Le luci del castello di Balmoral, Scozia, residenza estiva della Regina d’Inghilterra e dei Windsor, si accendono piano, ad una ad una, quando è ancora notte, quando il mattino della domenica non è ancora arrivato. Gli ignari ospiti del castello, che accendono la luce e rispondono al telefono, non sanno ancora a cosa devono quella sveglia improvvisa e quella chiamata. Noi sì. Perché stiamo guardando The Crown 6, la prima parte della sesta stagione della serie Netflix in streaming dal 16 novembre. E abbiamo appena visto l’episodio 3, quello drammatico sulla scomparsa di Lady Diana. E allora sappiamo che le luci del castello si sono accese per quel motivo.
È un inizio completamente diverso da The Queen, il film del 2007 di Stephen Frears che proprio Peter Morgan, il creatore di The Crown, aveva scritto. È da quando è iniziata The Crown, o meglio, da quando abbiamo saputo che le stagioni 5 e 6 avrebbero toccato il mondo di Lady D, che aspettavamo questo momento, quello del cortocircuito. Perché Peter Morgan si sarebbe trovato a raccontare di nuovo quella tranche de vie che, in quel film, aveva raccontato in maniera mirabile. E così, in questo episodio 4, The Crown e The Queen si incrociano, dialogano, si avvicinano per riallontanarsi. Quella di The Crown è un’altra storia rispetto a The Queen. Anche se, in fondo, è la stessa storia.
Quella Regina così restia
La storia è nota. In quei giorni tra l’agosto e il settembre del 1997, dopo la morte di Lady Diana Spencer insieme a Dodi Al Fayed in un incidente nel tunnel dell’Alma a Parigi, la Regina è stata molto restia nel comunicare, verso l’esterno, qualsiasi manifestazione di dolore, di lutto, di empatia per la morte dell’ex nuora, una persona che non faceva più parte della Famiglia Reale ma che ne avrebbe fatto parte per sempre, come si capì proprio in quei giorni. Passarono giorni, giorni che sembrarono un tempo infinito, prima che Elisabetta II si decidesse a rientrare, in anticipo, a Londra, e a mandare alla nazione un videomessaggio da Buckingham Palace, con la finestra aperta sulla strada dove il popolo era accordo a tributare il suo omaggio a Diana. Elisabetta II decise anche di onorare Diana Spencer con un rito simile ai funerali di Stato, all’Abbazia di Westminster.
The Queen: il protagonista è Tony Blair
Tutto il film di Stephen Frears, The Queen, si svolge tra il castello di Balmoral e gli uffici del numero 10 di Downing Street, tra la residenza della Regina Elisabetta e quella del Primo Ministro Tony Blair. È lui, insieme alla Regina, il grande protagonista della storia. È lui che suggerisce a Elisabetta l’opportunità di celebrare adeguatamente Diana, è lui a coniare la felice espressione, la “Principessa del Popolo”, che in tre parole fissava immediatamente le qualità di Diana e riusciva a unire la sua nobiltà con le persone comuni d’Inghilterra, perfetto endorsement per legarla anche alla politica laburista di Blair. Il perché è presto detto: The Queen faceva parte di una trilogia dedicata da Peter Morgan a Tony Blair, tre film pensati per la tv di cui quello centrale è diventato, grazie a regia e attori, un grande film per il grande schermo. L’alterigia con cui Helen Mirren mette in scena la Regina suggerisce distacco, quasi fastidio per dover affrontare una questione che non si aspettava, e anche la lontananza con Diana, figlia del dolore che aveva causato alla famiglia, e alla sua reputazione.
