Il secondo film di Emma Seligman, Bottoms che tanto ci è piaciuto, è profondamente scorretto, cinico e volutamente cringe nella maniera più adorabile e intelligente possibile. È disponibile su Prime Video da qualche giorno. Facciamo un passo indietro: la regista e co-sceneggiatrice del lungometraggio irrompe nello scenario indie nel 2020 – tramite Mubi – con un ottimo esordio: Shiva Baby. Questa sua prima opera racconta di una ragazza queer e del complicato rapporto con il suo sugar daddy, con la religione ebraica e con la sua famiglia.
Circa un’ora e mezza di commedia che si svolge quasi esclusivamente in un solo ambiente. Bottoms, d’altra parte, è un film completamente diverso, e già da qui si evince il coraggio e la curiosità di sperimentare della giovane regista neanche trentenne. Partiamo forte, fortissimo, dicendo che siamo probabilmente di fronte a un instant classic dei teen movie, in continuità con punti di riferimento del genere come Breakfast Club, Clueless, Mean Girls e non solo.
Mean lesbians
Un accenno di trama: PJ e Josie sono due studentesse impopolari della Rockbridge Falls High School. Decidono di fondare un club di autodifesa femminile con l’obiettivo di attirare le attenzioni di due popolari cheerleader per cui hanno una cotta. Inutile dire che le cose sfuggiranno di mano. Un punto di forza di Bottoms sta nel racconto, provocatorio e sfacciato, della quasi totale amoralità delle protagoniste senza l’urgenza di ricorrere al classico trope narrativo – tipico dei teen movie – della trasformazione positiva fino al raggiungimento finale della redenzione.
Considerata l’identità queer di PJ e Josie, questo aspetto assume ancora più forza: la tendenza è generalmente quella di raccontare persone appartententi a categorie sottorappresentate – come quella LGBTQ+ – in maniera particolarmente positiva secondo una sorta di compensazione (come fa, ad esempio, Heartstopper, la serie di Netflix). Emma Seligman sembra voler rivendicare il diritto di due ragazze lesbiche a non dover dimostrare più di altri di essere valide: “Non ci odiano perché siamo gay, ma perché siamo gay e senza talento”. Da questo punto di vsta, i personaggi di Bottoms non differiscono molto dalle Mean Girls di Tina Fey. Il cult del 2004 ebbe il merito di indagare una prospettiva femminile fresca e piuttosto moderna per l’epoca.
Anche in quel caso, le protagoniste erano “cattive” e “sbagliate” il giusto ma, a differenza di Bottoms, terribilmente popolari e affascinanti anche e soprattutto per questo. Il finale moralista ed educativo di Mean Girls, tuttavia, ridimensionò leggermente le istanze femministe della commedia. Emma Seligman prende una direzione diversa, poiché Bottoms è un film volutamente non-educativo. Se sommiamo la difficoltà a trovare il proprio posto nel mondo ad un certo individualismo, Bottoms riporta la mente di più al Breakfast Club di John Hughes, ma con un cinismo raro per una commedia adolescenziale (e una notevole quantità di sangue).
Ayo Edebiri e Rachel Sennott
Ayo Edebiri e Rachel Sennott sono le protagonsite del film, Josie e PJ. La prima è ormai particolarmente nota per la sua interpretazione di Sydney nella serie TV The Bear, una giovane cuoca creativa e di talento che deve fare i conti con un capo chef dal carattere complicato in una cucina iper competitiva. È stata da poco nominata al suo primo Emmy. Rachel Sennott è la protagonista di Shiva Baby, sopracitato film d’esordio di Seligman, e produttrice esecutiva e co-sceneggiatrice dello stesso Bottoms. Shiva Baby, film più riflessivo di quest’ultimo, suggerì all’attrice un’interpretazione piuttosto sottratta.
Il suo personaggio è quasi l’opposto di PJ: può parlare poco, parlano i silenzi. In Bottoms, Sennott propone invece un approccio fisicamente e verbalmente assai fuori dalle righe. La necessità è quella di mettere in piedi un personaggio che a tratti è ai limiti del bullismo (e quindi nel controllo degli spazi fisici), nonché il dinamismo necessario a prendere parte a un fight club – il club di autodifesa. Edebiri e Sennott, insieme alle altre attrici e attori, compongono un cast d’insieme valido, divertente e con tutte le parti ben integrate tra loro.
Da citare anche un cast maschile ispiratissimo, interprete principalmente della squadra di football, che è villain del discorso e parziale bilancia nella risoluzione finale. In linea con alcune delle rappresentazioni più attuali, i ragazzi sono tendenzialmente tutti stupidi e involontariamente comici. Vittime di una satira che li vede fondare la loro violenza sul vittimismo, l’isteria e l’infantilismo, ma anche su una intensa solidarietà reciproca che sembra quasi suggerire un sottotesto omoerotico (seppur in maniera molto diversa, aprì lo spazio a questa tipologia di rappresentazione il primo Top Gun).
Inclusività, cinismo e politicamente scorretto nello stesso film?
Quando si pensa al concetto di inclusività, nella percezione comune gli si associa espressioni come “politicamente corretto” o il cosiddetto “buonismo”. A partire da questa considerazione, Bottoms potrebbe creare in qualcuno una dissonanza cognitiva non da poco. Il film mette al centro due ragazze lesbiche, “sfigate” e tendenzialmente negative; un gruppo di maschi che, come in Barbie di Greta Gerwig, composto da individui inetti e accessori al punto di vista femminile; c’è anche una discreta dose di splatter con valore catartico, metaforico e con il semplice gusto di provocare.
Bottoms funziona in maniera profondissima perché riesce a essere scorretto, poco programmatico e libero quanto vuole pur mettendo in campo una visione delle (di)sconnessioni, della crescita adolescenziale e della queerness in maniera moderna, mai moralista, divertita ma allo stesso tempo attenta. Un film che ragiona secondo categorie di pensiero poco preconfezionate e che, pur rimpastando classiche strutture narrative (dei teen movie e non), si diverte a rimischiare il tutto coerentemente col postmoderno in atto da qualche decennio, parlando con forza al tempo presente.
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