A distanza di cento anni dalla sua prima visita a Roma, Maurits Cornelis Escher torna nella capitale italiana con la più grande mostra a lui dedicata. Presso Palazzo Bonaparte infatti, fino al 1 aprile 2024 sarà possibile ammirare opere come Metamorfosi II (1939), Vincolo d’unione (1956), l’iconica Mano con sfera riflettente (1935) e la celebre serie degli Emblemata. Presenti in mostra circa 300 opere tra cui alcune mai esposte prima e la serie completa dei dodici Notturni romani, realizzata nel 1934.
La creazione di mondi fantastici
Nato in Olanda nel 1898, Escher è noto per la realizzazione di opere dagli incredibili effetti ottici. Spinto dal padre a studiare architettura, l’artista abbandona gli studi dopo pochi mesi per dedicarsi al disegno. All’inizio la sua produzione è influenzata dall’Art Nouveau, ma durante il soggiorno romano (durato dodici anni) produce numerose litografie e incisioni in cui la natura e l’osservazione sono protagoniste.
In seguito si stabilisce in Svizzera, dove trova “paesaggi e architetture meno interessanti rispetto a quelle del Sud Italia“. Ciò determina una svolta. Allontanandosi da una raffigurazione realistica della realtà, l’artista comincia a rielaborarla attraverso la fantasia. Nascono, così, opere caratterizzate da costruzioni geometriche impossibili e paesaggi illusori.
Nella realizzazione di questi nuovi mondi, l’Italia è sempre sullo sfondo, come nel caso dell’opera Natura morta con specchio (1934). Dopo aver visitato l’Alhambra a Granada, l’arte moresca lì osservata porta Escher a creare delle tassellature, che sarebbero diventate sempre più frequenti nella sua produzione.
Escher attinge a piene mani dalla psicologia, dalla matematica, dalla fantascienza e le sue opere sono talmente enigmatiche da attirare nei primi anni Cinquanta l’attenzione di riviste di caratura internazionale come The Studio, Time, Life. Iniziano a essere realizzate mostre dell’artista in Olanda, negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Nel 1968, il Gemeentemuseum dell’Aia allestisce la prima retrospettiva sull’artista in onore del suo settantesimo compleanno.
Gli echi di Escher nel cinema
L’incredibile capacità di creare effetti paradossali esplorando l’infinito non poteva che suscitare interesse da parte dei cineasti. Escher è riuscito nell’impresa di coniugare due mondi agli antipodi come l’arte e la matematica grazie anche alle scoperte scientifiche del suo tempo. La teoria della relatività di Einstein e gli studi sulla fisica quantistica di Heisenberg hanno ribaltato tutto ciò che si conosceva sul mondo e sulla natura fino a quel momento. Ecco quindi che tematiche come la compenetrazione di mondi e suddivisioni regolari del piano diventano fondamentali nella produzione escheriana.
Gli effetti stranianti prodotti dalle opere dell’artista olandese sono stati ripresi in primis da Stanley Kubrick, che in Shining riproduce una texture ripetitiva e alienante sulla moquette del corridoio percorsa dal piccolo Danny in una delle scene più iconiche del film.
Si possono notare echi di opere escheriane anche in Suspiria di Dario Argento, nelle scale presenti nel film Labirinth di Jim Henson e in quelle della saga di Harry Potter tra scale a cui piace cambiare e stamberghe strillanti. Ma l’opera cinematografica che si ispira forse di più in assoluto ai lavori di Escher è Inception di Christopher Nolan, del 2010.
Ambientato nel mondo dei sogni, i paradossi sono presenti nelle impossibili architetture delle città, nei porticati moltiplicati da specchi e nella scala di Penrose. Nel film le immagini di una Parigi che si accartoccia su sé stessa sono ispirate all’opera Concavo e Convesso, litografia del 1955. Potremmo trovare influenze escheriane in molti altri ambiti, nelle copertine di album musicali, nei fumetti o nell’abbigliamento. Di certo il genio dell’artista rappresenta un unicum nell’arte e continuerà ad influenzare ancora le produzioni visive e letterarie per decenni.
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