Noi non lo possiamo sapere ancora, ma quando vediamo e sentiamo il ciak di inizio riprese scattare nella prima inquadratura di Four Daughters, stiamo per ricevere una lezione da scuola del cinema. Teorica e pratica.
Il tutto grazie a un film che, sulla carta, poteva sembrare il classico e semplice documentario, intento a raccontare la storia di una famiglia spezzata dagli eventi.
Come, invece, avremo modo di approfondire nella nostra recensione di Four Daughters, il docufilm di Kaouther Ben Hania non intende solo riportare alla luce il proprio contenuto, ma intende farlo rivivere. E non per un intento sadico, sia chiaro, ma per poter elaborare il lutto e guarirne le ferite ancora aperte. Il cinema diventa quindi uno strumento medico, un’arte capace di riportare in vita i morti e di permettere alle persone rimasti di fare pace con quei fantasmi, tornati di fronte a loro. La proiezione del film diventa quindi proiezione di spettri, di luci e di ombre, di fatti tangibili e di sentimenti impalpabili.
Four Daughters (Les filles d’Olfa)
Genere: Documentario
Durata: 110 minuti
Uscita: 19 maggio 2023 (Cannes)
Cast: Olfa Hamrouni, Eya Chikhaoui, Tayssir Chikhaoui, Hend Sabri, Nour Karoui, Ichraq Matar
Olfa e le sue figlie
Documentario. Il reale. Four Daughters (il titolo originale è un ancora più esplicito Les filles d’Olfa) racconta la storia di una madre quarantenne tunisina di nome Olfa, che ha cresciuto da sola le proprie quattro figlie secondo un’educazione affettuosa ma comunque rigida. Così tanto da dover affrontare, ciclicamente, i momenti di ribellione dovute alla crescita della ragazze. Uno scontro che, però, si è concluso nel peggiore dei modi: le due figlie maggiori si uniscono all’ISIS e si trasferiscono in Libia facendo perdere le loro tracce. In famiglia si crea così un doppio vuoto: quello della madre, che si colpevolizza per non aver saputo ascoltare e capire le proprie figlie e quello delle sorelle, che hanno visto perdere non solo un punto di riferimento, ma anche delle amiche con cui confrontarsi.
Four Daughters, quindi, ricostruisce la loro storia, attraverso interviste, racconti, aneddoti, tutti catturati in maniera naturale e seguendo un flusso di coscienza anche improvvisato che solo nell’ultimo atto si lega di più alla cronaca e alla più corretta sequenza temporale. Ma è proprio quel flusso di coscienza che risulta così vincente, perché il film, scoprendo immediatamente le sue carte e rompendo sin da subito la quarta parete, fa qualcosa che raramente si vede in opere di questo tipo.
Cosa cambia tutto
Fiction. La ricostruzione. Nel giro di due minuti lo spettatore è conscio di star vedendo un documentario, riprendendo persone che sanno esattamente cosa accadrà. Qualche minuto dopo veniamo a conoscenza del metodo voluto dalla regista per raccontare questa storia: due giovani attrici interpreteranno le due sorelle maggiori, un’altra ancora interpreterà la madre, ma solo nei momenti più dolorosi, per impedire alla vera Olfa di rivivere in prima persona il dolore che ha provato a suo tempo. Un ultimo attore interpreterà tutte le figure maschili della storia.
Così il documentario prende una piega molto più umana e potente. Senza nascondersi o provare a cancellare in sede di montaggio le imperfezioni o la struttura stessa tra reale e finzione, Four Daughters sceglie di mostrare in maniera esplicita il proprio meccanismo. Denso di sequenze in cui le stesse protagoniste rimangono sorprese dalla somiglianza delle attrici con la loro controparte vera, ormai appartenente ai loro ricordi, il film muta la propria forma diventando qualcosa di davvero indefinibile. Uno strano ibrido che, però, colpisce con una forza unica.
I vivi, i morti, i resuscitati
Cosa può essere il cinema? Può essere il racconto di una storia, può essere una giostra emotiva, può essere un palliativo contro la crudeltà della vita. Può essere una magica possibilità di afferrare l’inafferrabile, di vedere l’invisibile. Four Daughters sembra sprigionare, attraverso la pratica, decenni di teoria cinematografica, con una semplicità e un’onestà talmente forte da risultare stordente. Con un gusto raffinato per le immagini (come la vera Olfa che davanti a uno specchio diventa l’attrice che la interpreta) e un delicato equilibrio che ha del miracoloso, Four Daughters sembra davvero dimostrare quanto il cinema sia un’arte che può rendere possibile l’impossibile.
Tanto da non poter rimanere indifferenti quando Eya e Tayssir, le due sorelle minori, dimenticano di avere di fronte a loro delle attrici e afferrano un tempo perduto fatto di confessioni, di parole mai dette, di coraggio nell’affrontare il dolore, di desiderio di vita. Nonostante tutto.
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La recensione in breve
Four Daughters è un docufilm davvero straordinario. Nel raccontare e ricostruire la vera storia di una famiglia spezzata, la regista Kaouther Ben Hania usa il cinema come strumento per narrare, elaborare il lutto, rivivere e guarire le ferite. Così schietto da risultare commovente, così potente da rimanere indimenticabile.
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Voto ScreenWorld