“Il mondo è cambiato”. La Compagnia dell’Anello si apriva con questa frase, pronunciata da Galadriel durante lo splendido prologo del film di Peter Jackson. Succedeva nel 2002 e vent’anni dopo la frase vale doppio. Non solo per una Terra di Mezzo in tumulto, ma per il nostro mondo, sempre più complesso, impaziente e incline al disincanto. Ecco perché nella nostra analisi del significato finale de Gli Anelli del Potere siamo partiti da quella frase sussurrata proprio da colei che ha raccolto il pesante fardello di una serie tv appesantita da aspettative, critiche e confronti ancor prima uscire. Partiremo da quella frase perché Gli Anelli del Potere è stato soprattutto questo: la volontà di riversare un immaginario mitico come quello tolkieniano in una realtà cambiata. Diversa quella degli anni Cinquanta in cui Tolkien scrisse il suo capolavoro. Diversa da quella di vent’anni fa in cui Peter Jackson ci regalò il suo triplice miracolo. Allora cosa ci ha voluto raccontare questo finale de Gli Anelli del Potere? Proviamo a scavare nella cenere del Monte Fato alla ricerca del suo vero significato.
Il volto del Male
L’amalgama. Partiamo dall’emblematico titolo dell’ultimo episodio. Un titolo che incarna tutta la fatica degli autori di uno show ambizioso e rischioso come Gli Anelli del Potere. Autori che, come orafi e fabbri alla ricerca della giusta lega, hanno osato amalgamare tradizione e tradimento, citazioni passate e idee del tutto nuove (per alcuni persino blasfeme). Tra queste c’è la scelta di dare un volto all’Oscuro Signore. Sì, perché Sauron è sempre stato lì, sotto i nostri occhi. Lo ha fatto sotto le false sembianze di Halbrand, re promesso delle Terre del Sud. Un inganno coerente con l’arte mistificatoria di Sauron, che Tolkien ha sempre descritto come un abile manipolatore in grado di cambiare aspetto. Tra l’altro gli indizi che associavano Halbrand all’Oscuro Signore erano tantissimi. Pensiamo alla sua abile manualità da fabbro, che lo avvicina alla fascinazione per la creazione di artefatti da sempre covata da Sauron stesso. Oppure alla sua abilità in battaglia o alle sue indubbie capacità diplomatiche e affabulatorie.
Lo sanno bene un decisamente troppo ingenuo Celebrimbor e soprattutto Galadriel, che viene affascinata e quasi circuita proprio dal suo tanto odiato nemico giurato. Da quell’ossessione testarda che ha mosso l’elfa guerriera per tutta la prima stagione. Ecco, la scelta di mostrarci Sauron in carne e ossa (con tanto di bel faccino) ci è sembrata molto significativa, visto che finora lo abbiamo sempre percepito come un’entità metafisica, ultra terrena, oltre la carne stessa. Puro spirito malefico, che trovava concretezza solo nell’iconico occhio infuocato o nella splendida armatura nera come la pece diventata popolare grazie alla trilogia di Peter Jackson. Sauron era perlopiù astratto, e come tale ancora più inquietante e sfuggente. Adesso invece ha un volto, e soprattutto delle motivazioni molto più sfumate rispetto al semplice dominio sul mondo conosciuto.
La Terra del Grigio
Una scelta che ci porta nella vera Terra di mezzo delineata da Gli Anelli del Potere. Una serie che ha azzardato dipingere zone grigie in un mondo da sempre scisso in Bianco contro Nero come quello immaginato da Tolkien. Tra il Bene e il Male, dunque, ecco la via di mezzo. Ecco il limbo in cui Giusto e Sbagliato si danno battaglia. Ce ne siamo accorti con la confessione finale di Sauron, che dopo la morte del suo malefico padrone Morgoth si è sentito liberato da una morsa e pentito per le sue nefandezze. Almeno in apparenza alla ricerca di una redenzione, Sauron vorrebbe rimediare ai suoi errori dominando La Terra di Mezzo. Ottimi intenti per mezzi sbagliati, insomma, ma pur sempre ottimi intenti. Così pare. E se persino l’emblema del Male Supremo mostra dei sentimenti, lo stesso accade per Adar, ovvero il grande villain della prima stagione. L’elfo caduto si è dimostrato meno mostruoso e banale del previsto. Non il classico cattivo solo per il gusto di essere cattivo, ma una creatura dotata di empatia nei confronti degli orchi, che Galadriel a riflettere sul suo odio cieco nei loro confronti. Anche loro sono esseri viventi con un vissuto, un senso di appartenenza e dei desideri.
