In sala troviamo Nope, terzo lungometraggio di Jordan Peele, cineasta statunitense conosciuto per come riesce a portare sullo schermo tematiche di grande valore sociale, sfruttando in modo unico ed originale generi come il thriller e l’horror. Entrambi i film precedenti di Peele – Scappa – Get Out e Noi – si sono concentrati su temi caldi come il razzismo (nelle sue diverse forme) o più in generale sulla differenza di classe così radicata negli Stati Uniti, anche Nope lo fa, ma sposta il focus della sua indagine anche sul mondo dell’intrattenimento e, più nello specifico, su Hollywood (in cui le maestranze nere, seppur presenti fino dagli albori, sono state sistematicamente ignorate), arrivando persino a parlare della ricerca della fama a tutti i costi, una piaga che sembra affliggere la società moderna.
Che cosa accade nel film?
Prima di addentrarci nella spiegazione del finale del film, facciamo un passo indietro e ripercorriamone la trama, in modo da poter poi facilmente inquadrare le diverse interpretazioni che vi forniremo. Come Scappa e Noi, infatti, anche Nope presenta diversi livelli di lettura, altri più chiari e palesi altri leggermente più nascosti.
I protagonisti di questa storia sono fratello e sorella, OJ e Em Haywood (Daniel Kaluuya e Keke Palmer), che hanno ereditato il business di famiglia dopo la scomparsa di loro padre Otis Senior, ucciso da alcuni misteriosi oggetti precipitati dal cielo qualche mese prima dell’inizio dei fatti. Gli Haywood sono allevatori di cavalli per il cinema da generazioni e generazioni, il loro quadrisavolo era infatti presente nei primi frame cinematografici mai realizzati, quelli di Eadweard Muybridge: un fantino che veniva ripreso a cavallo per alcuni secondi. Questo illustre passato renderebbe gli Haywood membri della royalty Holliwoodiana, peccato che il ruolo fondamentale svolto dal loro antenato sia andato dimenticato.
Gli affari per OJ ed Em non vanno però ha gonfie vele: il primo ci sa fare con i cavalli ma non riesce ad interagire al meglio con i clienti, i registi e tutto il circo di personaggi che gli ruotano attorno, Em è invece più spigliata, ma è più interessata ad avere successo in una carriera diversa, entrando nel mondo dello spettacolo come attrice, ballerina e addirittura cantante (come annuncia in una delle sequenze iniziali del film).
Le cose per i due cambiano all’improvviso quando un essere extraterrestre non meglio identificato fa la comparsa nei cieli del loro ranch, nutrendosi sistematicamente di alcuni dei loro cavalli. I due decidono che la presenza dell’UFO potrebbe segnare una svolta in positivo nelle loro vite: riuscire a filmarla gli garantirebbe infatti un nuovo benessere economico ed anche la fama che, soprattutto Em, stanno cercando.
Riprenderlo però non è così semplice: ogni qualvolta il mostro si avvicina, ogni apparecchio elettronico nelle vicinanze smette di funzionare. Trovare i mezzi per immortalarlo sembra quindi essere più complicato del previsto.
In loro aiuto arrivano Angel (Brandon Perea), un tecnico di un negozio di elettronica appassionato di UFO, ed in seguito Antlers Holst (Michael Wincott), un regista ossessionato dall’idea di riprendere l'”impossibile” e di realizzare lo scatto perfetto.
Cosa accade nel finale
Nel secondo atto del film assistiamo ad una vera e propria tragedia. Jupe (Steven Yeun), proprietario di un ranch per turisti lì vicino e ex-star bambino, sapeva da mesi della presenza di quella che aveva identificato come un’astronave e aveva organizzato degli spettacoli in cui, offrendo come esca un cavallo, mostrava agli spettatori come di volta in volta la creatura avrebbe divorato il malcapitato animale. Un giorno però qualcosa va storto: l’alieno arriva più nervoso del previsto dopo che OJ e Em gli hanno dato in pasto un cavallo di plastica, e per tutta risposta si mangia Jupe, la sua famiglia e tutti gli spettatori presenti. A questo punto è assolutamente chiaro come non si tratti di un velivolo ma di una vera e propria creatura, che si nutre di materia organica e sputa quella inorganica che non può digerire. Ecco spiegato quanto accaduto ad Otis Senior, colpito mortalmente da uno degli scarti del mostro. Poco dopo aver sterminato Jupe ed i suoi, il mostro si sposta sul ranch degli Haywood, ricoprendolo dei resti inorganici appartenuti alle sue ultime vittime ed innondando la casa di sangue.
