È stato atteso e desiderato per 13 anni, ma anche sbeffeggiato e sottovalutato per altrettanto tempo. Come se poi l’importanza e l’impatto di un film come Avatar 2 – di un nuovo film di James Cameron – potessero in qualche modo essere sminuiti dal trascorrere degli anni. Quando in realtà ora è evidente l’esatto contrario, perché più aumentava l’attesa e più questo Avatar – La via dell’acqua diventava qualcosa di ben più importante: non più solo il secondo capitolo di una saga che a questo punto si preannuncia ancora più epica e grandiosa di quanto potessimo immaginare nel 2009, ma anche una sorta di film simbolo/manifesto dell’importanza e unicità dell’esperienza cinematografica vissuta in sala.
È per questo motivo che ci teniamo ad iniziare questa recensione di Avatar – La via dell’acqua specificando che abbiamo visto il film in 3D, con uno schermo gigante ed un audio perfetto, con il pubblico attorno costantemente stupito e col fiato sospeso. Lo abbiamo visto come merita di essere visto un film che punta tutto a trasportarci in un universo alieno, a farci dimenticare del nostro mondo, del nostro quotidiano, e trasferire la nostra essenza nel corpo alieno dei Na’vi. Perché il cinema è esattamente come quella meraviglia, a metà tra tecnologia e magia, che ci racconta la saga di Avatar. E Avatar 2, così come il precedente film, è esattamente quello che dovrebbe essere il cinema.
Avatar – La via dell’acqua
Genere: Azione
Durata: 192 minuti
Uscita: 14 dicembre 2022 (Cinema)
Cast: Sam Worthington, Zoe Saldana, Sigourney Weaver, Stephen Lang e Kate Winslet
La via di Avatar: trama semplice, spettacolo immenso
Ma da conoscitori e amanti da tempo del cinema di James Cameron, siamo perfettamente consapevoli che l’ultima deriva del suo cinema – parliamo di Avatar, ma secondo alcuni potrebbe valere anche per Titanic – non è apprezzata da tutti, soprattutto per la (apparente) poca attenzione sul lato narrativo. E quindi è proprio da questo punto che ci teniamo a cominciare, quasi a eliminare ogni dubbio: anche la trama di questo Avatar – La via dell’acqua non è certamente il punto forte del film, anzi, se possibile, è forse per certi versi ancora più essenziale e “semplice” del precedente. Ovvero racconta di come, molti anni dopo gli eventi del primo film, Jake Sully e Neytiri abbiano insieme una famiglia ma continuino ad essere perseguitati dagli “uomini del cielo”, i terrestri, tornati a riprendersi Pandora e a vendicarsi della ribellione dei Na’vi. Proprio per il bene dei loro figli, i due protagonisti sono costretti a lasciare le foreste di Pandora e cercare rifugio in un lontano arcipelago dove, nei pressi di una barriera corallina, vive un’altra tribù, con usi e costumi completamenti diversi. Com’è facile immaginare, i guai – in questo caso impersonati dal redivivo Colonnello Quaritch – continueranno a seguirli.
Esattamente come per il film precedente, la trama è volutamente essenziale, proprio perché lo scopo di James Cameron è in realtà quello di mostrarci questo straordinario mondo alieno e le meraviglie che nasconde. Le intenzioni del regista sono palesi fin dall’inizio, tanto che dopo una prima parte tutta ambientata nelle regioni ricche di vegetazione che ben conosciamo, abbandona completamente i terreni già battuti e conosciuti per buttarsi (letteralmente) in un oceano popolato di creature tanto bizzarre quanto stupefacenti. A cosa serve quindi la trama quando in realtà lo spettacolo, il senso di meraviglia, arriva dalle immagini stesse? Dalla creazione non di un intricato plot, ma di un intero mondo con la sua flora e fauna, con la sua mitologia, la sua lingua e le sue regole?
