Il significato del cameo di Martin Scorsese nel finale di Killers of the Flower Moon è pensato perché lo spettatore metta in discussione quanto visto durante il film, comparando la finzione scenica alla realtà dei fatti: un’opera di finzione può rendere veramente giustizia a quanto accaduto nella realtà? L’autore vuole spiegare a chi guarda, tramite il suo cameo, che la narrazione non potrà mai sostituirsi alla tragedia vissuta dalle vittime reali. Spieghiamone meglio il significato e il perché secondo noi è così importante.
Proprio nella conclusione del film, il regista Martin Scorsese appare per leggere il necrologio del personaggio di Mollie Burkhart (Lily Gladstone), sul palco di una trasmissione radiofonica atta a ridicolizzare i fatti. Il suo cameo spinge lo spettatore a chiedersi quale debba essere il contributo del regista, in questo caso Scorsese, nel riportare la brutalità dei fatti storici.
Infatti, di solito, nel finale di una pellicola storica vediamo una sfilza di didascalie che espone cosa è realmente successo ai protagonisti della vicenda, nel modo più neutro possibile. In Killers of the Flower Moon ci ritroviamo invece ad assistere a una commedia radiofonica che ridicolizza i fatti, pur raccontando la reale conclusione della storia. Scopriamo le sorti degli assassini che hanno commesso gli omicidi e mentre veniamo a sapere come hanno poi passato il resto delle loro vite sentiamo effetti sonori esagerati, attori da palcoscenico che leggono battute scritte su dei copioni e modificano la voce per apparire grotteschi. Il finale diventa quindi quasi una presa in giro degli eventi; esattamente come lo è, in generale, tutto il film in relazione alla realtà pura e cruda.
La sensazione che ci provoca quel finale è chiaramente straniante, perché vuole mettere in contrasto ciò che il film ha fatto fino a quel momento, cosa rappresenta e ciò che è realmente. Con quello spettacolo comico sul palco, il regista vuole spiegarci come le rivisitazioni di un evento storico, soprattutto se tragico, vadano sempre messe in discussione rispetto a ciò che è davvero accaduto. Ed è a quel punto, proprio quando Scorsese stesso sale sul palco per leggere il necrologio di Mollie, che percepiamo che c’è qualcosa che non va in quel finale, in quello spettacolino quasi da cabaret. Così facendo, il regista fa capire allo spettatore come rappresentazione e realtà vadano sempre in contrasto.
Il racconto scenico, la trasposizione degli eventi, per quanto fedeli a ciò che è accaduto, saranno sempre atti a ridicolizzare la realtà e le persone che hanno vissuto quelle situazioni. Un film è puro e semplice intrattenimento, esattamente come quello spettacolo alla fine di Killers of the Flower Moon, e non riuscirà mai a esprimere ogni sfaccettatura, ogni sensazione e dolore provati delle vittime. Per quanto ci provi, la finzione scenica può solo distorcere e minimizzare gli eventi perché il suo fine ultimo è quello di intrattenere. Perciò Scorsese con il suo cameo finale mette in discussione la sua stessa opera, il suo ruolo di regista e ciò che noi spettatori abbiamo. Killers of the Flower Moon, pur con le migliori intenzioni di raccontare un’America violenta e una dinamica straziante, non è in grado di restituire davvero ciò che le vittime hanno vissuto. Un mea culpa il suo, un atto di umiltà con il quale cambia il paradigma di come i film basati su storie vere vengono solitamente presentati. Film che in verità saranno sempre tremendamente imperfetti.
Killers of the Flower Moon, che racconta la storia vera della strage delle popolazioni di nativi americani della contea di Osage nel 1920, risulta ad oggi essere tra i più apprezzati dell’autore da parte di critica e pubblico. La sceneggiatura è stata però in parta riscritta da Leonardo Di Caprio che non era soddisfatto del risultato: secondo l’attore la storia non era infatti stata adattata al meglio. Inoltre sembra che tra Di Caprio e Robert De Niro ci siano state molte discussioni discussioni durante le riprese poiché il primo improvvisava troppo sul set.