera brezza.
Lasciamo Priscilla e Diana in movimento perpetuo, trasformate da passeggeri a individui al volante della propria vita. Priscilla e Spencer sono fissati su entrambi i lati di uno specchio: riescono a rappresentare donne che lottano per la solidarietà a due decenni e un oceano di distanza. I conflitti pubblici e privati di Priscilla e della principessa Diana erano simili: screditate e diffamate da agenti oppressivi, la loro moda, emozione e movimento divennero i meccanismi di resistenza di queste donne. I rispettivi film biografici immortalano le loro ribellioni. Il risultato è un mosaico di tessere frammentate di informazioni disposte con cura e bellezza per preservare la vera eredità di Priscilla Presley e della principessa Diana Spencer.
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