Profondo Rosso è il film più famoso di Dario Argento, e insieme a Suspiria, è considerato uno dei suoi capolavori, un thriller horror ad altissima tensione che è rimasto saldamente nell’immaginario collettivo. Uscito nel 1975, il quinto film del regista romano continua ad affascinare gli spettatori per la sua potenza visiva, per le scene più terrificanti, le ambientazioni suggestive e per la straordinaria colonna sonora dei Goblin. Allo stesso modo il finale del film non smette di sorprendere il pubblico, non tanto per l’effetto sorpresa (dopotutto sono passati più di quarant’anni dall’uscita del film) ma per il modo in cui è stato escogitato e portato sullo schermo. Un’idea semplice ma geniale.
Nonostante il film sia uno dei più discussi e amati del nostro cinema e lo stesso Argento ne abbia parlato in numerose interviste, ad alcuni spettatori potrebbero essere sfuggiti alcuni dettagli del plot e dei misteri che si incastrano nel film tra incipit e conclusione, ed è per questa ragione che abbiamo deciso parlarvene con questa spiegazione del finale di Profondo Rosso, analizzando gli aspetti più importanti della pellicola.
L’indagine al centro del film: l’omicidio di Helga Ullmann
In Profondo Rosso il pianista Marc Daly (David Hemmings) assiste all’omicidio di Helga Ullmann, una parapsicologa che poche ore prima, durante un convegno, aveva dichiarato pubblicamente che tra gli spettatori in sala c’era un assassino, una persona molto pericolosa che a breve sarebbe tornata ad uccidere.
Una sera Daly si trova per strada, insieme all’amico Carlo, e vede la Ullmann, dietro la finestra del suo appartamento, mentre viene massacrata da qualcuno che le spinge la testa contro il vetro. Daly si precipita ad aiutare la signora Ullmann, ma arriva troppo tardi.
La sua personale indagine sull’omicidio lo porterà a conoscere Gianna, una reporter bella, intelligente e un po’ svalvolata (una splendida Daria Nicolodi) e a confrontarsi con altri omicidi, commessi dalla stessa persona che ha ucciso la Ullmann, e una serie di misteri che affondano le loro radici nel passato dell’amico Carlo (Gabriele Lavia).
Il finale e la scena del quadro e dello specchio
Passiamo finalmente alla nostra spiegazione del finale di Profondo Rosso, dando una risposta a tutti i misteri della pellicola.
Nel finale del film, Mark si trova a passeggiare sotto l’appartamento di Helga Ullmann e continua a rimuginare sull’omicidio e sul possibile colpevole. Mark esclude che l’assassino fosse Carlo, anche perché nel momento in cui la Ullmann veniva uccisa era con lui per strada.
Mark decide di tornare nella casa di Helga, ma non si accorge che qualcuno lo segue. Toglie i sigilli della polizia giudiziaria dalla porta e dopo essere entrato, si sofferma a guardare il lungo corridoio pieno di quadri inquietanti, tutti dipinti nello stesso stile, con delle composizioni di volti lividi che sembrano usciti da un girone infernale.
Le attenzioni di Mark si concentrano su un quadro, tra i tanti, che “qualcuno ha fatto sparire perché rappresentava qualcosa di importante“.
Passando davanti ad un corridoio secondario, Mark nota che di fronte ad un quadro, posizionato proprio all’angolo, c’è uno specchio. Lo specchio riflette esattamente il quadro che c’è di fronte e con la sua cornice dorata ovale, a prima vista somiglia anch’esso ad un dipinto, uno dei tanti esposti in quell’appartamento. Questo dettaglio spinge Marc ad un’osservazione più attenta, certo di essere arrivato ad un passo dalla soluzione. Marc solleva un po’ la cornice dello specchio, poi si allontana posizionandosi davanti al quadro retrostante per constatare che il suo volto, nel riflesso allo specchio, sembra integrarsi quasi perfettamente nell’immagine incorniciata, come se fosse un dipinto.
