Bisogna cambiare l’immagine della morte, non capisco perché gli americani non ci abbiano ancora pensato. Dovrebbero rappresentarla come una bella donna vestita di merletto rosso, un po’ pazza, poco raccomandabile, ma misteriosa e puttana al momento giusto. Dovrebbe sembrare soltanto un rischio che vale la pena di correre per rompere il ritmo della vita, dei doveri della vita, una pausa, un riposo, per poi ricominciare. Forse basterebbe rappresentarla meglio fisicamente: come una bambina furba che permette alla palla di giocare con lei.
Monica Vitti se n’è andata silenziosamente un anno fa. Esattamente il 2 febbraio 2022. Nonostante questo e la sua uscita di scena nel 2002, dettata dalla malattia, la vita di questa donna incredibile non ha mai smesso di fare rumore. La sua esistenza, infatti, è stata caratterizzata da pensieri, sentimenti, riflessioni e parole. Quelle dette per dovere di copione e quelle pronunciate per convinzione personale. Non stupisce, dunque, che oggi la Mondadori abbia deciso di rieditare il suo Il letto è una rosa, scritto nel 1995.
Una sorta di diario intimo e introspettivo in cui la Vitti si confronta con una valanga di pensieri che le riempiono il cuore e la mente, rendendola una donna sensibile, contraddittoria, al tempo stesso vitale e facile preda della depressione. In sostanza un essere umano così denso da non riuscire a catturare mai fino in fondo, nonostante l’incredibile fascinazione che ha esercitato ed esercita ancora oggi sugli altri.
Una nuova edizione che, uscita in libreria il 31 gennaio, è arricchita anche dalla prefazione del marito Roberto Russo, che con lei ha condiviso ogni aspetto della loro vita, da quello professionale a quello privato. Si tratta del perfetto prologo in grado di rappresentare una sorta di vademecum comportamentale. Parole che proiettano sul lettore il giusto stato d’animo con cui apprestarsi alla lettura. Un atteggiamento definito dal rispetto, dall’apertura mentale e dalla propensione a lasciarsi sorprendere. Perché, pagina dopo pagina, questo libro introduce nel cuore di Monica Vitti. Dritto al nucleo assoluto dei suoi pensieri, al centro di un’anima fragile che ha imparato ad esprimersi liberamente. Per comprendere meglio la natura di quest’opera insolita, dunque, proviamo a mettere in evidenzia alcuni aspetti essenziali nella recensione de Il letto è una rosa.
Seguire i pensieri di Monica
“Questi fogli sono la mia prima grande libertà, io continuo a saltare da un argomento all’altro, da una parola all’altra. Sono una finestra da cui osservo la mia vita, quello che mi succede.”
Monica Vitti ha sempre avuto il pregio di far risuonare le sue parole di una sincerità verace, una sorta d’incapacità alla menzogna figlia di una propensione alla trasparenza. Anche e soprattutto quando questa poteva risultare scomoda. È stata talmente vera da risultare tale anche all’interno della finzione scenica. Ed è per questo, probabilmente, che è riuscita a fare breccia nel cuore del pubblico. Per tutti questo motivi, non sorprende assolutamente che lo sia anche di fronte ad una pagina bianca. Ecco, dunque, che senza troppi giri di parole, mette in guardia il lettore de Il letto è una rosa. Questo, infatti, non va ad affrontare un viaggio dalla struttura ordinata e prevedibile. Non si tratta di un susseguirsi di ricordi e aneddoti attentamente riportati con precisione cronologica. Nulla di tutto questo. E, d’altronde, dalla Vitti non ci si poteva aspettare nulla di così prevedibile.
Piuttosto ci si deve preparare ad essere completamente investiti da una valanga di parole, ognuna delle quali ha un valore assoluto ed irrinunciabile nella ricostruzione di un’emozione. Allo stesso, modo, poi, si deve essere pronti a lasciarsi travolgere e trascinare dalla corrente dei pensieri di Monica. Un fiume spesso tumultuoso che modifica il suo percorso continuamente, conducendo in luoghi inaspettati e mai banali. Volendo dare a tutto questo un valore letterario, incasellandolo all’interno degli stilemi di un genere, potremmo dire di trovarci di fronte ad un flusso di coscienza.
Una libertà espressiva che accetta di lasciar viaggiare a briglia sciolte i propri pensieri, seguendo coraggiosamente il tragitto che loro tracciano. Una direzione che, il più delle volte, è sconosciuta all’autrice stessa. In questo senso, dunque, Monica Vitti è una sorta di Alice che salta nello specchio accettando la sua avventura. Mentre per il lettore rappresenta il Coniglio Bianco da seguire affascinati, rincorrendola senza riuscire mai ad afferrala realmente. Ma la bellezza di questa corsa, come Monica stessa aiuta a comprendere, è tutto ciò che si riesce a provare nel tragitto. Quell’insieme di emozioni, spesso insensate e incomprensibili, che vanno a definire il concetto stesso di esistenza.
