“To a new world of gods and monsters!”

Brinda il dottor Pretorius, alzando un becher di gin nel film The Bride of Frankenstein.

Questa celebre esclamazione inaugura, simbolicamente, un mondo nuovo popolato da creature leggendarie. Un pantheon di mostri che gli Studios Universal Pictures scatenarono sul grande schermo a partire dagli anni Trenta. Forgiando un mito horror destinato a vivere per generazioni, come i traumi personali che quelle creature raccontavano.

Mostri sul grande schermo

Una doppia tavola di Universal Monster: Dracula (James Yinion Iv, Martin Simmonds / saldaPress)

I “Mostri Universal”: Dracula, Frankenstein, la Mummia, l’Uomo Invisibile, il Lupo Mannaro e altri, non sono semplicemente personaggi cinematografici, ma icone culturali intramontabili. O, meglio ancora, specchi delle paure e dei desideri dell’umanità.

Tutto quello che accade al chiaro di luna, racconta un universo straordinario nella sua genesi. Ma è anche vero che, se nessuno può mettere Baby in un angolo, nessuno può sbancare il botteghino puntando su storie stantie che nemmeno il duo Tom Cruise/Russel Crowe può salvare.

Non è Magnolia, ma il monster universe firmato Universal. Una storia che, come i miti narrati in una grotta, echeggia tra le verità e le bugie di un mondo vasto e ricco… visto con gli occhi di Bela Lugosi. Talmente vivido e seminale, che a quasi un secolo dalle loro prime apparizioni queste creature sono tornate a visitare i nostri incubi tramite i fumetti dello Universal Monster di saldaPress, in cui sono già apparsi Dracula, Frankenstein e il Mostro della Laguna Nera.

STORIE DI UOMINI E BESTIE

Universi Narrativi
Sguardo al passato – ©Universal Pictures

L’appetito del pubblico per il macabro affonda le radici già nel cinema muto degli anni Venti, quando la Universal iniziò a specializzarsi in storie di figure deformi e tragiche, come se Arlecchino traesse piacere dalle cicatrici di Colombina.

L’attore Lon Chaney Sr., soprannominato “l’uomo dai mille volti”, inaugurò i proto-mostri dello studio interpretando magistralmente personaggi come Quasimodo ne Il gobbo di Notre Dame e il Fantasma dell’Opera. E forse non è un caso che, entrambi i personaggi, abbiano trovato la loro strada nei musical.

Truccatore di sé stesso, Chaney sacrificò il proprio corpo per dar vita a queste figure: indossò una pesante gobba di gesso per Quasimodo e si sottopose a dolorose protesi facciali per il Fantasma, la cui orrida rivelazione sullo schermo fece svenire più di uno spettatore all’epoca. Anticipando, di qualche anno, altri grandi mostri sullo schermo: Ed Gein e Norman Bates, su tutti.

Queste pellicole dimostrarono che il pubblico poteva empatizzare perfino con personaggi mostruosi, purché animati da sentimenti profondamente umani, come l’amore non corrisposto del Fantasma per Christine.

Su questo assioma, qualche anno più tardi, tra le strade di Guadalajara, un ragazzino di nome Guillermo che viva con il lato più cattolico della famiglia, fonderà il suo impero cinematografico.

STRADE PERDUTE

Mostri
Fascino retrò – ©Universal Pictures

La strada era pronta: Universal capì che l’orrore poteva conquistare i cuori degli spettatori tanto quanto i loro incubi.

All’alba degli anni ’30, la Grande Depressione incombeva sugli Stati Uniti. Ironia della sorte, fu proprio l’orrore gotico a salvare la Universal dal baratro finanziario. Tra il 1930 e il 1933 le presenze nei cinema americani calarono drasticamente. Da 90 a 60 milioni di spettatori settimanali e molti studi cinematografici finirono in bancarotta.

Eppure, in un mondo reale dominato da povertà, disoccupazione e dall’ombra di nuove guerre, la nuova spooky season offerta dalla Universal, offrì al pubblico un motivo per sorridere e distrarsi.

