Se è vero che c’è del marcio in Danimarca, non è che la Normandia se la passi benissimo. Perché tra i suoi nobili castelli e le sue fangose foreste i annidano loschi intrighi e giochi di potere in cui vige solo una legge: quella del più furbo. La storia di Robin Hood, o meglio, la leggenda di Robin Hood ci ha insegnato che il cervello, spesso, conta più della spada. E, ogni tanto, persino di arco e frecce.
Anche quando la violenza sembra la via migliore, la materia grigia che si rivela spesso la migliore alleata per avere la meglio sul nemico. Nel secondo volume di Nottingham (intitolato La caccia) la teoria viene confermata. Perché nel lungo braccio di ferro tra il crudele Principe Giovanni (detto anche “senza terra”) e William (lo sceriffo di Nottingham che si cela dietro l’incappucciato Robin Hood) è soprattutto la giusta strategia ad avere la meglio. Prevedere le mosse altrui, saper gestire la nobile arte della diplomazia e non farsi mai ingannare dall’ira.
Sono queste le vere frecce nell’arco di questo inedito Robin Hood che Brugeas Vincent, Herzet Emmanuel e Dellac Benoît hanno raccontato in chiave nuova. Una via di mezzo tra un what if e un retelling pieno di belle trovate e disegni da lezione del fumetto. Vediamo come continua l’avventura nel secondo albo di questa miniserie che la Sergio Bonelli Editore ha saggiamente portato in Italia.
Uomo contro uomo

Il principe Giovanni ha subito troppi affronti. La sua autorità scricchiola e la figura di suo fratello (re Riccardo), rispettata e temuta, lo soffoca sempre di più. Così, il nostro vile antagonista decide bene di dare la caccia a William Langland, canonico e uomo di fiducia sia del re che del nostro sceriffo di Nottingham. Ha così inizio un effetto domino di eventi che rende questo secondo albo parecchio intricato da seguire senza rileggere l’albo precedente (ne abbiamo parlato qui).
La sensazione è quella di una storia da rigustare davvero appieno quando anche il terzo e ultimo albo sarà arrivato tra le nostre mani. Perché, nonostante il titolo di questo secondo volume faccia presagire più azione, anche La caccia ci porta dentro sotterfugi e rapporti diplomatici molto delicati. L’azione c’è, ma è ben dosata, pronta a esplodere quando serve (dando anche molta soddisfazione quando c’è da punire qualche mascalzone).
Per il resto Nottingham si conferma una storia cappa e spada parecchio insolita, dove le parole servono davvero più delle armi. Verboso senza mai essere prolisso, il fumetto questa volta ci mette in una prospettiva nuova: quella degli uomini di fiducia dei protagonisti. Che significa essere il braccio destro del principe Giovanni? Come gestisce i suoi alleati un uomo come Robin Hood? È una prospettiva interessante, che gli autori portano avanti gettando anche ombre sulla loro condotta. A confermare quanto sia impossibile rimanere puliti in questo Medioevo sporco e spietato.
L’arte del racconto

Se la narrazione richiede spesso una rilettura per comprendere bene ogni singolo passaggio, i disegni magistrali di Benoît Dellac vanno in direzione opposta. Le tavole di Nottingham, in piena continuità con l’albo precedente, sono una lezione di storytelling: fluide, chiare, mai difficili da leggere nonostante la quantità di dettagli presenti in ogni singola vignetta.
L’espressività dei personaggi racconta anche senza bisogno di parole, con occhi e rughe capaci di descrivere bene ogni singolo protagonista. Siamo sinceri: questa è una storia dove, ogni tanto, i meravigliosi disegni non avrebbero bisogno di così tanti balloon. Sì, Brugeas Vincent, Herzet Emmanuel potevano affidarsi ancora di più alle matite del buon Dellac.
Un disegnatore dimostra a suo agio ovunque: prodigo di particolari negli interni e sintetico tra le foreste. Abile nel dare ampio respiro poetico allo splendido paesaggio inglese e poi cruento quando c’è bisogno di mettere in scena la crudeltà dei duelli medievali.
Tutto impreziosito, come sempre, dai sapienti colori di Denis Bechu, le cui tinte donano al racconto un fascino materico. Insomma, questo inedito Robin Hood rapisce, seduce e abbandona nell’arco di 56 tavole. Per questo non vediamo l’ora di leggere il gran finale: per rileggere tutto dall’inizio e sentirci come piacerebbe a Frate Tuck: con la pancia un po’ più piena.