Da questo momento in poi, dovete prestare attenzione, perché il film ci fa vedere un flashback della sera dell’omicidio della Ullmann, quando Marc percorre il corridoio e passa davanti allo stesso specchio. Ora vediamo chiaramente che nel riflesso dello specchio, oltre ai volti del quadro di fronte, c’è anche quello dell’assassino… anzi, dell’assassina, ovvero la madre di Carlo.
Quando torniamo al presente, con Marc ancora di fronte allo specchio che cerca di capire, noi già sappiamo tutto. “Ho visto il volto dell’assassino” dice Marc, e appena si sposta, vediamo che nel corridoio, dietro di lui, c’è una persona vestita di scuro. La madre di Carlo si toglie il cappello, in mano stringe una mannaia affilata, la stessa con cui ha ucciso la Ullmann e altre persone. “Maledetto! Hai fatto uccidere mio figlio… che non c’entrava niente” gli dice la donna, impedendogli qualsiasi via di fuga.
Chi è l’assassino?
L’assassino, come abbiamo detto, è Marta, la madre di Carlo, l’amico di Marc, interpretata da Clara Calamai. Il protagonista l’aveva conosciuta a casa di Carlo, e gli era sembrata una signora gentile, un po’ chiacchierona e svanita. La donna, che è una ex attrice dal passato glorioso, lo accoglie in casa, gli mostra le sue vecchie foto, gli offre qualcosa da bere e poi gli dice che Carlo è da un amico, Massimo.
In realtà Marc ha già incrociato Marta a casa di Helga Ullmann, ma lui non lo sa. Lei era nascosta nel corridoio laterale e lui, passando, non l’ha notata. Ci sarebbe qualcosa da dire sul fatto che una persona passi letteralmente davanti ad un’altra e non la veda, ma chi conosce e ama i film di Dario Argento, sa che spesso alcune trovate possono essere più creative che logiche.
L’assassino si vede anche all’inizio del film?
Molti si sono chiesti se in Profondo Rosso, all’inizio del film, durante la scena dell’omicidio della parapsicologa, si veda effettivamente il volto dell’assassina riflesso nello specchio. La risposta è sì: durante questa scena, nel momento in cui Mark percorre il corridoio con i quadri, Dario Argento ci mostra per pochi secondi il volto della madre di Carlo, solo che lo spettatore che vede il film le prime volte, ovviamente non se ne accorge e lo scambia per uno dei volti del dipinto.
L’omicidio di Natale: la scena durante i titoli di testa e il collegamento con il finale
Durante i titoli di testa di Profondo Rosso, c’è una breve scena in cui vediamo una stanza addobbata per le feste, con un albero di Natale, una tavola e un giradischi che suona una nenia infantile. Sulla parete vediamo l’ombra di qualcuno che si accanisce su un’altra persona, con un coltello. Subito dopo, qualcuno lancia il coltello insanguinato sul parquet, e vediamo anche due gambette, quelle di un bambino, che sopraggiungono al centro della scena.
Anche questa sequenza iniziale trova una spiegazione nel finale, durante la resa dei conti tra l’assassina e il protagonista. La donna spiega che tutto è iniziato molti anni fa e, in una scena del passato, la vediamo più giovane, mentre discute con suo marito, in cucina. L’uomo prova a rassicurare la donna e le spiega che ci penserà lui a portarla in ospedale e che non le accadrà nulla di male. Intuiamo che il marito stia cercando di convincerla a farsi ricoverare in un ospedale psichiatrico. Lei però è irremovibile e ripete, con lo sguardo fisso nel vuoto, che non tornerà in ospedale e che nessuno può costringerla. Il marito cerca di farle capire che è per il suo bene, ma lei continua a ripetere “No“. Quando l’uomo si allontana per raggiungere il figlio nell’altra stanza, sua moglie tira fuori un grosso coltello da un cassetto e lo raggiunge, per poi ucciderlo sotto gli occhi del piccolo.