I mostri sullo schermo, per quanto terrificanti, divennero paradossalmente confortanti, perché permettevano agli spettatori di esorcizzare angosce e insicurezze attraverso un viaggio nell’irreale. In questo contesto nascono i due titoli che avrebbero definito per sempre il genere horror al cinema: Dracula e Frankenstein, entrambi del 1931. E l’anno, come spesso succede nella storia dell’horror, non è casuale.

MONSTERS AND CO.

Logo
Terrore in tre parole – ©Universal Pictures

Il 1931 fu l’anno zero del regno dei mostri. Dracula, tratto dal romanzo gotico di Bram Stoker, uscì a San Valentino del 1931 e ottenne un successo clamoroso al botteghino. L’attore ungherese Bela Lugosi, forte del primato nella classifica degli sguardi più carismatici nella storia del cinema, incarnò il Conte vampiro in modo così memorabile da influenzare per sempre l’immaginario collettivo.

Il film incassò circa mezzo milione di dollari, cifra enorme per l’epoca, trasformando Lugosi in una star. Tuttavia, quell’aura sinistra divenne anche la sua prigione: l’attore rimase irrimediabilmente ingabbiato in ruoli da cattivo, faticando poi a trovare parti che non fossero legate al genere horror. Proprio come un altro attore che ha fatto del genere la sua gabbia: Anthony Perkins. Un’unica differenza: Lugosi chiese e pretese di essere seppellito con il mantello del vampiro.

1800 IS THE NEW HORROR

Attori del passato
La mascherata della morte in bianco e nero – ©Universal Pictures

Sull’onda di Dracula, il produttore Carl Laemmle Jr. diede immediatamente luce verde a Frankenstein, molto prima di Netflix e Christian Bale. La lavorazione, com’è giusto che sia in un universo del genere, fu mostruosa.

Inizialmente la Universal voleva Lugosi nel ruolo della Creatura, ma una galeotta pausa mensa fece incrociare il regista James Whale con un attore semisconosciuto, Boris Karloff. Si narra che Whale, vedendo Karloff in mensa, gli abbia offerto immediatamente la parte, esclamando:

“Il tuo volto ha possibilità sorprendenti”

 

L’ANTICO PROMETEO

Parata di mostri
Signori delle Tenebre – ©Image Comics/saldaPress

La scelta si rivelò perfetta. Karloff, sotto il trucco elaborato del leggendario make-up artist Jack Pierce , diede vita a un mostro indimenticabile. Il film debuttò a fine 1931 elettrizzando le platee, grazie soprattutto alla scena del laboratorio, e incassò ancor più di Dracula, superando il milione di dollari di incassi entro il 1932. Il mondo del cinema, come gli umani del mito, riscopriva il fuoco e un buon libro gotico di fianco al camino.

Karloff riuscì a infondere alla Creatura un’inattesa umanità: dietro i grugniti e la goffaggine, il pubblico colse la tragedia di un essere nato senza chiedere vita, spaventato e solo. Anni dopo, lo stesso Karloff avrebbe affermato affettuosamente:

“Il mio caro vecchio mostro… è il mio migliore amico”

OLTRE IL MOSTRO

Collezione Mostri
Stelle da Strani Eoni – ©Universal Pictures

Frankenstein generò anche uno dei seguiti più celebrati nella storia del genere: The Bride of Frankenstein, ancora per la regia di Whale. In questo sequel, considerato da molti un capolavoro persino superiore all’originale, il mostro trasuda pura umanità ed è alla ricerca di una compagna.

La Universal mise in scena la creazione di una sposa per la Creatura (la celebre Bride dall’acconciatura a strisce bianche, interpretata da Elsa Lanchester). Ma il sogno di compagnia si trasforma in tragedia, toccando corde emotive insolite per un film dell’orrore di quell’epoca.

Mentre Dracula e Frankenstein dominavano la scena, altri mostri si univano alla parata macabra della Universal. La Mummia portò sugli schermi ancora Karloff, in un impressionante lavoro di trucco. A differenza di Dracula e Frankenstein, che avevano solide basi nella letteratura gotica ottocentesca, il lich egiziano nacque da una sceneggiatura originale, ispirata alla scoperta della tomba di Tutankhamon nel 1922 e alle leggende sulla “maledizione del faraone”, che fino agli anni ‘90 manterrà il primato tra i miti più amati dal pubblico.

