Dove sono finiti i fratelli Russo? Celebrati dai loro successi all’interno del Marvel Cinematic Universe, ascesi all’Olimpo di Hollywood con Avengers: Endgame, i due fratelli sembrano aver perso smalto dopo esser usciti dal franchise supereroico. Le esperienze in ambito streaming non sembrano aver confermato la loro fama, nonostante Citadel sia diventata un’ambientazione su cui Prime Video ha puntato molto. Eppure, instancabilmente, i Russo ci riprovano con The Electric State, che arriva su Netflix con un cast stellare e si ispira all’opera di Simon Stålenhag.

Scelta estremamente coraggiosa, considerato che Stålenhag è un autore tutt’altro che comune. I suoi volumi non sono fumetti o romanzi, ma sperimentazione ibrida di rapidi testi e illustrazioni che ritraggono un mondo distopico. Il fulcro di questa visione è una progressiva analisi di una società retro-futurista decadente, vissuta nell’arco di decenni, e dai toni sempre più graffianti. Un’ambientazione stupefacente sulla carta che aveva già avuto una degna rappresentazione attraverso Tales from the Loop, serie di Prime Video che ha mostrato di aver colto il senso della sua opera. Ai fratelli Russo è stato affidato il momento più duro della narrativa dell’illustratore svedese, The Electric State – confronto bellicoso tra tecnologie impazzite e umanità dalle conseguenze distruttive.

The Electric State
Genere: Fantascienza, Avventura
Durata: 128 minuti
Uscita: 14 Marzo 2025 (Netflix)
Regia: Joe e Anthony Russo
Cast: Millie Bobby Brown, Chris Pratt, Stanley Tucci, Giancarlo Esposito

Viaggio nello Stato Elettrico

Una scena di The Electric State
Una scena di The Electric State – © 2024 Netflix. Used with permission

In una distopica America degli anni ’90, la giovane Michelle (Millie Bobby Brown) vive con l’arcigno tutore affidatario dopo la morte della sua famiglia. Segnata profondamente dalla misteriosa scomparsa del fratello Chris, Michelle sviluppa una resistenza ai dettami di una società fondata sull’interconnesione continua e sostenuta dalla Sentre, società che domina il mondo dopo aver contribuito a sconfiggere i robot durante una guerra avvenuta anni prima.

A stravolgere la ribelle esistenza di Michelle è l’arrivo del robottino Cosmo, che la convince che al suo interno è custodita la coscienza del fratello. Questa rivelazione spinge la ragazza a intraprendere un pericoloso viaggio alla ricerca di Chris, aiutata dal contrabbandiere Keats (Chris Pratt) e dal suo amico robot Herman. Un viaggio attraverso un’America fatiscente, controllata dalla Sentre, il cui CEO Ethan Skate sembra intenzionato a fermarli per impedire loro di svelare i pericolosi segreti della sua azienda.

Ambientazione in cerca di autori

Michelle e Cosmo, i protagonisti di The Electric State.
Michelle e Cosmo, i protagonisti di The Electric State. – © 2024 Netflix. Used with permission.

Apparentemente, ai Russo e Netflix è sfuggito quale fosse l’essenza dell’opera di Stålenhag. Laddove il connubio tra tecnologia e quotidiano veniva analizzato con personalità e una prospettiva intrigante, la nuova proposta di Netflix sembra aver completamente mancato di assimilare i concetti basilari dell’ambientazione – o forse, ci si è limitati a vedere nella complessa narrazione di Stålenhag niente più che uno storyboard da saccheggiare.

Electric State non sarà gradito da chi ha apprezzato l’originale cartaceo. Se da un lato va riconosciuto che l’ermetica scrittura di Stålenhag rende complesso adattare in altri media la sua poetica, dall’altro non si può ignorare che è proprio nella sinergia tra immagini e parole che vive la potenza di questa ambientazione. Una vis narrativa che manca totalmente all’ultima fatica dei Russo.

Nel viaggio di Michelle (Millie Bobby Brown) alla ricerca del fratello manca tutto il vissuto e la profondità di quanto creato da Stalenhag. La sensazione è che si sia puntato eccessivamente alla messa in scena, realizzando scenari che scimmiottano le illustrazioni dell’autore basandosi sin troppo sui colorati scenari di Loop, dimenticando come The Electric State rappresenti una tappa successiva, ben più disincantata.

