Nel settembre del 2014 Friends festeggiava vent’anni dalla sua prima messa in onda sulla NBC. Per l’occasione gli arredi, i costumi e il famoso divano furono portati da Los Angeles a New York per andare a ricostruire una sorta di Central Perk. Un vero e proprio evento che è riuscito a mettere in fila per intere giornate tutta la città e di cui ancora si parla.
Per alcuni potrebbe sembrare una follia e, forse, lo è stato. Nonostante questo, però, è chiaro che la serie ha rappresentato un punto di svolta portando sulla scena, per la prima volta, una generazione di ventenni autonomi e al di fuori di qualsiasi logica famigliare. In questo modo, dunque, una porzione d’audience si è sentita finalmente rappresentata, vedendo nei sei protagonisti molte delle aspettative nutrite in quegli anni.
Ecco, dunque, perché, a distanza di vent’anni, è stato normale mettersi in fila e attendere un tempo infinito per sedersi su quel divano diventato iconico, gustare una tazza gigante di caffè e sognare di essere uno dei ragazzi anche se per pochi minuti. Ma quali, tra i sei protagonisti, è stato il più amato dal pubblico? Questa è una delle domande che accompagna spesso le discussioni intorno alla serie tv. Difficile dare una risposta ma, senza alcun dubbio, gran parte delle preferenze sono andate a Chandler Bing. Chiacchierone, ironico, sottilmente caustico eppure tenero nelle sue fragilità di eterno bambino pasticcione.
Nell’immaginario collettivo il suo volto ha continuato ad avere il sorriso lieve di Matthew Perry, fermo a un’eterna giovinezza apparentemente priva di pesantezza. Mai idea è stata più errata. Durante la Réunion del 2020, infatti, abbiamo scoperto come ognuno di loro sia cambiato nel corso degli anni. Nonostante questo, però, è proprio Perry che ha mostrato più di tutti il peso del tempo che non deve essere stato assolutamente facile da sostenere.
Da quel momento sono emersi molti particolari sulle sue problematiche durante e dopo la conclusione della sit com. Tra tutte una dipendenza all’alcol e ai tranquillanti che l’hanno portato ad un passo dalla morte. In quel momento, dunque, ritrovare in lui il lieve anche se complesso Chandler è stata un’impresa quasi impossibile. E la sensazione che si è avuta è di un netto distacco tra personaggio e interprete.
Una considerazione che, però, la biografia sfata completamente. Nonostante tutto, infatti, se c’è un aspetto che Perry salva completamente è proprio la sua appartenenza a Chandler Bing che, ben lontano dall’essere una maschera, per dieci anni è stato soprattutto la parte migliore di se.
Iniziamo da questo, dunque, la nostra recensione di Friends, amanti e la Cosa Terribile, il libro pubblicato da La nave di Teseo e disponibile dall’8 novembre, che rappresenta un viaggio onesto e, a volte, poco piacevole. Oltre il dolore e il forte senso d’impotenza nei confronti delle proprie debolezze, però, Perry dimostra com’è possibile raccontarsi con schiettezza senza cadere in un facile auto compatimento. Anzi, agendo ancora con un grande senso del pudore, l’attore cerca di proteggere se stesso e i lettori con quel sottile senso dell’ironia che lo caratterizza da tutta una vita.
Friends, amanti e la Cosa Terribile
Genere:: Biografia
Pagine: 336
Editore: La Nave di Teseo
Autore: Matthew Perry
La difficile arte del raccontarsi
Per quale motivo leggere la biografia di un attore famoso per essere stato principalmente uno degli interpreti di Friends, una delle serie che ha fatto la storia della televisione? La domanda è assolutamente lecita, soprattutto in virtù del fatto che, trascorsi quei dieci anni di gloria totale, Matthew Perry si è lentamente e sistematicamente eclissato. La risposta migliore, però, l’ha data lui stesso quando, durante la reunion del 2020, ha mostrato le ferite accumulate negli anni e la sua fragilità.