LA MANO INVISIBILE

Monster Universe
Monstruosity – ©Universal Pictures

Infatti, Il film alimentò la mummiamania nel pubblico, complice anche il look spaventoso di Karloff avvolto nelle bende secolari. Un curioso dettaglio tecnico: in un successivo sequel, The Mummy’s Hand, per dare alla Mummia uno sguardo soprannaturale, gli occhi del mostro vennero cancellati a mano frame per frame sulla pellicola.

Sempre nel 1933, la Universal adattò un altro classico letterario: L’Uomo Invisibile, dal romanzo di H. G. Wells. Il film segnò il debutto hollywoodiano dell’attore britannico Claude Rains, anche se paradossalmente il pubblico poté vederne il volto solo per pochi secondi finali: per quasi tutta la durata lo scienziato Jack Griffin rimane letteralmente invisibile.

La sua presenza è suggerita soltanto dalla voce di Rains, sempre più folle, e dagli effetti speciali allora rivoluzionari. Per rendere credibile l’invisibilità, il regista James Whale e il tecnico John P. Fulton studiarono trucchi ingegnosi: ad esempio, Rains indossava una tuta di velluto nero ed era filmato contro sfondi neri mentre toglieva bende e vestiti, così da poter sovrapporre le pellicole e far “sparire” il suo corpo

Ancora oggi le sequenze dell’Uomo Invisibile che fuma o che muove oggetti senza corpo conservano il proprio fascino da bottega degli orrori. Grazie anche a questi tocchi visionari, The Invisible Man fu un altro successo per la Universal, completando la galleria dei mostri classici accanto a vampiri, non-morti e creature create in laboratorio.

LA FATTORIA DEGLI ANIMATI

Poster
I Cinemaniaci – ©Universal Pictures

Negli anni Quaranta, la Universal perfezionò l’arte di dare al pubblico ciò che voleva, espandendo la mitologia dei propri mostri attraverso sequel a ripetizione e sorprendenti crossover. Nel 1941 fece il suo esordio un nuovo tragico antieroe: Larry Talbot, il malcapitato protagonista de L’uomo lupo. Interpretato da Lon Chaney Jr., figlio dell’uomo con cui tutto aveva avuto inizio.

Il Lupo Mannaro di Chaney Jr., coperto di peli grazie al make-up di Jack Pierce, incarna un’altra variante del mostro tragico: l’uomo comune vittima di un destino crudele, costretto suo malgrado a uccidere e a essere ucciso. Chaney Jr. avrebbe ripreso il ruolo di Larry Talbot in numerosi sequel, diventando l’unico attore ad aver interpretato tutti i principali mostri Universal nel corso della sua carriera, non solo il Lupo Mannaro, ma anche Dracula, Frankenstein e persino una mummia in un’importante serie degli anni ‘40.

MASH-UP

Scena da film
Stairway to Hell – ©Universal Pictures

Ma il vero segno distintivo degli anni ’40 fu però la nascita dei “monster mash-up”, ovvero i primi universi condivisi della storia del cinema horror. Già i fumetti dell’epoca iniziavano a far incontrare personaggi diversi, e la Universal portò questa idea sul grande schermo quando il produttore/soggettista Curt Siodmak concepì un film che unisse due sue franchise di successo.

Nacque così Frankenstein Meets the Wolf Man, pensato come sequel sia de L’uomo lupo sia de Il fantasma di Frankenstein. Nel film, il Lupo Mannaro resuscita Frankenstein e i due mostri finiscono per scontrarsi in un epico duello. Il pubblico adorò l’esperimento: la pellicola sbancò i botteghini, convincendo la Universal a proseguire su quella strada e, qualche anno dopo, ad affidare a un’altra casa di produzione il compito di mettere contro Godzilla e King Kong.

