Il chirurgo David Cronenberg ci aveva avvisato. Non saremmo entrati in un cinema. Saremmo entrati in sala operatoria. Risultato? Probabile fuga dalla sala, nausea per i più impressionabili, shock davanti a immagini troppo raccapriccianti per stomaci deboli. Non possiamo che iniziare mitigando le parole del sommo David, che forse voleva solo provocare e sollevare chiacchiericcio sul suo ultimo film. Parole che, però, ci hanno fatto varcare la soglia del Festival di Cannes con un certo tipo di aspettative. Attese tradite da un film affascinante, a tratti morboso, torbido dall’inizio alla fine, ma mai davvero sconvolgente come era stato presentato. C’è qualcosa di beffardo nel ricordare che appena un anno fa, qui sulla Croisette, uscivamo scossi dalla visione di Titane, in cui Julia Ducournau dimostrava al mondo di aver digerito e rielaborato la lezione di Cronenberg con un body horror davvero innovativo e moderno. Innovativo e moderno come Crimes of the Future non è mai. Se l’allieva ha superato il maestro, nella nostra recensione di Crimes of the Future cercheremo di capire dove si è fermato il mentore del body horror.
Crimes of the Future
Genere: Horror, fantascienza
Durata: 107 minuti
Uscita: 23 maggio 2022 (Cannes) / da definire (Italia)
Cast: Viggo Mortensen, Léa Seydoux, Kristen Stewart
La trama: quando la chirurgia è sexy
L’essere umano non sente più dolore. Il corpo ha dimenticato ogni pena, impermeabile a ogni forma di sofferenza fisica. L’umanità sta mutando in qualcosa di post-umano. In qualcosa di nuovo e inquietante come tutte le cose ignote. Lo sa bene il performer Saul Tenser, che assieme alla sua partner Caprice sperimenta la creazione di nuove forme organiche da esportare in pubblico dentro veri e propri spettacoli di chirurgia. L’audace coppia entra nel mirino di una setta interessata ai loro esperimenti, dando il via a un noir in cui le sensazioni dominano la narrazione. Questo nonostante Crimes of the future sia un film molto verboso, pieno di frasi simili a slogan, dove i personaggi raccontano quello che vogliono e quello che stanno facendo.
Cronenberg ha il grande merito di calare ogni scena dentro un mondo spoglio, stretto negli spazi, dominato da un senso di morte incombente. È un futuro indefinito e indefinibile, in cui uomini e donne si trascinano a fatica, non provano piacere se non guardando gli altri o mutilandosi per cercare di sentire qualcosa. Uno sforzo che potrebbe toccare anche il pubblico, messo davanti a un’opera più intellettuale che viscerale, interessante negli spunti ma mai approfondita fino in fondo. La sensazione è che Cronenberg apra la ferita senza mai affondare il bisturi, lasciando così più anestetizzati che feriti. Questo perché la carne sul fuoco (anzi, sul tavolo operatorio) è tanta. Il film scomoda il disastro ecologico, l’esibizionismo dei social e il rifiuto della carnalità causato dalla tecnologia, ma finisce soltanto per sfiorare la punta di un iceberg profondissimo.
Show of the Past
Nonostante i suoi interventi chirurgici invasivi, Crimes of the Future carnale non lo è per niente. Cronenberg si mette i guanti, evita di toccare la carne con la carne e fa un lavoro di sottrazione che inibisce il potere erotico di un film imploso dall’inizio alla fine. Una scelta espressiva interessante, coerente con un mondo (il nostro) in cui tutti simuliamo socialità stando lontani e soprattutto neghiamo ogni forma di dolore annegandolo in una felicità forzata da sbattere in vetrina.
Lo spettacolo di noi stessi, la nostra esistenza come eterna performance. È forse questo l’unico legame con l’attualità di questo Cronenberg, che per il resto rimane ancorato al suo vecchio cinema che in passato aveva previsto il futuro meglio di come oggi prende atto del presente. Il regista canadese riabbraccia la sua cara fantascienza rimanendo avvinghiato a un’estetica vintage, in cui emerge un’idea di futuro molto datata. Figlia di almeno trent’anni fa. Gli schermi onnipresenti, l’ossessione della simulazione e l’aspetto dei macchinari richiamano tutte cose già viste e riviste nel suo e in altro cinema (abbiamo pensato molto anche a Brazil di Terry Gilliam).
Il cast si muove a tratti spaesato (Kristen Stewart su tutti) dentro un mondo minuscolo, all’interno di una distopia quasi di quartiere, che non fa mai respirare il suo immaginario sempre chiuso e oppresso. Un sensazione claustrofobica che non abbandona mai il pubblico, invitato a soffrire con i personaggi. Un invito destinato a rimanere inascoltato, perché Cronenberg l’empatia non ha proprio voglia di elemosinarla. Lui sa che a volte non c’è dolore peggiore di quello che non si riesce a provare. È questa la sua provocazione beffarda che ci portiamo dentro. Molto più di quel raccapriccio promesso e mai provato. Quella che rievoca l’anestesia di occhi sempre più difficili da stupire, impressionare e inorridire. Allora tanto vale riprendere i vecchi ferri del mestiere, e partorire un film stanco, vecchio, immobile. Sembra quasi la resa di Cronenberg alle prese con la sua senilità. Il passato ritorna. Il delitto del futuro è compiuto.
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La recensione in breve
A metà strada tra il noir distopico e il body horror, Crimes of the Future riflette sul senso del corpo nella società dello spettacolo. Cronenberg sembra fuori tempo massimo, ma ancora capace di ammaliare con il fascino delle immagini e il peso delle parole.
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Voto ScreenWorld