Il mea culpa di Carlo
In The Crown tutto è diverso. Non è più il film su Tony Blair. E non è neanche solo il film sulla Regina, perché la serie è sulla Corona, e quindi su tutta la Famiglia Reale. L’episodio 4 allora diventa una storia corale, con Tony Blair solo sullo sfondo. Perché, appunto, è un’altra storia e quella è stata già raccontata. In questa è soprattutto il Principe Carlo (Dominic West) a perorare la causa di Diana. Visibilmente commosso, addolorato per la perdita, è lui a spiegare alla sua famiglia il senso di celebrare Diana. “È sempre stato difficile per voi capire il legame che Diana ha sempre avuto con le persone. Ma il fatto che sia inspiegabile non deve spingerci a negarlo”. Quell’espressione, “la Principessa del Popolo”, qui non viene pronunciata. Ma il senso di quello che vuole dire Carlo è proprio questo. Forse troppo tardi, Carlo ha capito Diana. Forse troppo tardi, si è anche pentito dei suoi comportamenti. E il mea culpa è anche personale. “Lo ammetto, l’ho delusa molto in vita. Ma ora voglio rimediare”.
Tony Blair entra in scena dopo mezz’ora
Tony Blair, il grande protagonista di The Queen, qui entra in scena solo dopo mezz’ora. È solo uno dei punti di vista da cui osservare Diana. Ovviamente, entra in scena da politico, da pragmatico, risoluto. Una volta ricevuto l’ok della Regina alle celebrazioni, muove la sua macchina organizzativa per coinvolgere le persone, da uomo di governo, da uomo d’azione. Ma non si vede, in questo episodio della serie, il suo impegno nel convincere la regina, non si sente, dalle sue parole, come abbiamo detto, la sua definizione “Principessa del Popolo”.
I dolori del giovane William
Conseguenze, l’episodio 4 della stagione 6, è allora un mosaico, una moltiplicazione di punti di vista, il racconto di una perdita visto attraverso varie sensibilità. Tra questi c’è quello del Principe William, colui che un giorno diventerà Re, e che in quel momento è ancora un adolescente timido e schivo. La testa bassa, le cuffie sempre sulle orecchie per isolarsi dal mondo, per evadere la realtà. William non capisce: ha perso la madre e prova un dolore unico, ma sembra che tutti provino questo dolore che dovrebbe essere solo suo e della sua famiglia. E a lui la cosa non va.
La regina è incapace di prendersi cura del Paese
Che poi è un sentimento in parte simile a quello della Regina. Un sentimento umano. “L’intero Paese si comporta in modo strano e serve che io debba contribuire a calmare le acque”, dice Elisabetta. Quello che accomuna però The Crown e The Queen sono le critiche che arrivano dalla stampa e dall’opinione pubblica, e pure dai propri figli. “La regina è incapace di prendersi cura del Paese come è stata incapace di prendersi cura di noi”. Intanto, sui giornali, nel Paese, si parla di indifferenza, riluttanza, incapacità. La gente chiede empatia. La regina pensa che sia spettacolo, esibizionismo. È coerente con tutto quello che la Regina ci ha sempre detto in tutte queste stagioni di The Crown. È un ruolo difficile, dove a volte si tratta di non agire piuttosto che agire. E questo non è facile.
Quel dialogo con il caro estinto
Così dove The Queen era un film diretto, schietto, a tratti anche spietato, un po’ cinico, l’episodio 4 di The Crown è meno freddo, più emotivo, più empatico. Dove The Queen era molto realistico, The Crown viaggia nell’onirico e nell’immaginifico, con quei dialoghi tra chi è in vita e il caro estinto, che in fondo è un dialogo con se stessi, con la propria coscienza. Carlo parla con Diana. Mohammed Al Fayed con il figlio Dodi. E finalmente possono dire le cose che non hanno mai detto loro in vita. “Sei sempre stata la più amata tra tutti noi” dice Carlo immaginando di parlare con Diana. “Sarà più facile per tutti adesso. Ammettilo. Ci hai pensato anche tu” risponde lei. Ed è Carlo che, tra sé e sé, pensa questa cosa e la dice a se stesso. E così, in un’opera che è più emotiva, cambia anche la Regina. Imelda Staunton, l’Elisabetta di The Crown (dopo le grandi interpretazioni di Claire Foy e Olivia Colman nelle stagioni precedenti) è una Regina meno altera di quella di Helen Mirren. È più terrena, più empatica. In questo episodio la vediamo più volte commuoversi, vediamo i suoi occhi velati dal pianto. Anche per questo, rispetto a The Queen, The Crown è un’altra storia.