Se c’è un film che in questo primo, sciagurato biennio di Covid-19 ha rappresentato una sfida impossibile contro le nuove “leggi del mercato”, frutto di un’impresa quasi suicida, si tratta probabilmente di Dune. Programmato in origine per la fine del 2020, rimandato di un intero anno dopo la prima ondata della pandemia e con un secondo capitolo in arrivo, il kolossal di fantascienza di Denis Villeneuve è approdato nelle sale lo scorso ottobre, a un mese e mezzo di distanza dall’anteprima alla Mostra di Venezia e dopo due anni di speculazioni, timori e perfino polemiche (il famigerato accordo fra Warner Bros. e HBO Max).
Ebbene, a due mesi dal suo debutto al cinema e in contemporanea con il suo arrivo in home-video, ora è forse lecito domandarsi: è Dune il vero film-evento del 2021? Il colosso dai piedi d’argilla (o piuttosto di sabbia) che, contro gran parte dei pronostici, si è rivelato uno dei maggiori successi dell’annata?
La scommessa vinta di Denis Villeneuve
Nell’analizzare il fenomeno di Dune, ovvero il carattere per molti versi straordinario della sua ricezione, è indispensabile definire il contesto del cinema nell’era del Covid-19: un contesto che ha visto buona fetta del pubblico, specialmente quello adulto, allontanarsi drasticamente dalla sala cinematografica come luogo d’intrattenimento.
Se l’impatto sui film d’essai è stato, in proporzione, assai più ridotto, e mentre i cinecomics possono ancora contare su un esercito di fedelissimi appassionati (basti leggere gli incassi record registrati in questi giorni da Spider-Man: No Way Home), il discorso è ben diverso per quelle medie o grandi produzioni dal target meno specifico: Cry Macho di Clint Eastwood, The Last Duel di Ridley Scott e Ultima notte a Soho di Edgar Wright hanno raggiunto cifre a dir poco modeste, mentre il box-office di fine anno in America sta mietendo vittime illustri e insospettabili quali il West Side Story di Steven Spielberg e Nightmare Alley – La fiera delle illusioni di Guillermo del Toro.
Ciò nonostante Dune, pur non appartenendo a un franchise già avviato e senza poter far leva né sulla fascinazione per i supereroi, né sul sostegno unanime della critica (le recensioni sono state complessivamente positive, ma in rari casi entusiaste), può essere annoverato fra le scommesse vinte del 2021, con quattrocento milioni di dollari raccolti in tutto il mondo e oltre quaranta milioni di spettatori.
I rischi della fantascienza ‘adulta’
L’ottimo responso per Dune appare ancora più sorprendente se si tiene conto di fattori ulteriori: la controversa scelta di Warner Bros. di rendere disponibile il film in streaming negli Stati Uniti sul servizio HBO Max, con gli inevitabili contraccolpi pure in termini di pirateria (e nonostante questo, in patria Dune ha tagliato comunque il traguardo dei cento milioni); il carattere ‘incompleto’ del racconto sviluppato da Denis Villeneuve nelle due ore e mezza del film, con tanto di Part One a far seguito al titolo e la necessità di attendere la seconda parte del dittico; e la complessità narrativa (nonché tematica) della fonte letteraria di partenza, ovvero il romanzo di culto di Frank Herbert, con il rischio di scoraggiare gli spettatori che non avessero conoscenze pregresse dell’opera.
Alfiere di una fantascienza dal taglio drammatico, in cui i codici del genere vengono usati anche per esplorare l’universo emotivo e i dilemmi morali dei personaggi, Denis Villeneuve è giunto ormai al suo terzo cimento con un film sci-fi: ma dopo gli eccellenti risultati di Arrival, già il suo Blade Runner 2049, a dispetto della fama del capostipite e del consenso di critici e cinefili, non era stato in grado di intercettare appieno l’interesse del pubblico, chiudendo in perdita rispetto ai centottanta milioni di budget.
Una nuova speranza?
A maggior ragione, alla luce di queste considerazioni, il successo di Dune si configura come una sorta di miracolo e come un indubbio motivo di fiducia, in un anno corredato da flop drastici e ingenerosi; un successo che, fra l’altro, si appresta a riscuotere pure il “bacio accademico” della stagione dei premi, con tre nomination ai Golden Globe e il potenziale per una decina di candidature agli Oscar. Evidentemente, l’epopea della Casa Atreides e le avventure ambientate sul selvaggio pianeta Arrakis sono state in grado di coinvolgere un pubblico ben più trasversale del previsto: i fan di Herbert, gli amanti della fantascienza classica, gli adolescenti incuriositi da questa nuova saga (e richiamati dalla presenza di giovani star quali Timothée Chalamet e Zendaya) e, in generale, chi cerca una formula d’intrattenimento alternativa al modello imperante della Marvel.
In ogni caso, è rincuorante pensare che una fantascienza ambiziosa, in cui la spettacolarità e la tensione convivono con ritmi più dilatati e suggestioni meno ‘immediate’, abbia esercitato una presa così ampia su spettatori tanto diversi, ma richiamati in massa nelle sale per assistere a un film percepito come un ‘evento’.
Certo, non basta un singolo Dune a far cambiare direzione a un’industria che oggi, sull’onda della pandemia, sembra sempre meno intenzionata a investire in esperimenti più impegnativi e coraggiosi; ma la speranza è che quegli stessi spettatori tornino presto al cinema anche per la “Parte Due”, ribadendo il desiderio di prendere parte a un’altra grande esperienza collettiva.