Acclamato nel 2020 come una delle opere per la TV più brillanti e originali degli ultimi anni, I May Destroy You arriva finalmente anche in Italia grazie a Sky, per continuare a spiazzare e a conquistare platee sempre più vaste e consapevoli. Se l’abilità nel combinare registri diversi – lo show è fondamentalmente un dramma con un tema doloroso e divisivo, ma è punteggiato da frequenti momenti di humour e pervaso da un’incontenibile gioia di vivere – è forse l’elemento stilistico predominante, la straordinarietà di quest’opera sta nella naturalezza con cui riesce ad essere racconto personale e profondamente umano e lucidissimo manifesto politico allo stesso tempo.
Inevitabile poi che una recensione di I May Destroy You – Trauma e rinascita si trasformi in qualche modo in un panegirico di Michaela Coel, produttrice, autrice, regista e interprete della miniserie, capace tuttavia di farne non uno “one-woman-show” ma una storia corale che racconta in maniera onesta e realistica un gruppo di giovani e il tempo che stanno (stiamo) stiamo vivendo da un punto di vista preciso, con un’intelligenza e una potenza sbalorditivi.
I May Destroy You
Genere: Commedia nera, drammatico
Durata: 30 minuti ca./12 episodi
Uscita: 20 settembre 2022 (Sky)
Cast: Michaela Coel, Weruche Opia, Paapa Essiedu
La trama: una notte a Soho
I May Destroy You prende le mosse proprio in Italia, a Ostia, dove la vivace Arabella, scrittrice e influencer, si separa da un fidanzato un po’ volubile per tornare a Londra, dove l’aspetta una scadenza lavorativa diventata impossibile da ignorare. Dopo il successo travolgente e inaspettato del suo primo libro, Arabella ha lasciato sulle spine i suoi editori che fremono nell’attesa dell’opera seconda. Così la incastrano, e la nostra si ritrova in un lindo ufficio londinese a dare gli ultimi ritocchi al nuovo libro, in realtà ben lungi dall’essere finito. In cerca di distrazioni per contrastare l’angoscia della pagina bianca e del contratto da rispettare, Arabella finisce per raggiungere un gruppo di amici in un bar. Un’ora di fuga dalla responsabilità prima di finire il suo lavoro, questo è il piano; le cose prendono presto una piega inattesa e il suo piano, le sue certezze e il suo corpo scivolano via dal suo controllo.
Arabella riemerge dallo stordimento con il sorriso che sembra sempre contraddistinguerla. Eppure qualcosa è cambiato, un oscuro e sottile turbamento la avviluppa e non tarderanno ad arrivare domande scomode per sé stessa e per i suoi amici. Inizia con venature di mistero, I May Destroy You, e il viaggio verso la consapevolezza in cui accompagniamo Arabella avrà anche per noi esiti sconvolgenti e inattesi.
Le sfide e il cambiamento
Perché, sin da queste prime battute, le domande scomode arrivano anche per noi. Si pentirà, Arabella, della scelta di trascurare i suoi impegni contrattuali, ma soprattutto delle decisioni avventate, dello stile di vita da party girl, del desiderio di scegliere sempre per sé stessa, del rifiuto di essere giudicate e di giudicare gli altri? Nell’andare a fondo nel dramma vissuto da Arabella, e nel processo di accettazione ed elaborazione dell’accaduto, I May Destroy You si affaccia sulla vita e sulle avventure dei suoi amici trasformandosi in una multiforme, urticante e illuminante riflessione sul tema del consenso, sullo stigma che accompagna il trauma e sui limiti dell’accettabilità sociale e del sistema giuridico nei confronti degli episodi di abuso e violenza sessuale.
Dopo che anni di #metoo ci hanno reso insensibili, o forse meno reattivi, a questo tema, il punto di vista di Coel, donna nera e artista poliedrica che abbraccia in maniera sfrontata e impenitente la libertà sessuale della sua generazione, ci offre una sferzata di onestà che si riflette sia nello stile sincopato e moderno dello show – costituito da dodici episodi di trenta minuti perfettamente calibrati – sia nella scelta di rompere continuamente i tabù del corpo e della sessualità, al fine di smascherare ogni forma di oppressione, ingiustizia e ipocrisia.
Senza requie, Coel ci sfida a giudicare i suoi personaggi, a misurare la distanza tra la loro vita e la nostra superiorità morale, fino a creare un malessere che può sciogliersi nella comprensione o deflagrare nella rabbia. La scelta sta a noi.
Il talento di Michaela Coel
Come detto in apertura, non possiamo che emergere dalla visione di I May Destroy You con un’ammirazione sconfinata per questa ragazza anglo-ghanese dai talenti molteplici e dalla visione elettrizzante. Michaela Coel è produttrice, unica sceneggiatrice e co-regista (la affianca Sam Miller, veterano della produzioni BBC) dello show, per cui ha vinto un Emmy e svariati British Academy Television Awards; non meno memorabile e ipnotica è la sua prova attoriale, mutevole e imprevedibile come i cambi di registro del racconto e come la labirintica memoria di Arabella.
In attesa di vederla in Black Panther: Wakanda Forever e di avere notizie dei suoi nuovi progetti di sceneggiatrice, varrà la pena recuperare la deliziosa sit-com/coming of age Chewing Gum. In Michaela Coel, le giovani generazioni spaesate e ansiose hanno trovato una voce rappresentativa e disincantata, e il pubblico televisivo un’artista da tenere d’occhio.
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La recensione in breve
I May Destroy You è una miniserie multiforme e travolgente, che sorprende per la naturalezza dei passaggi di registro, per l'onestà e la modernità del linguaggio, e per il miracoloso equilibrio tra toccante racconto personale e manifesto politico.
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Voto ScreenWorld