Se c’è una cosa che Vince Gilligan ci ha insegnato in questi anni è che i dettagli, per piccoli che siano, fanno sempre la differenza.
Nelle sue opere nulla è lasciato al caso, tutto si ricollega perfettamente nei particolari più nascosti e quasi impercettibili, perché la differenza tra qualcosa di buono e qualcosa di grandioso sta proprio nell’attenzione ai dettagli. Per questo è riuscito a confezionare prodotti come Breaking Bad e Better Call Saul: due serie che si sono fatte spazio nell’Olimpo del piccolo schermo grazie ad un disegno di rara potenza organica che più volte ha sfiorato la perfezione. Perfezione che, quando si parla di Cinema e Serie TV, non è affatto un dettaglio.
Già in Breaking Bad avevamo visto oggetti apparentemente marginali caricati di un significato secondario, come la targa di un’automobile del New Hempshire che non è solo una targa personalizzata, ma la profezia del destino dei due protagonisti anticipato dal mantra “Live free or die”, vivi libero o muori. In Better Call Saul vediamo Gilligan (ora in collaborazione con Peter Gould) fare lo stesso, soprattutto nella stagione finale, che ha risuonato nell’animo dello spettatore come l’ultimo ritornello della più triste tra le canzoni d’amore: quella che lascia un nodo alla gola, ma che vorresti riascoltare ancora. Curioso che l’ultimo episodio ruoti proprio attorno l’idea di tornare indietro nel tempo, se solo si avesse una macchina che ci permettesse di farlo.
Insomma, anche in Better Call Saul non esistono dettagli di serie A o di serie B, tutto è fondamentale. Così, esattamente come la targa di Breaking Bad, anche un dipinto ricorrente e condiviso dalle due serie diventa simbolo di un destino già scritto: prima quello di Walt, poi quello di Jimmy. Vediamolo insieme, perché alcuni dettagli meritano una discussione, partendo però dai momenti in cui questo dipinto è comparso per la prima volta in Breaking Bad, la serie da cui tutto è iniziato.
Il viaggio dell’antieroe
Nel terzo episodio della seconda stagione (2×03) di Breaking Bad, quando Walter White è in ospedale a causa del cancro ai polmoni, nella sua camera vediamo comparire un dipinto. Raffigura un uomo su una barca a remi che si sta dirigendo verso il mare aperto, mentre una donna, due bambini e un cane lo salutano dalla spiaggia, dove rimangono fermi ad aspettare. Walt si ferma ad osservarlo catturato dal suo simbolismo, quello di un uomo che si allontana volontariamente dalla propria famiglia, che è un chiaro riferimento al nucleo della serie. L’opera infatti venne commissionata appositamente per Breaking Bad come metafora dell’evoluzione del protagonista. Prima di costruire il suo impero della droga Walt era un uomo per bene, ce lo racconta la depressione cromatica del dipinto che passa dai colori chiari e brillanti in primo piano (gli abiti dei figli sono bianchi e azzurri, quello della moglie di un rosso raggiante, avvolto dalla luce) ai toni più scuri e profondi dell’uomo che si allontana verso il blu scuro e il marrone.
Una cosa simile avviene nella serie, in cui vediamo Walt caratterizzato prima dal suo semplice ed ordinario completo beige, poi da abiti sempre più scuri man mano che la sua trasformazione in Heisenberg andava a completarsi. La cosa più interessante però non è ciò che sta facendo l’uomo, quanto più il resto della famiglia che rimane sulla spiaggia ad aspettare. Abbandonata come quella di Walt, non solo da punto di vista morale, ma, alla fine di Breaking Bad, nel senso più totale. Sulla spiaggia rimane anche un cane, compagno di avventura e simbolo di fedeltà. Come l’amico Jesse Pinkman, più volte etichettato e trattato proprio come un cane: prima leale, poi rabbioso, ad un certo punto persino tenuto al guinzaglio.
Un biglietto di sola andata
Quando Walt lo vede per la prima volta il dipinto è in ottime condizioni, perfettamente illuminato nella sua stanza d’ospedale, circondato dalla famiglia che lo ama, dai medici che si prendono cura di lui, persino protetto da un poliziotto delle DEA (Drug Enforcement Administration). Nel corso della serie le cose cambiano però drasticamente, tanto che quando nell’ottavo episodio della quinta stagione (5×08) si imbatte di nuovo in quel dipinto, la trasformazione in Heisenberg è ormai completa. Quel luogo rispettabile che era l’ospedale si trasforma nella buia stanza di un motel, piena di criminali che pianificano di eliminare dieci uomini in due minuti. Il suo è stato un viaggio di sola andata, senza possibilità di tornare indietro, come ci testimonia lo stato del dipinto stesso che ora è deteriorato e in condizioni orribili. Ce lo mostra apertamente la regia (in questo episodio affidata a Michelle MacLaren) con un’inquadratura nel dettaglio, mentre Walt è in uno stato di pace mentale, perfettamente consapevole della sua moralità ormai perduta. Talmente consapevole da rompere quasi la quarta parete buttando giù quel velo di Maya che ci persuade dal pensare che quel dipinto si trovi davvero nello scatolone di qualche magazzino, da tirare fuori all’occasione.