Il cinema ai tempi dell’algoritmo

The Electric State., il contrabbandiere Keats assieme a Michelle
The Electric State., il contrabbandiere Keats assieme a Michelle- ©2025 Netflix. Used with permission

L’Electric State di Netflix sembra l’ennesima creatura di un algoritmo sempre più tirannico. Possiamo discutere di quanto sia impeccabile e visivamente appassionante il film dei fratelli Russo, o dell’impressionante cast (in live action o come doppiatori) , ma tutto questo non cancella la sensazione di una produzione insufficiente. Temi di grande importanza nel mondo contemporaneo – il rapporto con le IA, isolamento digitale e razzismo di ritorno – si perdono in un maelstrom narrativo confusionario che appiattisce il tutto, portando alla creazione dell’ennesima copia di mille riassunti.

A tradire nuovamente Netflix è il voler continuare a reiterare prodotti che hanno fatto epoca, come Stranger Things o Ready Player One, ripetendo incessantemente la formula – anche richiamando in scena volti che il pubblico associa pavlovianamente a quel successo passato. La nostalgia di Stålenhag è diversa dalla cultura della nostalgia dei Duffer, non è basata sul rimpianto di un periodo da molti nemmeno vissuto e solo idealizzato, ma si fonda su un senso di perdita di una possibilità mai vissuta.

Se i Russo avessero compreso, assieme alla writing room, questo fondamentale passaggio, Electric State avrebbe potuto essere un film di alto profilo. Purtroppo, premendo play ci ritroviamo a vivere un’avventura piatta, canonica, modellata su una sceneggiatura scontata, così banale che difficilmente potrebbe far presa sul pubblico adolescenziale cui Electric State aveva evidentemente puntato.

Occasione mancata

The Electric State, il robottino Herman
The Electric State, il robottino Herman – © 2025 Netflix. Used with permission

Non sono i grandi nomi a fare un film, ma le storie. Sono i momenti emozionanti sinceri, non le posticce costruzioni fondate su retorica e deja vù continui, che altrimenti vanificano anche i migliori talenti. The Electric State spreca attori di valore come Stanley Tucci e Giancarlo Esposito – oramai relegato all’eterno ruolo di villain – affidandogli personaggi stereotipati e prevedibili, privi di un guizzo di autentica umanità. Piagato da queste debolezze, Electric State non è niente più che un film da pigro pomeriggio domenicale.

A uscire sconfitti da The Electric State sono in particolare i Russo, che cercano di convincere gli spettatori di Netflix con un mondo privo di personalità che trae ispirazione da uno dei world building più complessi e articolati degli ultimi anni. Viene da chiedersi se i Russo siano davvero capaci di lavorare su personaggi originali, rendendoli umani. Il loro successo è nato con un franchise basato su uno dei contesti narrativi più longevi e caratterizzati, quello marveliano, ma in ogni loro tentativo di autonoma creazione hanno mostrato di mancare della giusta cifra emotiva.

The Electric State rimane un perfetto esercizio stilistico in termini di CGI e animazione, rappresentazione di un mondo futuro dai toni spesso troppo cartooneschi, ma comunque visivamente godibile. Dove fallisce è nel dare a questo mondo una caratura emotiva, condannandolo a un’assenza di personalità che renderà The Electric State l’ennesimo, dimenticabile prodotto a sparire nello sterminato catalogo di Netflix.

Conclusioni

6.0 Occasione mancata

Electric State è poco più che un esercizio stilistico in termini di CGI e animazione, rappresentazione malconcia di un mondo futuro visivamente apprezzabile, ma dai toni completamente sbagliati. Una produzione che fallisce nel restituire la caratura emotiva dell'autore, svuotando il film di qualsiasi personalità. Electric State sarà l’ennesimo, dimenticabile prodotto a sparire nello sterminato catalogo di Netflix.

Pro
  1. Scene d'azione godibili
  2. Colonna sonora apprezzabile
  3. Visivamente appagante
Contro
  1. Cast imprigionato in ruoli stereotipati
  2. Sceneggiatura priva di personalità
  3. Trama scontata
  • Voto ScreenWorld 6
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Classe '81, da sempre appassionato di pop culture, con particolare passione per il mondo dei comics e la fantascienza. Dal 2015 condivide queste sue passioni collaborando con diverse testate, online e cartacee. Entra nella squadra di ScreenWorld come responsabile dell'area editoria con una precisa idea: raccontare il mondo del fumetto da una nuova prospettiva