Instabile, inquietante, pericolosa. Una scheggia impazzita nel multiverso. Scarlet Witch guarda in camera, sfonda la quarta parete e non cerca la complicità di nessuno. Vuole solo essere libera di amare e di colmare quel buco nero che ha al posto del cuore. Una fame d’amore insaziabile che ha reso la strega Marvel un personaggio oscuro, diversa da tutte le altre figure femminili viste nei cinecomic. Un genere finalmente abbastanza maturo da sfuggire ai facili stereotipi, capace di dare forma a un’anti-eroina fiera delle sue disturbanti imperfezioni. Ecco perché Scarlett Witch è un personaggio fondamentale per la rappresentazione delle donne al cinema.
Sotto l’ombra maschile
Negli ultimi tre anni sono cambiate tante cose. Molte in peggio. Altre in meglio. Ad esempio tre anni fa, durante la battaglia finale di Avengers: Endgame, assistevamo al salvataggio di Spider-Man da parte di tutti i personaggi femminili di punta del Marvel Cinematic Universe. Capitan Marvel, Gamora e le altre eroine alle prese con uno dei momenti di girl power forzato più eclatante di Hollywood. Un siparietto alquanto ridicolo, dove si rafforzano solo concetti ritenuti deboli. E quella scena era girata con l’evidenziatore e una ruffianeria davvero fastidiosa. Una sequenza non invecchiata benissimo, figlia del suo tempo. Forse l’apice di quel MeToo che chiedeva al cinema di urlare certi concetti a squarciagola.
Peccato, perché il cinecomic ci ha messo tanto impegno a dipingere personaggi femminili pop esemplari. Figure accessibili per le donne (finalmente con delle protagoniste in cui riconoscersi) e intriganti persino per gli uomini. Perché i compartimenti stagni non servono a niente e a nessuno. Però c’è una costante nelle supereroine viste al cinema finora: sono tutte vincolate agli uomini. Partiamo da Natasha Romanoff, vittima di un sistema di sfruttamento capeggiato da un uomo, che l’ha snaturata in quanto donna, privandola della fertilità. Natasha diventa un’arma infallibile nelle mani di un programma che svuota le donne della loro natura per schiavizzarle. La rinascita di Natasha passa quindi dalla ribellione a quel sistema e, ovviamente, dall’annientamento dell’uomo da cui è nato tutto.
Stesso discorso per Capitan Marvel, che urla a gran voce: “Io non devo dimostrarti niente”. Frase rivolta al suo mentore manipolatore dopo un bel gancio destro. Capitan Marvel è un personaggio che trova la sua forza nel bisogno di spezzare le catene degli uomini. Un’eroina che trova sé stessa soltanto quando riesce a deragliare dai binari imposti dai maschi. Carol Danvers è una regina che non si fa muovere da nessuno sulla propria scacchiera. Una regina che fa scacco matto agli uomini tutta da sola. Ecco, Captain Marvel è forse il film che conferma più di tutti che l’ affermazione femminile ha bisogno di passare dalla negazione maschile.
Dalle parti della Distinta Concorrenza, ecco la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn. Un processo di ricostruzione femminile che si basa sempre sulla rimozione di un uomo tossico come Joker. Quello tra Harley e il pagliaccio del crimine è un amore tossico in cui la donna è subordinata all’uomo in un rapporto di malsana dipendenza da tagliare a tutti i costi. Ecco che il sorriso pazzo di Harley si apre davvero soltanto uccidendo la presenza di Joker, ormai scomparso del tutto e mai citato in The Suicide Squad.
Percorso diverso per Wonder Woman, che vive in un mondo ovattato tutto al femminile. Un microcosmo in cui le Amazzoni l’hanno resa combattiva ma anche ingenua, visto che hanno infarcito la piccola Diana di false credenza sull’umanità. Per capire davvero come funzionano le cose, Diana dovrà sporcarsi le mani. E per farlo avrà bisogno di una guida come Steve Trevor, una bussola fondamentale per aprire il cuore di Wonder Woman verso l’amore per l’umanità. Figura maschile dalla quale non riuscirà mai a staccarsi davvero. Insomma, finora le donne nei cinecomic sono sempre state esaltate grazie alla loro voglia di emanciparsi (Wonder Woman a parte), di togliersi dalle ingombranti ombre delle figure maschili per rinascere più forti che mai.
Rinascere Wanda
Ammettiamolo subito: senza WandaVision il personaggio di Scarlet Witch non avrebbe avuto tempo e modo di essere tratteggiato come si deve. Ce ne siamo accorti durante la scena post-credit di Spider-Man: No Way Home, quando il pubblico ha esultato appena Wanda Maximoff è apparsa nel teaser di Doctor Strange nel Multiverso della Follia. Senza WandaVision quel boato non ci sarebbe mai stato. Prima della serie Disney+ Wanda era relegata in un angolo. Perché il palcoscenico era tutto per gli Avengers. Poi, in pieno lockdown, arriva la sua serie tv, in cui il pubblico era nella sua stessa condizione esistenziale. Stanze, divani, famiglie rintanate in casa. WandaVision ci ha chiuso tra le pareti mentali di una donna alle prese con la sua elaborazione del lutto, che in parte era anche la nostra. Noi alle prese con il vuoto lasciato da Tony Stark ed Endgame, lei con la perdita di Visione e di tutte le vite possibili al suo fianco.
WandaVision è stata una serie significativa, perché ci ha mostrato che un personaggio può essere forte anche quando si scopre debole. Anzi, nelle sue debolezze Wanda ci appare ancora più vera e accessibile. Più vera di qualsiasi supereroina che sbandiera la sua forza. Wanda ci ha aiutato a mostrare il fianco, a non vergognarci di sentirci (e soprattutto apparire) deboli, ad abbracciare il lato brutto delle cose. Senza negare il dolore, WandaVision ha sancito la rinascita di Wanda in Scarlet Witch. Forse il personaggio pop più significativo e rivoluzionario dei nostri tempi.
Libera di sbagliare
La forza della disperazione non conosce limiti. Lo sa bene Scarlet Witch che insegue il suo sogno materno sino a trasformalo in incubo. Ecco, in questa caratterizzazione oscura del personaggio c’è tutta la forza rivoluzionaria di un’icona pop femminile finalmente diversa dalle altre. Scarlett Witch è una donna con il diritto di sbagliare, di farsi odiare, di essere giudicata in errore, di essere temuta e non soltanto esaltata. Forse le catene del maschilismo e del patriarcato si rompono anche così. Non soltanto mostrando i muscoli di donne imbattibili, ma addentrandosi nelle ferite aperte di una persona imperfetta. Sam Raimi e Elizabeth Olsen hanno capito il potenziale iconico di Scarlet Witch, tanto da renderla il vero cuore emotivo di Doctor Strange nel Multiverso della Follia. Un cuore talmente grande e pulsante da eclissare lo stregone presunto protagonista del film. Lo fa in modo del tutto indipendente, senza uomini da cui scappare o da cui svincolarsi, fiera della sua natura di strega inquietante e onnipotente. C’era bisogno di questo coraggio. C’era bisogno di un cinecomic che mettesse in mostra anche la femminilità tossica di una madre vorace, possessiva ed egoista. Una maternità invadente, pestilenziale, egoista. Per una volta portatrice di morte e non di vita.
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