Fu l’inizio di un piccolo universo cinematografico ante litteram: seguirono altri incroci affollati, come La casa di Frankenstein e La casa di Dracula, che radunavano in un solo film Dracula, il mostro di Frankenstein, l’Uomo Lupo e persino scienziati pazzi e assistenti gobbi. .

Sul finire del decennio, poi, la Universal fece un’ultima mossa astuta: decise di auto-ironizzare sui propri mostri prima che passassero definitivamente di moda. Fu così che anche la commedia ebbe il suo periodo di splendore, ancora una volta, grazie alla mitologia dei mostri firmati Studio Pictures.

SMELL LIKE A REVIVAL SPIRIT

Poster cinema
Written in the scars – ©Universal Pictures

“La testa dice smetti, il cuore dice fallo”.
La massima ci conduce verso la fine degli anni 2010, quando la Universal tentò di riportare in vita in grande stile il proprio pantheon di creature con un progetto moderno e interconnesso, sull’esempio dei cine-universi dei supereroi Marvel e DC.

“Da cosa ti vesti ad Halloween?”.
Risposta: “Da Kevin Feige”… certo, come no.
Da questo dialogo fittizio, nacque così l’idea del Dark Universe, un universo cinematografico condiviso che avrebbe riunito aggiornamenti contemporanei di Dracula, della Mummia, dell’Uomo Invisibile.

L’operazione ebbe un avvio travagliato: il film Dracula Untold fu inizialmente pensato come primo capitolo, ma la sua accoglienza tiepida spinse lo studio a non considerarlo più canone e, col senno di poi, questa diventerà la scusa per molte case di produzione. Universal e DC, incluse.

A VOLTE NON TORNANO

Wallpaper Universal
Princes of Terror – ©Universal Pictures

Si decise dunque di ripartire da La Mummia, kolossal con Tom Cruise, come inaugurazione ufficiale del Dark Universe. La Universal annunciò in pompa magna il progetto nel 2017, presentando addirittura il logo “Dark Universe”. E, persino, una colonna sonora dedicata composta da Danny Elfman – che con i mostri ha un certo feeling – e un cast stellare per i film futuri: si parlava di Russell Crowe nel ruolo del Dr. Jekyll, Johnny Depp come Uomo Invisibile, Javier Bardem come Frankenstein, e perfino l’ipotesi di Angelina Jolie come nuova Bride.

Purtroppo, però, Gods and Monsters rimase solo una splendida canzone di Lana Del Rey. La Mummia di Alex Kurtzman, nonostante l’alto budget e le ambizioni, fu un flop sia di critica sia commerciale. Incassò solo 80 milioni di dollari negli USA e 409 milioni globali, poco per un blockbuster costato circa 125 milioni più marketing.

Di fronte a questa delusione, Universal mise in pausa a tempo indefinito la pre-produzione già avviata di La moglie di Frankenstein con Bill Condon, e sciolse la “writers’ room” di sceneggiatori che avrebbe dovuto pianificare gli intrecci futuri.

L’idea di un universo condiviso svanì proprio com’era iniziata.

LEGACY

Mostri tra cinema e fumetto
Scream – ©Universal Pictures

Dai castelli in rovina della Transilvania alle paludi della Louisiana, dai laboratori scintillanti di elettricità ai deserti maledetti d’Egitto, l’universo dei mostri targato Universal ha accompagnato intere generazioni in un viaggio al tempo stesso spaventoso e affascinante.

Queste creature, nate dallo schermo in epoche lontane, continuano a vivere nell’immaginario collettivo con una forza mitica. Se ancora oggi, a quasi un secolo di distanza, riconosciamo immediatamente la sagoma squadrata del mostro di Frankenstein o il mantello svolazzante di Dracula, è perché quei film seppero toccare corde universali della nostra psiche.

La paura della morte e dell’ignoto, certo, ma anche la compassione per l’emarginato, la seduzione del diverso, il conflitto tra scienza e etica, il desiderio di sfidare i limiti umani.

E non è un caso che la nuova frontiera dell’horror, a prescindere dalla versione elevated, sia proprio raccontare fiabe nere. Perché, in fondo, spaventarci è ancora il mito più comune, come quello di Prometeo, ma con la paura al posto del fuoco.

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