Dopo due mesi, è giunta a conclusione su Disney+ la prima stagione di She-Hulk: Attorney at Law, incursione del Marvel Cinematic Universe nel territorio della commedia televisiva (dopo che WandaVision aveva messo alla berlina alcuni aspetti della stessa). Come il fumetto originale (e come vi abbiamo spiegato nella nostra recensione), lo show si avvale della rottura della quarta parete che caratterizza le avventure di Jennifer Walters (in particolare la gestione di John Byrne). E in occasione dell’episodio di commiato, tale stratagemma ha raggiunto il suo apice, di cui vogliamo parlare in questa nostra spiegazione del finale di She-Hulk: Attorney at Law. Attenzione, seguono spoiler!
Da She-Hulk a She-Hub
Inizialmente sembra che il nono episodio di She-Hulk: Attorney at Law si avvii verso il classico finale Marvel a base di azione e scontri fra individui con superpoteri simili. Un elemento che a Jennifer dà fastidio, al che lei interrompe tutto ed esce dal suo “spicchio” di Disney+ per trovare una soluzione, trasformando l’interfaccia della piattaforma streaming in scenografia. Tramite la docuserie Assembled, che periodicamente racconta la realizzazione dei progetti audiovisivi della Casa delle Idee, riesce ad accedere alla sede operativa dei Marvel Studios e se la prende con gli sceneggiatori, i quali affermano di stare solo seguendo le direttive di tale Kevin, evidente rimando a quel Kevin Feige che dall’inizio è stato supervisore creativo del Marvel Cinematic Universe. E, inevitabilmente, arriva il momento in cui Jen pensa che l’opzione migliore sia rivolgersi direttamente a lui. Ma la sorpresa è dietro l’angolo…
… e ora parliamo di Kevin
La cugina di Bruce Banner, infatti, si trova davanti non Kevin Feige, bensì K.E.V.I.N. (Knowledge Enhanced Visual Interconnectivity Nexus), l’intelligenza artificiale che detta legge sui contenuti del MCU. Una trovata che prende i giro i complottisti online, secondo i quali i film e le serie Marvel sarebbero frutto di un algoritmo a livello di scrittura (e qui si pensa al mitico doppio episodio di South Park su come nascono le sceneggiature de I Griffin), e al contempo permette a Jessica Gao e soci di mettere alla berlina quelli che effettivamente sono elementi ricorrenti e ormai stereotipati del franchise, dalla battaglia finale (con o senza raggio che scende dal cielo, a seconda della Fase) agli eroi che sono rimasti traumatizzati dalla morte dei genitori (in particolare i padri). Per completezza, c’è anche Jennifer che chiede quando appariranno gli X-Men – ovviamente senza risposta – e completa il giro di battute autoironiche che includono anche una frecciatina nei confronti del budget per gli effetti speciali. Ma è solo un momento di autoderisione per farci capire in modo buffo che Feige e soci leggono i commenti sul web, o c’è una qualche promessa di cambiamento serio dietro quella sequenza?
Una nuova Marvel?
Al di là dell’algoritmo, la critica maggiore nei confronti del progetto cinematografico della Marvel è che registi e sceneggiatori non avrebbero alcun potere decisionale, motivo per cui i progetti sono “tutti uguali” (affermazione completamente priva di senso, poiché si capisce perfettamente, ad esempio, che i film di Thor non sono tutti dello stesso regista). In realtà, e questo vale per il genere supereroistico in generale, la formula è ricorrente perché si tratta della classica struttura narrativa che, traendo spunto dalle teorie letterarie di Joseph Campbell, caratterizza i blockbuster in generale, al netto di riletture e rielaborazioni specifiche per i singoli titoli. E proprio nel corso della Fase Quattro, che è simile alla Fase Uno in termini di approccio quasi introduttivo, senza pigiare troppo sul pulsante della trama orizzontale che lega tutti i film, si è visto un tentativo di maggiore diversificazione anche in termini di come vengono gestite le tradizionali peripezie narrative.
Questo senza dimenticare che, pur essendoci un piano a grandi linee, nemmeno Feige con il suo enorme potere contrattuale è in grado di controllare tutto (basti pensare alla questione di Spider-Man). E questo finale di stagione, che rompe esplicitamente le “regole” del classico racconto di supereroi, lo segnala con un momento specifico, quando K.E.V.I.N. chiede a Jen di rimanere in forma umana perché il team degli effetti speciali è già al lavoro sul progetto successivo. E come ci ricorda il tema musicale che si sente in quell’istante, tale progetto è Black Panther: Wakanda Forever, forse l’esempio più lampante di film radicalmente cambiato da circostanze esterne. A suo modo, quindi, questo episodio, insieme al lungometraggio di Ryan Coogler, potrebbe fare da ponte tra la Marvel che era, quella che ha ridefinito il modo di pensare i supereroi per il grande schermo, e la Marvel che sarà, che ha bisogno di reinventarsi per rimanere forte all’interno di un mercato in continuo mutamento. E per quella reinvenzione c’è un tocco umano, checché ne dicano gli internauti.
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