In sostanza, dunque, Friends, amanti e la Cosa Terribile è un vero e proprio atto di coraggio in cui Perry cerca di coprire soprattutto quel lasso di tempo successivo alla serie in un gioco di flashback verso la sua infanzia. Una biografia atipica, che inizia con un momento assoluto di catarsi in cui il dolore fisico e morale lo ha portato ad un passo dalla morte. E, in modo incredibile, la sua sopravvivenza la deve ancora una volta a Chandler. Nessun dottore, infatti, ha accettato l’onta di far morire “il tizio di Friends” nel proprio ospedale.
A raccontare tutto questo in prima persona, in una sorta di flusso di coscienza, è proprio Perry, per gli amici Matty, che non rinuncia certo ad usare quel tono ironico che lo ha sempre definito in ogni fase della sua vita. In questo modo, dunque, sembra ridere di se anche nei momenti più tragici, nei passaggi in cui il suo attaccamento alla dipendenza lo renderebbero un soggetto da commiserare. Ma è proprio questo il pericolo che la sua biografia tenta ostinatamente di rifuggire, riuscendoci sempre.
La lettura, infatti, scorre velocemente e senza scontrarsi mai con eccessi di vanagloria o con la necessità di piangersi addosso. Le parole che Perry ha fermato su carta, infatti, non sono diverse da quelle ascoltate attraverso la bocca di Chandler per dieci stagioni. Una consapevolezza che dimostra quanto, in tutte le sue esternazioni, comprese le più eccessive, sia stato sempre incredibilmente onesto. Un libro, dunque, perfetto per chiunque lo abbia amato, abbia goduto della sua ironia per affrontare con maggiore leggerezza i propri pesi e, oggi, abbia voglia di conoscerlo realmente. Esattamente come ha fatto Lisa Kudrow, la lieve Phebe, che ha firmato la prefazione consolidando così il rapporto di una vita.
Tu ridi, io esisto; storia di un minore non accompagnato
Si dice spesso che una risata salverà il mondo. E, nella maggior parte dei casi, si tratta di un concetto giusto che invita le persone ad affrontare la quotidianità con maggior lievità e senso dell’ironia. Ci sono dei casi, però, in cui l’esercizio del ridere e, soprattutto del far ridere, rappresenta una sorta di difesa, una caratteristica che aiuta ad autodefinirsi di fronte al timore di essere eternamente invisibili. Un meccanismo che inizia fin dagli anni della prima infanzia e che spesso si sviluppa all’interno di un nucleo disfunzionale o, almeno, poco attento.
Questa è proprio la condizione che Matthew Perry si è trovato ad affrontare. Figlio di due genitori troppo belli per passare inosservati in qualsiasi occasione e talmente occupati da mettere le proprie necessità in primo piano, fin da bambino si è trovato a gestire il difficile compito di tranquillizzarli attraverso l’uso della risata. E diciamo che, per sviluppare il senso dell’ironia vivendo in Canada sotto zero per molti mesi l’anno ci vuole veramente un gran talento o un forte senso di disperazione. Quali dei due avrà mosso il giovanissimo Matty?
Da quanto ci viene raccontato attraverso la sua voce, sicuramente entrambi. Ad aggravare la situazione è la sua condizione di figlio di separati con un padre tendenzialmente assente e una madre sempre in partenza. In questo senso, dunque, Matthew ha dovuto convivere da sempre con la costante paura dell’abbandono. La stessa che ha avuto un effetto distruttivo sulle sue relazioni ma che ha contribuito a forgiare il personaggio di Chandler. Fin dalle prime pagine della biografia, infatti, emerge chiaramente come i due si somiglino su molti punti. Tra tutti le problematiche caratteriali legate all’insicurezza che nasce dal divorzio dei genitori.