Tra ecologia e famiglia
Certo, in un momento storico in cui lo spettatore – tra saghe cinematografiche pressoché infinite e serie televisive a volontà – è ormai quasi schiavo di sviluppi narrativi sempre più intricanti e sorprendenti, Cameron azzarda come non mai. E lo fa soprattutto perché egli stesso cede alla tentazione di una lunga saga cinematografica, pur non avendo dalla sua l’affezione del pubblico per i personaggi o chissà quali colpi di scena pronti a stupire. Azzarda puntando tutto sulla qualità e unicità del suo lavoro, sulla consapevolezza che anche solo le immagini possano conquistare il cuore degli spettatori com’è sempre stato fin dagli albori del cinema.
E sicuramente non mancheranno anche questa volta coloro che lamenteranno di aver passato buona parte delle tre ore di durata a vedere una sorta di speciale di Superquark su un pianeta alieno: d’altronde è indubbio che Cameron stia ancora una volta mettendo al centro del suo film la sua filosofia ecologista e il suo interesse per l’ambiente, la natura e in particolare per il mare. Al tempo stesso, però, inserisce nel suo film un nuovo tema, che va esattamente di pari passo con quello di cui sopra: al centro di questo Avatar 2 c’è infatti la famiglia. Un tema universale e certamente non originale, ma che cambia completamente la prospettiva del protagonista Jake Sully, e quindi anche la nostra: ora uomo maturo e riflessivo, non più scavezzacollo e sfrontato come nel primo, Jake ha un ruolo ed un atteggiamento esattamente opposto in questo sequel. Ed è proprio attraverso questo cambiamento che Cameron prova, e a nostro parere riesce, ad emozionarci e a creare un legame forte tra lo spettatore e questa sua nuova ambiziosa saga.
Un cast che si rinnova, ma la vera protagonista è sempre Pandora
L’abbiamo citata, vediamo quindi da chi è composta questa nuova famiglia di personaggi ma anche di attori: come noto Sam Worthington, Zoe Saldana e Stephen Lang riprendono gli stessi ruoli del capitolo precedente (anche se l’ultimo riserva qualche sorpresa); mentre nel caso di Sigourney Weaver, la grande attrice si “trasforma” in Kiri, la figlia adolescente adottiva dei protagonisti, in realtà mezza umana e mezza Na’vi e dalle misteriose origini. Oltre a Kiri, Jake e Neytiri hanno poi tre figli: il primogenito Neteyam (Jamie Flatters), il secondo e più ribelle Lo’ak (Britain Dalton) e la piccola e dolcissima Tuk (Trinity Bliss). A loro va aggiunto anche un altro adolescente, l’umano “Spider” (Jack Champion), nato e cresciuto su Pandora e quindi parte integrante di questa grande famiglia allargata. Come già detto, tutta la prima parte ci mostra e racconta questi personaggi, le loro dinamiche familiari; poi il film cambia e, potremmo dire, mostra la sua vera natura.
L’azione si sposta sopra e sotto la superfice del mare, presso il clan Metkayina che vive sulla barriera corallina: è qui che conosciamo il capo Tonowari (Cliff Curtis) e sua moglie Ronal (Kate Winslet) e molti altri personaggi che compongo la nuova tribù. Ed è qui che, esattamente come ci era successo per la prima volta nel 2009, veniamo nuovamente sedotti da Pandora, dalla sua bellezza e dai suoi pericoli. Perché attraverso gli occhi di questi Na’vi abituati alla vegetazione rigogliosa e a maestosi alberi, vediamo quello che il mare nasconde e conosciamo “la via dell’acqua”. Ed è qui che il film e il suo regista danno il loro meglio, perché mai come prima nella storia del cinema possiamo dire di avere davvero la sensazione di trovarci sott’acqua. E la sensazione è tanto stupefacente quanto naturale, anche perché Cameron non usa scorciatoie, sia nella realizzazione sia da un punto di vista narrativo: sott’acqua non si parla se non a gesti, la luce arriva solo dall’alto o da alghe e pesci fluorescenti, e soprattutto bisogna fare sempre i conti con l’ossigeno.