«Da dove pensate che vengano quei quadri? Questo l’ho già visto.
Mi chiedo se si trovino tutti in qualche magazzino gigante da qualche parte.»
La prospettiva di un ritorno (in)atteso
Quando il grande successo di Breaking Bad si conclude nel 2013, Gilligan e Gould prendono la stessa accuratezza nei dettagli della serie madre e la portano in Better Call Saul. Con un uso sottile e sapiente delle immagini, usate come finestre sul destino dei suoi personaggi, riescono a stabilire un legame diretto tra Jimmy e Walt che diventa sempre più evidente. Così, quando nella sesta ed ultima stagione di Better Call Saul si presenta l’occasione, tirano fuori dallo scatolone quello stesso dipinto che in Breaking Bad aveva rappresentato la lenta trasformazione di Walter White in Heisenberg, volendo fare qualcosa di simile con Jimmy McGill e Saul Goodman.
Il dipinto torna sul set portando con sé tutto il suo simbolismo, noi lo vediamo alle spalle del protagonista nel nono episodio (6×09), che però, al contrario di Walter White, non è affatto cosciente del viaggio che sta intraprendendo. O meglio, si ostina a non volerne vedere le conseguenze. Non si accorge neppure della presenza del dipinto e continua a dargli le spalle anche quando, dopo la morte di Howard Hamlin, si trova di fronte ad un bivio che lo porterà a prendere una direzione differente da quella di Kim. Ritorna così il tema della separazione, l’uomo che si dirige verso il lato oscuro mentre la donna rimane sulla spiaggia, in primo piano, a sperare che lui stia bene. Anche la regia, ora di Michael Morris, sceglie una strada diversa rispetto all’esperienza precedente di Breaking Bad, preferendo mostrare la difficoltà nel volto di entrambe le parti: quello di chi parte e quello di chi resta. Il viaggio di Jimmy continua nel corso dello stesso episodio, entro la cui fine la sua trasformazione sarà completa e noi vedremo il Saul Goodman che abbiamo sempre conosciuto ed amato in Breaking Bad. Lo annuncia a gran voce una fotografia leggermente sovrasatura, un arredamento estremamente lussuoso, il dipinto di René-Antoine Houasse raffigurante Minerva e il trionfo di Giove. O meglio, il trionfo di Saul Goodman, che però non è mai stato destinato a perdurare.
Non chiamatelo Saul Goodman
Ancora una volta è stato un dipinto ad avvertirci per tempo della caduta di Saul, ovvero Geometric Abductions di Miles Toland comparso nella seconda stagione. Dopo averlo trovato appeso nel suo nuovo ufficio alla Davis&Main, Jimmy si ferma a guardarlo con la stessa attenzione che Walter White riservò a quello nella sua stanza d’ospedale. Si riconosce nel soggetto, una persona che sta cadendo, scivolando come uno Slippin’ Jimmy che ha sempre infranto le regole ed è ancora una parte importante della sua personalità. Un promemoria della sua vera natura, una profezia di ciò che lo aspetta se continuerà ad assecondarla: cadrà. Ed è caduto ancora, Jimmy, perché solo, in alto mare, non ha trovato null’altro a cui aggrapparsi. Una caduta che gli costa la tanto attesa presa di consapevolezza, la volontà di tornare ad essere James Morgan McGill e scrollarsi di dosso il nome di Saul Goodman. Quello che gli rimane, però, sono 86 anni circondato da quei criminali che per Saul non nutrono altro che rispetto.
Che i dettagli sono fondamentali, dunque, lo sanno davvero anche i muri. Persino quelli che nelle prime stagioni di Better Call Saul sono stati oscurati dall’ombrosa allergia psicosomatica all’elettromagnetismo di Chuck McGill, fratello del protagonista. Ogni volta che incontravamo foto o dipinti, in generale, erano per lo più cornici o immagini parzialmente illuminate. Del resto, non avevamo nemmeno il quadro completo della storia. Ora invece, alla sua conclusione dopo 6 stagioni e 63 episodi, è perfettamente chiara.