Quando Mad Max incontra Il tesoro della Sierra Madre: si potrebbe sintetizzare così il film di Anthony Hayes con Zac Efron di cui parliamo oggi. Della saga post-atomica di George Miller ha l’ambientazione, ovvero quell’arido outback australiano in cui Max Rockatansky correva sulla sua V8, nonché il contesto da fine del mondo, con le risorse ridotte a zero e l’acqua e il carburante come beni preziosissimi. Del capolavoro di John Huston invece Hayes eredita la metafora dell’oro come simbolo dell’avidità umana. Il deserto e l’oro sono dunque i due fulcri tematico-emotivi che andremo a indagare in questa nostra recensione di Gold, survival movie appena distribuito nelle sale italiane.

Gold

Genere: Survival thriller
Durata: 97 minuti
Uscita: 30 giugno 2022 (Cinema)

Regia: Anthony Hayes
Cast: Zac Efron, Susie Porter, Anthony Hayes

La trama: in due nel deserto

Una scena di Gold

In un tempo imprecisato, qualche anno nel futuro in cui le principali risorse scarseggiano, il taciturno Virgil (Zac Efron) approda, scendendo da un treno, in uno squallido avamposto, tipicamente western, del deserto australiano dove ha appuntamento con Keith, autista a pagamento che dovrebbe accompagnarlo al Campo (Compound in originale), un luogo dove sembra ci sia lavoro e prosperità. Lungo la strada Keith lo avverte che si tratta di un’illusione e che il Campo è in realtà un luogo infernale di sfruttamento, ma Virgil ribatte che il posto da cui proviene, ovvero l’ovest in cui infuriano le rivolte, non è meglio. Durante il viaggio l’auto di Keith, soggetta a surriscaldamento, si ferma proprio nei pressi di un’enorme pepita d’oro (praticamente un masso) scoperta da Virgil. Essendo troppo grossa da trasportare è necessario reperire un escavatore. Viene dunque deciso che Virgil rimarrà in attesa vicino alla pepita, con esigue scorte di cibo e acqua, mentre Keith, che conosce la zona, andrà in cerca dell’escavatore. Il tempo da passare solo nel deserto è stimato intorno ai 5 giorni: c’è da impazzire.

Un immaginario familiare

Una scena di Gold

La prima cosa da rilevare è l’ambientazione, piuttosto abusata, di un futuro prossimo e imprecisato, arido nonché scarsissimo di risorse, in cui il famigerato proverbio latino Homo homini lupus (forgiato da Plauto) diviene la regola. Non è certo la prima volta che il cinema frequenta scenari del genere, a partire dalla già citata, e insuperata, saga di Mad Max, passando per i molti film post-apocalittici, spesso in location desertiche, come i più recenti Codice genesi (2010) e, soprattutto The Rover (2014), in cui, guarda caso, lo stesso Anthony Hayes recitava un ruolo. Evidentemente quel set, altrettanto desertico e apocalittico, deve aver influenzato l’attore, regista e sceneggiatore, al punto da scrivere una storia che respira le stesse atmosfere. In altre parole ci troviamo in un territorio dell’immaginario cinematografico che conosciamo bene e che, se da un lato non brilla per originalità, dall’altro permette allo spettatore di ambientarsi subito, senza la necessità di tante spiegazioni, cosa su cui, giustamente, la sceneggiatura non si dilunga. Riusciamo dunque a capire il contesto da pochi riferimenti nei dialoghi, senza spiegoni didascalici, e questa è sempre una cosa buona e giusta.

Come Humphrey Bogart

Una scena di Gold

In ogni film in cui ci sono dei personaggi che scoprono una ricchezza aurea improvvisa, l’oro in questione è, quasi sempre, per definizione, maledetto. Non a causa di qualche maledizione soprannaturale ma perché esso diviene causa di avidità, rivalità, invidie e, conseguentemente, azioni abbiette. Ne sapevano qualcosa Humphrey Bogart, Tim Holt e Walter Huston, protagonisti del capolavoro del 1948 di John Huston (figlio di Walter) Il tesoro della Sierra Madre nel quale andavano alla ricerca del metallo giallo nella selvaggia Sierra Madre messicana, tra la natura aspra e i bandidos che depredavano i malcapitati cercatori. Ma la vera minaccia era l’avidità con cui l’oro avvelenava il cuore degli uomini, rendendoli assassini (non diremo chi dei tre, se qualcuno vorrà recuperare il film di Huston).

E Gold non è da meno, nel momento in cui, in nome di una improvvisa ricchezza piovuta del cielo, si è disposti a tutto, a uccidere e a sacrificare se stessi. Il nostro Virgil dovrà passare attraverso prove durissime, cani selvaggi, scorpioni e serpenti, nonché una ostile nomade del deserto, per nascondere e conservare quella enorme e luccicante pietra, simbolo di benessere e al tempo stesso di perdizione morale. Non è un caso infine, nel momento in cui i due protagonisti del film di Hays scoprono l’oro, il fatto che inscenino una sorta di balletto attorno al falò, simile a quello, irresistibile e leggendario, di Walter Huston nella Sierra Madre, già affettuosamente parodiato da Billy Crystal nel dittico Scappo dalla città (1991-94).

