Dopo aver aperto l’edizione 2022 del Locarno Film Festival, con un vero e proprio tutto esaurito in Piazza Grande (8000 spettatori all’aperto), il nuovo lungometraggio di David Leitch, stuntman divenuto regista, ha cominciato il suo percorso nelle sale nel mondo intero, con risultati tendenti al discreto (mentre scriviamo queste righe ha già incassato 150 milioni di dollari su scala globale). Un percorso a base di botte e adrenalina, come proveremo a spiegare in questa nostra recensione di Bullet Train.
Bullet Train
Genere: Azione, thriller
Durata: 127 minuti
Uscita: 25 agosto 2022 (Cinema)
Cast: Brad Pitt, Joey King, Aaron Taylor-Johnson, Brian Tyree Henry, Andrew Koji, Hiroyuki Sanada, Michael Shannon, Benito A. Martínez Ocasio e Sandra Bullock
La trama: il treno del destino
Bullet Train inizia con una famiglia addolorata, per l’esattezza un padre alle prese con il figlio piccolo in condizioni critiche, e il di lui genitore (Hiroyuki Sanada) che gli ricorda il dovere di proteggere i propri cari (il bambino non è finito in ospedale accidentalmente). Qualche tempo dopo, a Tokyo arriva un tale Ladybug (Brad Pitt), criminale convinto di essere perseguitato dalla sfortuna. Un suo collega non è disponibile per un incarico, e così Maria (Sandra Bullock) chiede a Ladybug di portare a termine una missione molto semplice: rubare una valigetta a bordo di un bullet train, il treno ad alta velocità che va fino a Kyoto. Facile a dirsi, ma il pacifista Ladybug, che rifiuta di portarsi appresso una pistola perché ha cambiato atteggiamento nei confronti della vita in seguito alla psicoterapia, scopre ben presto di non essere l’unico passeggero a interessarsi a quella valigetta: ci sono vari killer a bordo, alcuni dei quali hanno già incrociato il protagonista in altre occasioni, e a questo punto è inevitabile che inizi a scorrere il sangue prima che il treno arrivi a destinazione…
Il cast: un’avventura corale da morire
Si tratta, innanzitutto, del grande ritorno di Brad Pitt come interprete principale, a tre anni dalla sua ultima apparizione cinematografica importante in Ad Astra (e dopo il suo recente, spassoso cameo in The Lost City, girato come favore per Sandra Bullock che ricambia in questa sede). Un ritorno all’insegna del divertimento e dell’autoironia, quasi una riflessione sulla sua carriera finora (Maria interrompe i vagheggiamenti filosofici di Ladybug con la frase “Mi sa che hai dimenticato che cosa fai per guadagnarti da vivere”), segnata dalla ritrovata consapevolezza che l’attore americano, al netto di vari articoli che lo esaltavano come sex symbol, è sempre stato un caratterista intrappolato nel corpo di una star.
Al suo fianco altri brillanti interpreti, tra cui Aaron Taylor-Johnson e Brian Tyree Henry nei panni di due gemelli assassini (con il primo che ritrova l’accento inglese e si dà all’istrionismo puro con grande appagamento per lui e per noi), e il rapper Bad Bunny, la cui performance ha talmente convinto la Sony che la major lo ha già reclutato per un altro progetto importante (El Muerto, film sull’omonimo personaggio Marvel che fa parte della galleria di cattivi nell’universo di Spider-Man).
Meditare sull’azione
A quasi trent’anni da Speed, anch’esso con Bullock nel cast, siamo di nuovo alle prese con un veicolo inarrestabile in ambito action, con l’ambientazione che è al contempo strumento adrenalinico e fonte di riflessione sul destino dei vari personaggi. Non che la filosofia sia particolarmente profonda: è soprattutto una scusa per passare da una scena di combattimento all’altra, con coreografie action ben congegnate all’interno delle carrozze appositamente costruite per il film (con schermi LED per simulare i paesaggi giapponesi, dato che l’intera produzione si è svolta a Los Angeles, anche per evitare complicazioni con i viaggi durante la pandemia), dove la morte incontra la risata con uno stile che ricorda, ancora una volta, quanto il genere abbia tratto beneficio dal passaggio dietro la macchina da presa di Leitch e del collega Chad Stahelski, stuntmen che hanno a cuore la componente tangibilmente fisica delle macrosequenze e preferiscono gli umani ai pixel.
Visto uno, visti tutti?
Detto ciò, il film – per quanto molto divertente in più punti – sottolinea anche la grande differenza tra Leitch e Stahelski, le cui strade si sono separate dopo il primo John Wick: laddove il secondo cerca di fare qualcosa di nuovo da un progetto all’altro, il primo è all’interno di un meccanismo a ripetizione, da Atomica bionda a Deadpool 2 passando per Hobbs & Shaw, che comincia a mostrare segni di parziale usura. Si potrebbe quasi riassumere questa nuova incursione nell’action come un bignami delle tre avventure di John Wick, tra implicazioni legate a universi espansi e la costruzione di vere e proprie mitologie attorno ai vari assassini. Elementi affascinanti che però sanno di tentativi gratuiti di rimpolpare quello che in fin dei conti vorrebbe essere un semplice susseguirsi di creative botte da orbi a bordo di un treno che, come quello immortalato a suo tempo dai Lumière, procede inarrestabile per stupire e divertire. E tutto sommato ci riesce.
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La recensione in breve
David Leitch torna dietro la macchina da presa con Bullet Train, un film adrenalinico e divertente, che però mette anche in evidenza il meccanismo a ripetizione, un po' prevedibile e usurato, che caratterizza il cinema del regista.
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Voto ScreenWorld