Il bambino ovviamente, è Carlo da piccolo, e rimane traumatizzato dall’omicidio di suo padre. Un trauma che, azzardiamo, avrà sicuramente avuto un impatto sulla sua psiche, tanto che da adulto cercherà conforto nell’alcool.
La scena di flashback, o meglio la scena dell’omicidio del padre di Carlo, raccontata da Marta, ci illumina quindi su quella breve sequenza che si vede durante i titoli di testa del film. Le ombre che vediamo sulla parete sono quelle dei genitori di Carlo e a lanciare il coltello è proprio il padre, che prova a sfilarselo dalla schiena dopo che sua moglie lo ha colpito con inaudita ferocia.
La scena dell’ascensore
Alla fine di questa sequenza di flashback, l’assassina tenta di uccidere Mark, lo insegue, ma nella concitazione la sua collana resta incastrata nel cancello metallico della cabina dell’ascensore che si trova fuori l’appartamento della Ullmann. Quando il pianista riesce a mettere in funzione l’ascensore, lei viene decapitata dalla sua stessa collana. Una delle scene più famose dell’horror italiano, a tutt’oggi rimasta insuperata.
Quindi Carlo non è l’assassino?
Per tutto il film, Dario Argento gioca con lo spettatore e gli fa credere che alcuni personaggi potrebbero essere potenziali assassini. Gianna Brezzi, ad esempio, è una ragazza molto affascinante, ma un po’ matta e a volte ha reazioni un po’ impulsive. Questo non fa di lei un’assassina, ma sicuramente i suoi atteggiamenti sembrano persino più bizzarri rispetto a quelli della madre di Carlo, quando la incontriamo a casa sua.
Carlo poi è il personaggio più sospetto di tutti, ma non è l’assassino. Il personaggio interpretato da Lavia è tratteggiato come un ragazzo problematico, gravemente alcolizzato, che trascorre le serate buttato per strada a farneticare. Carlo poi ha un amante, Massimo, che durante il suo incontro con Marc, ribadisce certi suoi atteggiamenti strani.
Il confronto finale con Carlo, che resta ucciso in uno spaventoso incidente, contribuisce a rendere ancora più ambiguo il suo ruolo nella storia. Carlo tenta di uccidere Mark dopo che egli ha scoperto degli indizi su un disegno che aveva fatto da bambino, e lo spettatore è portato a pensare che sia lui l’assassino, ma non è così.
Il disegno infantile nella villa, qual è il suo significato?
Il disegno infantile che vediamo nel film raffigura un bambino che regge un coltello sporco di sangue. Accanto a lui c’è un adulto con un grosso squarcio sul petto insanguinato e poi c’è un albero di Natale sullo sfondo. Il bambino rappresenta Carlo da piccolo nel momento in cui alza dal pavimento il coltello utilizzato per uccidere suo padre. Il disegno è volutamente fuorviante e fa pensare che sia stato il bambino (cioè Carlo, che è anche l’autore materiale del disegno) ad uccidere suo padre, ma non è così.
Di chi è lo scheletro murato nella Villa del Bambino Urlante?
Il disegno che vediamo sotto l’intonaco di una parete della Villa del Bambino Urlante. viene scoperto da Mark quando si reca nella sinistra dimora disabitata da anni, e in un certo senso “contrassegna” il punto esatto in cui è stato murato il cadavere del padre di Carlo. Infatti scopriamo il suo scheletro, con indosso la camicia e la cravatta che aveva la sera dell’omicidio, accanto ad un albero di Natale. Successivamente scopriamo lo stesso disegno anche nell’archivio della scuola frequentata all’epoca dal piccolo Carlo, quindi supponiamo che il bambino avesse disegnato più volte le circostanze dell’omicidio di suo padre.
Una piccola curiosità sulla bellissima villa in stile liberty che fa da scenario a queste scene del film: nella realtà si tratta di Villa Scott e si trova a Torino, ne abbiamo parlato anche nel nostro articolo di curiosità su Dario Argento.