Presentato fuori concorso alla 79esima Mostra del Cinema di Venezia, il nuovo film da regista di Olivia Wilde – il secondo dopo il riuscito La rivincita delle sfigate – verrà probabilmente ricordato molto più per le polemiche e i gossip che ne stanno accompagnando l’uscita, che per il suo reale valore. Perché nonostante le interessanti premesse, questa opera seconda si è rivelata una cocente delusione; anche se, come vedremo in questa nostra recensione di Don’t Worry Darling, le colpe maggiori probabilmente sono da attribuire alla sceneggiatura di partenza piuttosto che alla regia.
Don’t Worry Darling
Genere: Thriller
Durata: 123 minuti
Uscita: 22 settembre al cinema (Warner Bros.)
Regia: Olivia Wilde
Cast: Florence Pugh, Harry Styles, Olivia Wilde, Chris Pine, Gemma Chan
Una trama ricca di misteri ma povera di sorprese
Don’t Worry Darling racconta di una coppia di giovani sposi, Alice e Jack, che vivono in una città utopica nel mezzo del deserto chiamata Victory. Ogni giorno lui esce di casa e va a lavorare nell’azienda top secret ideata e gestita dal misterioso e carismatico Frank, mentre tutte le donne rimangono ad occuparsi della casa ed eventualmente dei figli. Questo piccolo paradiso, in cui tutti sembrano essere felici e soddisfatti, rischia di crollare nel momento in cui la donna comincia a fare qualche domanda di troppo: in seguito ad alcune visioni forse legate a un passato che non sembra ricordare più, e dopo aver assistito a un brutto incidente riguardante un’altra delle donne sue amiche, Alice capisce che non può più fidarsi di quello che le viene raccontato.
Già da queste poche righe, ovvero la trama della primissima parte del film, è evidente come si punti molto sull’incuriosire gli spettatori e di conquistarli promettendo risposte ai tanti misteri che sembrano avvolgere la storia. Proprio questo aspetto da thriller psicologico/fantascientifico è forse uno degli elementi più deludenti del film, dal momento in cui la spiegazione finale non solo è sbrigativa, ma soprattutto poco originale.
Per correttezza nei confronti dei nostri lettori e per non cadere in spoiler non graditi, non andiamo oltre con i dettagli: ma vi basti sapere che dal punto di vista di ambientazione e atmosfera i riferimenti sono a film come La fabbrica delle mogli, Pleasentville e The Truman Show, o una serie storica come The Prisoner. Potremmo stare qui a citare una mezza dozzina di titoli molto famosi a cui Don’t Worry Darling si è palesemente “ispirato” (per non dire plagiato) per quanto riguarda temi e contenuti. Tutto questo semplicemente per ribadire come di originale ci sia davvero molto poco; decisamente troppo poco per un film che punta tutto sul mistero e sullo svelamento.
Di omologazione, felicità e femminismo
Considerata questa parte thriller non particolarmente convincente, sarebbe lecito aspettarsi che il punto di forza di Don’t Worry Darling possa essere invece l’approfondimento di alcune tematiche particolarmente attuali e a cui la regista, ma più in generale Hollywood stessa, sembra prestare particolare attenzione: parliamo per esempio di femminismo ed emancipazione femminile, due argomenti che evidentemente sono parte integrante del film. Peccato però che, proprio nel momento in cui il film sembra essere pronto ad affrontare questi temi in modo più diretto ed esplicito, la storia si concluda in maniera piuttosto brusca, lasciandoci con molte domande e dubbi non solo su alcuni sviluppi della trama stessa, ma soprattutto sull’effettivo messaggio che vuole lasciare.
La sensazione è che il finale del film abbia in qualche modo subito dei tagli importanti in fase di montaggio e che a farne le spese sia stata proprio la parte più succosa, quella che, in teoria, avrebbe dovuto interessare di più proprio la regista. O magari questo è esattamente il risultato che desiderava ottenere, preferendo lasciare molto all’immaginazione degli spettatori stessi; rimaniamo però col forte dubbio che questo lasciare tutto in superficie senza mai affondare non abbia affatto giovato al film, anzi probabilmente l’abbia quasi affossato.
Un cast in cui brilla solo Florence Pugh
L’unica grande nota di merito di questo Don’t Worry Darling è la sua protagonista: d’altronde Florence Pugh è un’assoluta certezza già da diversi anni, sia per il cinema più autoriale e indipendente sia per quello mainstream. La sua versatilità e il suo candore conquistano fin dalla prima scena, e come sempre si dimostra bravissima nei cambi di tono, come quando deve passare dall’essere una mogliettina perfetta a una donna sperduta e impaurita. Nonostante questo anche la Pugh non sembra essere al suo meglio o comunque all’altezza di molte delle sue interpretazioni precedenti, probabilmente perché non troppo aiutata né dalla regista né dal resto di un cast non sempre convincente: va detto però che pure in questo caso (vedasi Harry Styles) il problema sembra dipendere dalla sceneggiatura, con una serie di personaggi secondari davvero poco incisivi anche in fase di scrittura e sviluppo narrativo.
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La recensione in breve
Don't Worry Darling potrà anche piacere e divertire un certo tipo di pubblico (soprattutto di giovanissimi), ma è anche un film con difetti e problemi evidenti soprattutto in fase di scrittura. Il finale è poco incisivo, sia a causa di una scarsa originalità che di un montaggio tutt'altro che perfetto. Si salva soltanto la solita convincente Florence Pugh, mentre si tratta di un mezzo passo falso per la regista Olivia Wilde.
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Voto ScreenWorld