Sognare la leggerezza
“Io non cerco né voglio una vita all’americana, infantile, che in certi film e telefilm oscilla tra la tenerezza e la violenza. Né l’autocompiacimento culturale che hanno i francesi. Io in verità vorrei la leggerezza dei senza storia unita alla serenità consapevole. Gli occhi freschi per guardare, capire e accettare le novità.”
Per molte persone Monica Vitti è l’attrice che meglio ha incarnato la commedia all’italiana. Una donna dotata di una bellezza fuori del comune che, però, è riuscita a veicolare un senso dell’ironia a tratti innocente e caustico. Il risultato è un fascino incredibile. Lo stesso che si attribuisce alle persone di successo alle quali, di solito, non è permesso avere debolezze od infelicità. Questa, però, è solo la superficie. E lo si capisce ben presto, appena ci si lascia condurre dalle parole della Vitti senza fare resistenza.
Si comprende, ad esempio, di avere a che fare con una vita allo stesso tempo colma ma anche privata di qualche cosa. Con una donna che, tendenzialmente attratta da quello che accade fuori da sé, rimane spesso sconcertata e poco preparata a confrontarsi con l’universo interiore. Perché oltre il volto dell’attrice famosa, oltre i premi ottenuti e i riconoscimenti, c’è il peso di dover sostenere la propria storia personale.
Una vicenda che arriva da lontano, che, come per ognuno di noi, tocca note famigliari poco armoniose. La stessa storia che, con alcune variazioni, parla di una genitorialità forse non compresa pienamente e di un’assenza di linguaggio affettivo profondo. Tra le pagine di questo diario istintivo, molte volte è possibile rintracciare dei riferimenti ad un amore naturale, come quello tra una madre e la propria figlia, ma mai approfondito realmente.
Parole che sono pronunciate con un’apparente lievità, la stessa che ha caratterizzato la Vitti pubblica per gran parte della sua carriera, fatta eccezione per il periodo firmato Antonioni, ma che in questo caso rappresentano un veicolo necessario per muoversi attraverso le insidie dei ricordi e delle riflessioni. Perché leggero non è sinonimo di superficiale. E questo appare immediatamente chiaro seguendo il flusso di parole capaci di suscitare più di un sorriso e, allo stesso tempo, portare ad una riflessione personale.
La natura di un libro
“D’estate bisognerebbe fare meno domande, a se stessi, agli altri, e in ogni caso rimandare le risposte a ottobre.”
Non è una biografia e nemmeno un compendio di aneddoti sul cinema. Non si tratta di un romanzo d’invenzione e nemmeno di una storia vera fino in fondo. Almeno non dal punto di vista strettamente pratico. A questo punto, alcuni potrebbero porsi una domanda: cos’è Il letto è una rosa? La risposta è molto semplice. Si tratta di un viaggio. Un percorso che non necessariamente deve essere seguito parola per parola, capitolo dopo capitolo in modo consecutivo.
La natura volutamente scomposta di questo scritto permette di lasciarlo in sospeso e poi riprendere quando si sente la necessità. E così, la Vitti ha lasciato degli sprazzi, dei frammenti di se stessa da rintracciare ogni volta se ne abbia voglia o bisogno. Lei, che è sempre stata per il suo pubblico portatrice di leggerezza, in questo modo ha sollevato il lettore dall’ansia stessa della lettura. Dal dover terminare, comprendere, seguire un filo logico e dare ad ogni singola parola espressa una consecutio rispetto la seguente.
Ecco, la Vitti rifugge da tutto questo e, piuttosto, ci concede una terra cui approdare di tanto in tanto. Un filo del discorso talmente “disordinato” da poterlo sempre riprendere in qualsiasi momento senza sentirsi persi. Ogni volta che si ha l’esigenza di scoprire qualche cosa su noi stessi, Monica è li, tra le sue righe e nella struttura dei pensieri in cui offre un riflesso della realtà personale eppure comune a molti. Il consiglio, dunque, è di abbandonare qualsiasi preconcetto e lasciarsi trasportare da un’esperienza unica. Perché Il letto è una rosa è quel libro da non riporre mai, destinato a rimanere a portata di mano perché mai concluso, esattamente come l’infinito dialogo che Monica Vitti ha iniziato con se stessa e con chi l’ha amata.
La recensione in breve
Nato dai pensieri, emozioni e riflessioni di Monica Vitti, questo libro è sorprendente e inafferrabile esattamente come lei. Fuori da qualsiasi tipo di schema narrativo, si presenta come un flusso di coscienza dove l'attrice lascia spazio alla donna confessando anche le difficoltà di vivere questa doppia realtà. Un viaggio, dunque, insolito, che chiede al lettore apertura mentale e disponibilità a lasciarsi travolgere da una corrente destinata a mutare direzione mille volte.
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Voto ScreenWorld