James Cameron e il suo cinema immersivo
D’altronde se c’è un regista che anche in passato ha sempre dimostrato di sapere girare anche in acqua è proprio James Cameron: già con Titanic, ma anche col precedente The Abyss, il regista ha mostrato una profonda attrazione verso la profondità degli oceani e ha superato mille difficoltà, a volte rischiando anche più del dovuto, per portare il suo cinema spettacolare e addirittura d’azione sotto il livello del mare. Il risultato anche questa volta, anzi ancor più questa volta, è davvero strabiliante: James Cameron è ormai in grado di girare sott’acqua con una facilità e libertà d’azione che altri registi sembrano non aver acquisito nemmeno in superficie. A costo di sembrare cattivi, non possiamo per esempio esimerci dal dire che una qualsiasi scena d’azione di questo film è probabilmente superiore alla gran parte di quelle che abbiamo visto nell’ultimo decennio: per pulizia e chiarezza, per i movimenti di macchina e direzione degli attori, ma anche per coreografie stesse o utilizzo delle scenografie. Ancora peggio, e ben più inutile, sarebbe confrontare le scene subacquee di Avatar 2 con quelle di qualsiasi altro film, anche recente (Qualcuno ha detto Wakanda Forever?).
Ma che d’altronde il cinema di James Cameron fosse immersivo come pochi altri lo sapevamo già da qualche decennio. È impossibile però notare come, ancora oggi, nessuno abbia un’idea altrettanto chiara di come utilizzare il 3D: non parliamo solo del risultato finale su cui, ovviamente, influisce in modo importante anche il budget; parliamo proprio di un concetto di regia che va oltre che quella classica e che mira ad una profondità di campo come nessun altro film o regista è mai riuscito a fare. E se già con l’eccellente conversione di Titanic in 3D avevamo intuito quanto uno strumento del genere potesse diventare potente in mano ad un maestro dell’action, nella mezz’ora finale di questo Avatar – La via dell’acqua è davvero evidente che Cameron al momento non ha rivali. Come d’altronde dimostra tutto il comparto tecnico del film, a partire dalla CGI della Weta, sicuramente lo stato dell’arte per quanto riguarda qualsiasi cosa mai vista al cinema.
Che poi è quello che avevamo detto anche tredici anni fa per il primo Avatar, ne siamo consapevoli: ma da Cameron non potevamo aspettarci nulla di diverso, se non essere stupiti. E lui c’è riuscito ancora una volta. Nonostante le aspettative altissime, nonostante le critiche preventive, nonostante un’industria cinematografica più in crisi che mai. James Cameron invece va dritto per la sua strada, va addirittura controtendenza e punta tutto sulla magia del cinema e sulle emozioni uniche che è in grado di suscitare. Perché non puoi avere paura dello streaming e del cinema da casa, quando quello che ti interessa davvero è solo portare lo spettatore lontano anni luce dalla Terra. E far scoprire che lì, magari, un po’ di umanità ancora è rimasta.
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La recensione in breve
Avatar - La via dell'acqua è un sequel tanto spettacolare e perfetto da un punto di vista tecnico, quanto narrativamente e tematicamente coerente con quello che era il suo predecessore. Il che significa che si porta appresso gli stessi potenziali difetti e criticità e quindi molto difficilmente farà cambiare idea ai (tanti) detrattori della saga. Ma considerati gli incassi miliardari del film del 2009, siamo certi che anche questa volta, per milioni di spettatori da tutto il mondo, il nuovo film di James Cameron si dimostrerà un'esperienza unica e indimenticabile. Di quelle che ci fanno amare la sala cinematografica e ci ricordano continuamente del perché non possiamo farne a meno.
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Voto ScreenWorld