Non è un caso, infatti, che personaggio e protagonista vivano un rapporto spesso complesso e conflittuale soprattutto con la figura della madre. Un sentimento che entrambi riversano sulle loro relazioni sentimentali sempre disastrose. Per entrambi, infatti, il segreto è lasciare prima di essere lasciati, accettare l’incompiutezza pur di non andare incontro alla sofferenza.
Certo, alla fine Chandler trova in Monica solidità, mentre Matty non è stato altrettanto fortunato. In questo senso, dunque, quando Perry parla degli anni giovanili trascorsi in Canada sembra di vedere il riflesso del Chandler che il pubblico conoscerà in seguito. A fare la differenza una sola variante: la dipendenza dall’alcol.
La Cosa Terribile e Friends
Quando inizi a bere a sedici anni apprezzando il senso di stordimento e leggerezza provato rispetto alla pesantezza del tuo vivere, nulla di buono si prospetta all’orizzonte. Non è un caso, dunque, che Matthew Perry sia diventato, quasi senza accorgersene, prima un bevitore “professionista” e poi un alcolista. Per lui stordirsi con i suoi cocktail preferiti ha avuto quasi un effetto “curativo” rispetto ai pesi sostenuti e alle debolezze comprovate.
Passo dopo passo, però, si è trasformato in un atto distruttivo, in una dipendenza capace di gettarlo in uno stato di agitazione perenne. Nel corso della sua biografia questo rapporto con l’alcol viene chiamato la Cosa Terribile, usando le lettere maiuscole per definire proprio la gravità degli effetti collaterali di un rapporto malato e fuori controllo.
Una mostruosità, però, che Matthew è riuscito a tenere a bada e controllare solo per dare vita a Chandler. Fin dall’inizio, infatti, la consapevolezza di trovarsi di fronte ad un’occasione unica per se stesso e la propria carriera l’ha indotto a misurarsi in un faccia a faccia non sempre facile con la propria dipendenza.
L’immensa gioia di ritrovarsi ogni giorno sul set, di condividere l’esperienza con un gruppo di persone diventato famiglia e di dare voce a un personaggio perfettamente calzante alla propria personalità, l’ha portato a confrontarsi con quel senso di solitudine e abbandono quasi cronico. L’esperienza di Friends, il contribuire alla creazione in modo attivo e la consapevolezza di dover funzionare per un bene comune, dunque, ha finalmente soddisfatto la sua esigenza di essere parte di un insieme.
Così, nonostante la consapevolezza di essere “malato”, ha vissuto quei dieci anni di lavoro e amicizia in una sorta di stato di grazia. Accanto a lui soprattutto il suo Chandler che, lungi dall’essergli “rimasto attaccato come una camicia bagnata”, gli ha offerto la possibilità di costruire e ammirare l’uomo che avrebbe voluto essere, se solo ne avesse avuto la forza.
Così, dopo pagine di sofferenza pura attraversate da un’ironia caustica, si arriva a un capitolo di gioia sincera in cui Perry, finalmente, torna a parlare di quell’incredibile esperienza che gli ha cambiato la vita. Perché a dispetto dei premi vinti da tanti altri attori, delle difficoltà affrontate, delle dipendenze cui ha ceduto, lui sarà sempre Chandler Bing. E non per assenza d’occasioni. Piuttosto per il semplice fatto che sono l’uno parte dell’altro in un bizzarro caso in cui la maschera e il personaggio condividono la stessa anima.
La recensione in breve
In Friends, amanti e la Cosa Terribile, Matthew Perry si mostra con tutte le sue cicatrici di fronte a quel pubblico che lo ha visto conquistare la scena con Friends. Una scelta che ha richiesto coraggio e, forse, anche un pizzico d'incoscienza, La stessa con cui Perry ha sempre vissuto arrivando al limite della sopravvivenza. Nonostante questo, però, è stato capace di consegnare una biografia i cui toni escludono qualsiasi pericolo di compatimento e, soprattutto, provano a narrare una storia non sempre felice con un tocco lieve.
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Voto ScreenWorld