Girare un sequel può essere un’impresa ardua, una vera e propria trappola per cineasti che rischiano di scivolare nella cosiddetta maledizione del “film di mezzo”. Questo, naturalmente, se non ti chiami Denis Villeneuve e il sequel in questione non è prettamente un seguito, quanto il “secondo tempo” di un’opera che va considerata quasi come un unicum. Dune – Parte Due ha appena fatto il suo debutto sul grande schermo (qui la recensione) e l’opera di Villeneuve si è aperta davanti ai nostri occhi come uno di quei capolavori che sono capaci di influenzare un’era cinematografica, trasformandosi immediatamente in un cult, capace di sancire un punto di cesura tra un prima e un dopo. Quello che Il signore degli anelli aveva fatto al genere fantasy, Dune – Parte Due lo fa con la fantascienza. Ma non solo.
Ed è questo il pregio dei grandi film: che sfruttano e rinnovano il genere, rimanendo ancorati anche agli stilemi che lo compongono, ma nel frattempo parlano di altro, raccontano qualcosa di serpeggiante e universale, che non si trasforma in una vera e propria lezione, ma è comunque qualcosa che potrebbe insegnare a quegli spettatori aperti al dialogo con le immagini in movimento. Da un certo punto di vista, dunque, si potrebbe dire che Dune abbia portato a compimento il proprio lavoro: due pellicole fiume che hanno saputo raccontare la caduta della Casa Atreides, ma anche l’ascesa di un Messia e la promessa di un vero e proprio paradiso terrestre. La storia di Dune, dunque, potrebbe in qualche modo considerarsi conclusa. Eppure non lo è.
Non solo perché nel mercato esistono già i libri di Frank Herbert che possono offrire già un trampolino di lancio per i prossimi potenziali film, ma soprattutto perché Denis Villeneuve ha già inserito all’interno del film indizi e suggestioni che ci permettono di far spaziare lo sguardo verso un futuro in cui troveremo ancora il pianeta Arrakis e la casata che discende da Leto Atreides. Ma cosa dobbiamo aspettarci da Dune, dopo l’uscita di questo secondo capitolo?
Seguono ovviamente spoiler sul Dune – Parte Due.
Il paradiso non esiste
Le fiabe ci insegnano che, dopo la burrasca e gli ostacoli, il sereno trova sempre la strada per fare ritorno e che tutti i personaggi possono vivere felici e contenti per sempre.Molto spesso, però, quel “per sempre” ha una cronologia limitata e una data di scadenza che di solito non è così lontana nel tempo. Per Dune – Parte Due funziona più o meno nello stesso modo. Il lungometraggio di Denis Villeneuve si chiude con Paul che riesce a concretizzare la profezia: diventa il Messia di cui si tramandava la venuta, uccide i nemici Harkonnen e, soprattutto, diventa Imperatore della Galassia, permettendo anche la liberazione dei Fremen, suo popolo d’adozione. Si tratta di una conclusione felice, soddisfacente, velata appena dalla mancanza di personaggi molto importanti per Paul, come il padre Leto o l’amico Duncan. Ma, appunto, il “vissero per sempre felici e contenti” ha una data di scadenza.
Paul, che è nato grazie alle manipolazioni delle Bene Gesserit, diventa un Messia, un essere straordinario che, proprio per la sua incapacità di rimanere entro cerchi ranghi, diventa una mina fuori controllo, qualcosa che va studiato se non proprio eliminato. Nei romanzi, Chani rimane al suo fianco, perché comprende la sua missione. All’interno della pellicola vediamo i due amanti farsi la promessa di rimanere insieme e Chani sottolinea che rimarrà sempre al fianco di Paul, almeno finché lui resterà l’uomo che è. Ma quando Paul annuncia quella che è senza dubbio una guerra santa, il personaggio interpretato da Zendaya se ne va. Il pubblico, dapprima, è portato a pensare che la donna se ne vada perché oltraggiata dal fatto che Paul scelga un’altra. Ma in realtà il suo rifiuto è molto più profondo e si basa sulla rabbia nel vedere Paul Atreides diventare un altro. Si tratta di un cambiamento voluto proprio da Villeneuve che, appunto, suggerisce indizi chiari su come il lieto fine non sia affatto così lieto, né che la fine sia effettivamente giunta.
