Basterebbe pensare al recente Carol di Todd Haynes o alle grandi produzioni teatrali (e non) ispirate ai suoi romanzi, ma è innegabile che il legame tra Patricia Highsmith e la settima arte sia stato uno dei più influenti nella storia recente del medium. E fra tutte le sue fatiche, Il Talento di Mr Ripley è stato il vero cult assoluto: Alain Delon prima, Matt Damon poi, si sono lanciati nell’interpretazione di un personaggio che ha accompagnato l’autrice per ben cinque romanzi. Opere curiose, che sfiorano appena i contorni del thriller cristallizzandosi tra dinamiche complesse e narrazioni accattivanti. Eppure, dopo l’apprezzatissimo adattamento di Anthony Minghella (cult assoluto per un’intera generazione di spettatori), sono passati quasi trent’anni prima di rivedere una trasposizione degna di questo nome.
Ci ha pensato Netflix, affidando la produzione di una miniserie di 8 episodi alle sapienti mani di Steven Zaillian, uno degli autori più importanti di Hollywood – Premio Oscar per Schindler’s List e sceneggiatore di perle assolute come Gangs of New York, The Irishman e la premiatissima serie The Night Of. L’approccio dello showrunner è quello di un vero e proprio esteta del genere, che tra le ombre e la suspense ha trovato spazio per costruire una struttura ben più inquietante e profonda rispetto alle trasposizioni precedenti: adoperando mezzi tecnici e puramente autoriali per scrutare il protagonista con la stessa attenzione ossessiva della sua creatrice, Zaillian ha dato vita a una creatura nuova e al contempo iconica, travolgente nel brivido tra tensione e fascino.
Genere: Drammatico
Durata: 50 minuti ca./ 8 episodi
Uscita: 4 aprile 2024 (Netflix)
Cast: Andrew Scott, Johnny Flynn, Dakota Fanning
Vecchia storia, nuove vedute
Per chi non fosse a conoscenza della trama del romanzo, il protagonista delle vicende è un truffatore newyorkese di nome Tom Ripley (Andrew Scott). Soggiogato dalle responsabilità di una vita rincorsa a perdifiato tra le spire del malaffare, l’uomo accetta una grossa somma da parte di un riccone per recarsi in Italia con l’obiettivo di rintracciare suo figlio e convincerlo a tornare negli Stati Uniti. Dickie Greenleaf (Johnny Flynn), però, è un amante dei vizi e della bella vita, un giovane attratto dalle arti e dal Bel Paese che insieme alla ragazza Marge (Dakota Fanning) ha deciso di perdersi fra le spiagge della costiera napoletana. Approfittando della noncuranza di Dickie, Tom riuscirà presto a entrare nelle sue grazie e a condividere in parte quella vita lussuosa e piena di piaceri. Almeno finché un evento inaspettato non comincerà a scombinare le carte, lasciando che siano l’intrigo e il mistero a prevalere.
Zaillian si ritrova a dirigere e a sceneggiare l’intera opera, decidendo presto di allontanarsi dalle derive sfarzose del suo (ingombrante) predecessore per creare qualcosa di meno avvenente e ben più sinistro: i personaggi non sono più così giovani, il tempo che passa diventa un fattore da cui fuggire e non più soltanto un elemento di contorno, al fascino della bellezza si contrappone quello della messinscena più ingannevole. Il risultato è uno show estremamente attento, dove ogni meraviglia sbiadisce all’ombra delle tentazioni e ogni scelta cela sempre più di quanto lasci trasparire. Un distacco importante rispetto agli altri adattamenti, ma talmente impattante da catturare l’attenzione sin dalle prime inquadrature.
Un dualismo ingannevole
Ripley riesce a esaltare quel grigio che compone il suo mondo, lo fagocita e se ne impadronisce fino all’ultimo respiro, alternando quello dello spettatore all’esalazione delle vittime in un tripudio di strane sensazioni che restano con chi osserva fino alla fine della visione. Il lavoro compiuto da Zaillian è impressionante sotto diversi punti di vista, ma emerge soprattutto per l’attenzione con cui è costruito lo sviluppo di ogni segmento: i tempi sono calcolati al millimetro in un lento incedere che non risulta mai pesante o approssimativo, ancorato saldamente agli occhi di un protagonista che non smette mai di stupire.
Andrew Scott è nel suo periodo d’oro e lo conferma con un’interpretazione in cui è soprattutto la sua mimica a parlare: tra microespressioni ed emozioni appena accennate, Zaillian riprende il suo Ripley con precisione chirurgica e lascia che Scott colpisca lo spettatore quando meno se lo aspetta. Perché nel suo eterno gioco di dualismi, anche nello stesso Tom convivono più anime e lo show riesce a evidenziarlo chiaramente tra la sofferenza del fuggiasco e il misterioso carisma del criminale. Interessante anche il lavoro compiuto sui comprimari, capaci di intrecciarsi al protagonista in più occasioni – tra citazioni al film di Minghella e trovate originali ben più cupe e introspettive rispetto al materiale di riferimento.
L’importanza di essere Tom Ripley
In fondo, la vera chiave di volta per il successo di un’opera trasposta più volte ricade sempre sull’appeal della sua punta di diamante. Tom Ripley è uno dei personaggi più intriganti di sempre non tanto per le vicende in cui si trova, ma per lo stile con cui è stato caratterizzato dalla sua autrice. Anima errante in un oblio di corpi, homme fatale che tutto mostra e niente rivela, il personaggio della serie Netflix non è solo un immenso omaggio alla levatura della Highsmith, ma anche a uno stile perduto che eccelleva nel mescolare bellezza e orrore. Tra la penna e lo schermo, Ripley trasmette la sua intimità senza mostrarla, esalta la meticolosità del killer ma non disdegna l’errore umano. Vive di apparenze al di là delle ombre, ma non rende mai la sua prospettiva “negativa” a priori.
Anzi, se c’è un segreto per cui la Highsmith e i lettori hanno amato alla follia questo personaggio è proprio per il suo valore intrinseco in quanto traghettatore inaffidabile della narrazione. Tom Ripley è un essere etereo e cangiante, un carattere talmente particolare da creare un paradosso: anche di fronte alle sue azioni indicibili, siamo comunque spinti a chiederci cosa faremmo al posto suo, a sperare che la faccia franca. Forse Tom ha ammaliato anche noi, ma il più grande pregio della miniserie di Steven Zaillian sta nell’aver rispettato fedelmente la sensazione più profonda e forse meno elogiata dei romanzi: non è importante pensare se possa esistere un uomo come Ripley, ma quanto sarebbe travolgente esserlo.
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Steven Zaillian e Andrew Scott riportano in scena Il Talento di Mr Ripley sotto una veste completamente nuova (eppure assai familiare). Avvolti da un bianco e nero sublime, i personaggi del romanzo di Patricia Highsmith rivivono in una perla del thriller contemporaneo che esalta le sfaccettature del suo protagonista senza dimenticare il fascino dell'opera originale.