Otis ha però più chiara la situazione ed inizia ad elaborare un piano per attrarre la creatura e poterla fotografare senza incorrere nel pericolo di essere mangiato. Se ci si comporta con lui come se fosse un animale, un predatore estremamente territoriale, è possibile prevederne i movimenti. Il gruppo formato da OJ, Em, Angel e Antlers si organizza quindi per attrarlo e filmarlo (utilizzando una videocamera attivata manualmente): OJ sarà una sorta di esca che, a cavallo, lo porterà nel punto adatto dove poter essere ripreso.
Il piano deraglia con l’entrata in scena di un reporter di TMZ (una nota rivista di gossip), che viene presto risucchiato dal mostro e con la necessità incontrollabile, da parte di Antlers, di attrarlo in una posizione diversa per trovare una luce migliore e poterlo filmare ancora meglio. Ovviamente, non appena uscito dal suo nascondiglio, il regista diventa l’ennesima vittima del mostro volante.
Sta a OJ e ad Em cercare di salvare la situazione: OJ riesce a distrarlo a cavallo mentre Em recupera la motocicletta del reporter e si dirige verso il ranch – ormai disabitato – di Jupe, lì libera in aria un’enorme gonfiabile dalle fattezze di un cowboy che, una volta inghiottito dal mostro, riesce a farlo esplodere dall’interno, eliminandolo definitivamente. Tutto questo non prima di essere riuscita a scattargli una foto, con una macchina azionata manualmente che era presente tra le attrazioni del ranch. Il dubbio su quanto accaduto a OJ è presto tolto, lo vediamo infatti arrivare al ranch poco dopo, sano e salvo.
Hollywood: un’industria che ignora i neri
Passiamo quindi all’interpretazione del film e alla spiegazione del finale di Nope: la critica più evidente che Jordan Peele mette in atto è quella all’industria cinematografica e al patinato mondo hollywoodiano, in cui i neri vengono utilizzati come maestranze da sempre – nonostante abbiano avuto un ruolo importantissimo nel suo sviluppo nel corso dei decenni – ma vengono sistematicamente ignorati e messi in secondo piano.
La prova è il fatto tutti si siano dimenticati del quadrisavolo di OJ ed Em, che fu uno dei padri fondatori del cinema e che – visto che era nero – non venne mai considerato come tale. Il razzismo ed il classismo che Peele ha denunciato nei suoi film precedenti è quindi una delle tematiche portanti di questa sua terza opera, in cui si sposta il mirino sull’industria dei sogni, dove tutto è possibile sì, ma dove non si riesce a lasciare il segno e ad essere ricordati se si è neri.
Dare ad OJ una grande affinità con i cavalli e delle straordinarie capacità da fantino, con cui riesce a salvare la sorella – lasciando che nel finale riappaia tra la nebbia, come in tanti film western facevano gli eroi bianchi -, è il modo di Peele di reclamare il ruolo fondamentale che i neri hanno svolto nell’industria cinematografica fin dai suoi albori, collocando il suo protagonista all’interno di un genere – quello western – considerato tra i più originali e simbolici nel cinema (bianco) statunitense. Sono i neri, nel film di Peele, a dominare e a conquistare il selvaggio West (rappresentato dalla bestia di cui sono le prede), cosa che non gli era stata mai permessa in un’industria e in particolare in un genere in cui ad emergere sono sempre stati solo i bianchi.
Essere visti: la ricerca della fama
Uno degli altri intenti dell’autore è sicuramente quello di rappresentare la ricerca della fama a tutti i costi come una piaga della società moderna. Se i due protagonisti sono guidati dal bisogno di riscatto sociale e dalla ricerca – appunto – di fama per gran parte del film, si “salvano” nel finale nel momento in cui riscoprono il rapporto che li lega, dando più importanza a salvarsi l’un l’altro piuttosto che a cercare lo scatto perfetto (che comunque Em riesce ad ottenere). Nel finale vediamo Em ignorare la foto che ha realizzato, in cui ha immortalato l’alieno in tutto il suo terrificante splendore – e rivolgersi completamente verso il fratello, che è arrivato a cavallo sano e salvo.