Come si vedrà meglio nel paragrafo successivo, Paul Atreides è una figura cristologica, molto legata a certi simboli della religione cristiana. Non sorprende, dunque, che dopo la sua venuta sia lecito aspettarsi il suo essere crocifisso. A capo dell’Impero, Paul diventa un nemico per le Bene Gesserit che vedono la propria creatura rivoltarsi contro di loro. E rimane un nemico straniero per la donna che lo ha sposato per il bene del regno, ma non del suo cuore. Se si pensava che con la fine di Dune – Parte Due si arrivasse a quel Paradiso Verde sognato dai Fremen, il futuro della saga lascia presagire qualcosa di molto meno roseo. Ed è Denis Villeneuve che ce lo suggerisce, con le visioni che affida a Paul. Visioni che, nella cornice del secondo lungometraggio, sembrano non trovare risoluzione o svolgimento, proprio perché sono frammenti che riguardano un futuro fatto di guerra, devastazione e morte.
Religione contro scienza
Come abbiamo già anticipato, Paul Atreides è una figura fortemente cristologica. Questo non per volere di Denis Villeneuve, ma per disegno di Frank Herbert, che ha creato un protagonista che condivide numerosi aspetti con Gesù. Egli è uno straniero che, per gli abitanti di Arrakis, viene dal cielo. Un uomo umile ma profondo, che si aggira nel deserto e che, proprio nel deserto, prima o poi tornerà a cercare la propria fine. Un Messia atteso da preghiere e profezie, di cui i più scettici dubitano e che egli convince non solo con la forza delle sue convinzioni, ma soprattutto con la prova empirica delle sue capacità. Ed è proprio la “prova empirica” che ci porta al secondo punto su cosa ci aspetta nel futuro di Dune. Come è avvenuto per gli esseri umani, un tempo la chiesa era dove si andavano a cercare le risposte, finché non è arrivata la scienza. Nella versione francese del musical Notre Dame de Paris, c’è un passaggio in cui Frollo denuncia un futuro in cui “l’uomo ucciderà Dio“. Ed è un po’ quello che possiamo aspettarci dal futuro di Dune.
I libri di Frank Herbert, con la sua ambizione ecologista ma anche anti-colonialista, hanno sempre utilizzato la scienza. Dopotutto ci muoviamo in un ambito fantascientifico, in cui scienza e tecnologia sono sempre alla base del world building. Eppure si trattava di una scienza che ancora restava ai margini, che faceva appena capolino in un mondo popolato soprattutto dalla superstizione. In futuro, però, la scienza diventa protagonista aggiunta e lo fa con la Bene Tleilax, una società segreta in qualche modo simile alle Bene Gesserit, che però non si basa su un culto, bensì sulla manipolazione genetica, sulla biologia, sulla scienza che è capace di mutare ciò che, nell’universo di Dune, è stato creato dalla religione.
Chiunque abbia letto Messia di Dune – dove, appunto, Paul deve seguire la sua personale Via Crucis – sa quanto la scienza diventa fondamentale e di come essa muti e manipoli il mondo per come era conosciuto fino a quel momento. L’aurea mistica dei primi due capitoli della saga cinematografica di Villeneuve, dunque, potrebbe lasciare il posto a una rappresentazione molto più cinica della realtà, dove esperimenti, veleni e diversivi potrebbero dimostrare come credere, di fatto, non sia più l’unica strada percorribile. Nemmeno per alcuni Fremen che, distaccandosi dalla credenza popolare, potrebbero finire per ricoprire il ruolo di apostoli prima e Giuda poi.
Il ruolo di Anya Taylor-Joy
E arriviamo così all’indizio più palese e ovvio che Denis Villeneuve ci ha voluto dare riguardo il futuro del “suo” Dune. Sebbene non sia effettivamente visibile, in Dune – Parte Due un ruolo cardine lo ha la sorella di Paul, la bambina che vive ancora nell’utero di Lady Jessica e che, nonostante questo, riesce a comunicare con sua madre, a dare indicazioni sulla strada da seguire e ad essere un po’ la bussola per il cammino mistico di suo fratello. Durante una scena, poi, la sorella di Paul viene mostrata nel futuro: si tratta di un’inquadratura appena, in cui il regista inquadra il volto dell’attrice Anya Taylor-Joy, vestita di un abito quasi monacale.
Ora, anche chi non ha letto i libri e non conosce il personaggio di Alia Atreides, dovrebbe intuire che sarebbe sciocco utilizzare un’attrice famosa (e, sì, per questo costosa) come Anya Taylor-Joy per una sola inquadratura. Quindi è altrettanto facile intuire che nei piani del regista c’è già un futuro in cui Alia Atreides tornerà a vestire un ruolo importante, probabilmente anche quello di “consigliera” di suo fratello, per aiutarlo a gestire i problemi (tanti) che dovrà affrontare. Possibile, dunque, che Alia sarà un personaggio che in qualche modo farà da ponte tra la religione e la scienza, tra la manipolazione mistica e quella genetica. Aspetto, questo, che chi ha letto i libri può ritrovare nel ritorno di un personaggio, di cui però non sveliamo il nome per non correre il rischio di rovinare la lettura dei romanzi.
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