Stranizza d’Amuri è il nuovo film tratto da una storia vera, quella del delitto di Giarre, che si consumò nel 1980. Le vittime furono due ragazzi, Giorgio Agatino Giammona, di 25 anni, e Antonio Galatola, di soli 15 anni, uccisi perché omosessuali e fidanzati, in un contesto fortemente omofobo e retrogrado. Il film di Giuseppe Fiorello invece ambienta i fatti due anni dopo, nel 1982.
Il protagonista di Stranizza d’Amuri è Gianni (Samuele Segreto), una ragazzo omosessuale di 17 anni vittima di bullismo, che un giorno incontra Nino (Gabriele Pizzurro), sedicenne con cui instaura prima una grande amicizia e col tempo una relazione molto più profonda. Nella Sicilia dell’epoca i due saranno costretti a tenere nascosto il sentimento che li lega, si sentono infatti rifiutati dalla società che li circonda. Nel cast, oltre ai due giovani e talentuosi interpreti, troviamo anche Simona Malato e Gabriele Pizzurro, che interpretano rispettivamente Lina, la madre di Gianni, e Franco, il compagno della donna, con cui il ragazzo ha un rapporto conflittuale.
Il delitto di Giarre invece è la storia realmente accaduta che ha ispirato il film di Giuseppe Fiorello, il cui titolo riprende la famosa canzone di Franco Battiato. Il 30 ottobre del 1980 i corpi senza vita di una coppia di ragazzi furono trovati nella Villa del Principe, mentre si tenevano ancora per mano. Vicino ai cadaveri un biglietto con un messaggio di addio. I due erano Giorgio Agatino Giammona, di 25 anni, e ad Antonio Galatola, di soli 15 anni; in paese venivano chiamati i “ziti”, i “fidanzati”, perché erano una coppia molto conosciuta e da tempo inseparabile. A rendere questa storia particolarmente complessa il fatto che non siano mai state veramente chiarite le modalità in cui la morte dei giovani è avvenuta: non c’è certezza che i due si siano tolti la vita insieme, potrebbe infatti essere stato un delitto a sfondo omofobo mascherato da suicidio.
In un primo momento il cugino di Toni, Francesco, si autoaccusò infatti del delitto, confessando di essere stato costretto ad uccidere i due ragazzi sotto loro stessa minaccia. Il ragazzino tredicenne, e quindi per la giovane età non imputabile, ritrattò in seguito quanto detto, ammettendo di essere stato obbligato ad assumersi la responsabilità dei fatti. Non venne però chiarito chi gli avrebbe fatto pressioni per confessare un delitto che non aveva commesso. In seguito la tesi più accreditata fu quella del doppio suicidio e poi quella dell’omicidio-suicidio, Giorgio avrebbe infatti ucciso il compagno per poi togliersi la vita.
Per quanto i fatti che portarono al delitto di Giarre non furono mai chiariti, l’accaduto scatenò un’importante presa di coscienza dell’opinione pubblica sulla violenza in Italia della discriminazione omofoba. Fu proprio sull’onda dell’indignazione per la morte di Giorgio e Antonio a nascere, a Palermo, il primo circolo Arcigay, per iniziativa di don Marco Bisceglia.