Prove iniziatiche

Una scena di Gold

Poiché il sole del deserto gioca brutti scherzi la vicenda, prevedibilmente, assume una piega allucinata. Non a caso la fotografia di Gold, solarizzata fino all’eccesso, richiama le stesse sfumature di quel metallo lucente e maledetto attorno al quale gira tutta la vicenda e che dà anche il titolo al film. Anticamente il metallo legato per antonomasia al Sole era l’oro, e gli alchimisti medievali erano ossessivamente alla ricerca di quell’oro, simbolo di una purezza interiore raggiungibile solo dopo un lungo e doloroso processo di purificazione interiore. E Virgil in effetti sottopone il suo corpo e la sua mente ad altrettante prove che potremmo definire iniziatiche, per raggiungere e conservare il suo oro, simbolo di una raggiunta stabilità interiore, forse irraggiungibile.

Zac Efron si sporca

Una scena di Gold

Quasi parallelamente al percorso del suo personaggio, anche la star Zac Efron, ex-belloccio degli High School Musical, affronta un processo di sporcatura della sua immagine. Se già con l’interpretazione del serial killer Ted Bundy nel 2019 aveva insozzato moralmente la sua caratura di giovane divo, qui invece l’insudiciamento è soprattutto fisico: la faccia di Efron è prima deturpata dallo sporco e dalla terra, poi dalle escoriazioni provocate dal sole. L’obiettivo di Efron è palese: scrollarsi di dosso l’immagine di ragazzo idolo delle teenager e conquistare uno status di interprete maturo e duttile, cosa che gli sta riuscendo molto bene, regalandoci infatti una prova sofferta e intensa, tutta giocata sulla sottrazione e su una fisicità claudicante.

Un godibile survival

Una scena di Gold

Gold si fa seguire bene, sebbene nella parte centrale il ritmo perda un po’ i giri, ma questo è anche fisiologico rispetto alla trama che vede un uomo solo nel deserto. La parte finale rialza convulsamente la temperatura emotiva (non quella del deserto che è già cocente di suo) della vicenda in modo netto e, più o meno, spiazzante. In realtà neanche il finale costituisce una grossa sorpresa, se si considerano le premesse del film e del sotto-genere ‘oro maledetto’, ma rimane un onesto e godibile tentativo nel survival movie.

La recensione in breve

6.0 Spietato

Gold è un survival movie che abita un immaginario cinematografico ben conosciuto e piuttosto abusato ma che, senza fronzoli, porta a casa un onesto risultato, facendosi seguire fino alla fine. Zac Efron prosegue, tramite questo film, con la sporcatura, riuscita, della sua immagine di divo teen.

  • Voto ScreenWorld 6
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Nato nel 1975, Claudio Gargano è un Film-Maker Freelance, critico cinematografico, saggista e docente di Video-Making e Storia del cinema. Laureato in scienze della comunicazione con una tesi in storia del cinema, ha studiato inoltre montaggio presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma con Roberto Perpignani, montatore di Bertolucci e dei Fratelli Taviani. Come Film-maker scrive, dirige e monta alcuni cortometraggi, tra cui "Anime nere", che nel 2007 passa sulle emittenti televisive La 7 e Coming soon, nonché al Festival di New York "41° Parallelo 2007". Realizza Backstage su set cinematografici Rai Cinema e al Napoli Film Festival, durante i quali ha l'occasione di video-intervistare personaggi come Ennio Morricone, Jonathan Demme, Francesco Rosi, Paolo Sorrentino, Pupi Avati, Sergio Castellitto, Nicola Piovani, Laura Morante, Isabella Rossellini, Matt Dillon. Impegnato nelle diverse forme dell’universo audiovisivo (video aziendali, spot, documentari, videoclip, video-montaggi per rassegne, video-installazioni), insegna Video-making nelle scuole come esperto esterno e, dal 2023, Storia e critica del cinema presso l'AOVA, Accademia Professionale di Cinema e Fotografia di Napoli. Come saggista, nel 2013 pubblica, all’interno di un volume collettivo intitolato “Delle coincidenze”, un breve saggio sul concetto di sincronicità junghiana dal titolo "Jung, i Police, I Ching e QUANT’altro". Nel 2011 pubblica sul periodico cartaceo a tiratura nazionale "Tutto Digitale", un diario di esperienze dai Backstage cinematografici. Come critico, dopo aver pubblicato per qualche anno recensioni cinematografiche sulla testata napoletana online "Mar dei Sargassi", nel 2021 inizia la collaborazione con le testate nazionali online di cinema e cultura "Il Meglio di Tutto" e "Screenworld"; dal 2022 collabora con la testata online CinemaSerieTv.it, nonché con lo storico periodico cartaceo Nocturno e relativa testata onilne.