Una zona grigia in cui cammina anche la stessa Galadriel, mostrata in maniera molto più terrena e meno divina rispetto alla versione di Cate Blanchett. Un personaggio che non ha fatto breccia nei cuori del pubblico, ritenuta da molti insopportabile per la sua testardaggine ostinata e sventolata di continuo ai quattro venti. Eppure nella sua caparbietà (a volte troppo insistita, è vero) troviamo proprio la chiave di lettura del personaggio. Perché anche colei che in partenza doveva essere la valorosa eroina senza macchia cade in contraddizione. Una donna che si fa dominare dall’odio e dall’ossessione, che diventa cieca e dunque così simile al nemico che stava cacciando e combattendo. Eccola allora la zona grigia. Quella di un mondo più complesso. Non più diviso in Bianco e Nero in cui è facile distinguere il Bene dal Male. Il mondo è cambiato, appunto.
Casa è alle spalle
E arriviamo all’altra grande rivelazione di questo finale di stagione: la vera identità del misterioso Straniero venuto dal cielo. Era la soluzione più ovvia, suggerita dai logori abiti grigi e dagli occhi così simili a quelli di Sir Ian McKellen. Ebbene sì, lo Straniero è Gandalf. Lo Straniero è buono. Nonostante il goffo depistaggio iniziale con le tre sacerdotesse che lo avevano scambiato per Sauron. Finalmente il nostro amato stregone si è rivelato per quello che è (anche se non è stato ancora confermato dagli autori, ma a questo punto sembra lampante). E chi è Gandfalf? O meglio: cosa rappresenta Gandalf? Gandalf non è soltanto il mentore dei mentori che guida, illumina la via e ispira con la sua enorme saggezza. Gandalf incarna il richiamo dell’avventura. È sempre lui che scuote Bilbo e Frodo dal torpore dell’abitudine. È lui che risveglia gli animi e gli invita a vivere il mondo.
Succede anche con l’affettuosa Nori, che ha sempre trovato in Gandalf un animo affine, qualcuno che l’ha spinta a guardare oltre i propri confini. Affascinata dal mistero di un viandante arrivato dal nulla, Nori prende la mano di Gandalf dopo aver abbracciato la sua famiglia, e in quel momento l’avventura può avere inizio. Non un semplice viaggio, no. Quelli si fanno anche da soli. L’avventura va condivisa. E per farlo bisogna partire leggeri. Senza bagagli pesanti. Senza guardarsi alle spalle ripensando a cosa è stato e a cosa è venuto prima. Forse l’invito di Gandalf non vale solo per Noi ma per tutti noi. Lasciamoci alle spalle i libri e i film. Adesso è tempo di un nuova avventura. Da vivere con occhi nuovi e cuore sgombro. Case è alle spalle. Il mondo è (andato) avanti.
E voi cosa ne pensate? Siete d'accordo con le nostre riflessioni?
Se volete commentare a caldo questo articolo insieme alla redazione e agli altri lettori, unitevi al nostro nuovissimo gruppo Telegram ScreenWorld Assemble! dove troverete una community di persone con interessi proprio come i vostri e con cui scambiare riflessioni su tutti i contenuti originali di ScreenWorld ma anche sulle ultime novità riguardanti cinema, serie, libri, fumetti, giochi e molto altro!