La morte di altri tre personaggi ci fa capire però perfettamente dove Peele sta puntando il dito: quella di Jupe, quella di Antlers e quella il reporter di TMZ. Nel primo caso abbiamo un ex star bambino che, nel corso degli anni (come spesso accade) ha perso la fama ed il successo che un tempo deteneva. Ora si è reinventato come intrattenitore in un ranch per famiglie e vorrebbe sfruttare la presenza della creatura aliena per far parlare di sé, per ritornare sulla cresta dell’onda. Ma proprio per questo suo atteggiamento arrogante, per essere accecato dal bisogno di successo, viene presto sbranato, insieme a tutto la sua famiglia e alle persone che erano con lui, dal mostro. Antlers, mosso inizialmente da buone intenzioni, si fa prendere dall’ossessione di trovare la luce migliore e di realizzare la ripresa perfetta, per questo esce dal suo nascondiglio e viene subito sbranato. Il reporter di TMZ, infine (ed è forse l’esempio più emblematico), viene ucciso mentre, invece che preoccuparsi di chiedere aiuto, vuole a tutti i costi ritrovare la sua videocamera.
Se pensiamo alle vecchie macchine da presa, l’alieno nella sua forma finale ricorda in qualche modo questo tipo di oggetto. La bocca tramite cui si nutre, quadrata, potrebbe rappresentare proprio un obiettivo. A nostro parere questo è un altro modo di Peele per parlarci di fama e show business: Hollywood è un mondo che divora le sue star e poi le risputa quando non gli servono più (pensiamo ad esempio agli attori bambini, come Jupe), allo stesso modo di come il mostro alieno risucchia le sue vittime, le digerisce e risputa solo quello che non gli serve (i materiali inorganici che avevano addosso).
La violenza: abbassare gli occhi davanti al predatore
Al centro di questa storia troviamo anche la necessità di raccontare, da parte dell’autore, un certo tipo di violenza sistemica di cui i neri sono le vittime. Nell’approcciarsi al mostro, infatti, scopriamo che l’unico modo per sopravvivere è quello di non guardarlo negli occhi e di abbassare la testa. Il giusto comportamento da adottare se si incontra una bestia feroce, ma anche perfettamente in linea con quello che certe vittime di violenza sono costrette a fare nei confronti dei propri aggressori.
E se in questo caso il collegamento volesse essere quello con la violenza perpetuata dalla polizia nei confronti dei neri? Potrebbe sembrare a prima vista un po’ azzardato come ragionamento, ma se pensiamo a fatti di cronaca ancora piuttosto recenti e chiaro come l’uso di una videocamera abbia rappresentato un momento di svolta nella gestione di questo tipo di ingiustizie. Filmare quello che sta accadendo può servire a denunciarlo: nel caso di OJ e Em, tentare di filmare il mostro è il loro modo per “appropriarsi” della situazione, sconfiggendo la paura e smettendo di essere passivi.
Gordy, la scimmia
Concludiamo soffermandoci brevemente sul ruolo di Gordy la scimmia, uno scimpanzé impazzito durante un programma televisivo a cui partecipava Jupe da bambino. Dopo un momento di follia (scatenato probabilmente dallo scoppio di alcuni palloncini) in cui ha ucciso gran parte del cast e della troupe, Gordy viene massacrato dalla polizia e Jupe salvato.
Perché questo episodio viene inserito nel film? Probabilmente Peele vuole riprendere il significato di una frase che viene ripetuta in un flashback dal padre di OJ: “Alcuni predatori non sono fatti per essere domati.” Gordy è un animale selvatico e non è la sua natura quella di dare spettacolo davanti ad un pubblico. Il massacro che ne consegue è una diretta conseguenza della volontà umana di voler domare a assoggettare specie che ritiene inferiori. E se qui ripensiamo al fatto che – in un passato non poi così lontano – gli esponenti di un certo tipo di razzismo si riferivano ai neri proprio paragonandoli a degli animali, in particolare a delle scimmie, quando accaduto a Gordy può assumere un ulteriore livello di significato.