Le foreste vivono di ombre. Robin Hood questo lo sa bene. Un personaggio che tra le ombre si è sempre mosso con agilità, abitando una zona grigia tutta sua, a metà strada tra la storia, il mito e la leggenda. E il bello delle leggende e dei miti è che puoi raccontarli come vuoi. Tramandarli come vuoi. Come si faceva una volta attorno ai fuochi. Come si è sempre fatto con le grandi storie.
Storie che cambiano, passando di bocca in bocca, cambiando sempre forma. È quello che avranno pensato Brugeas Vincent, Herzet Emmanuel e Dellac Benoît quando hanno immaginato e dato forma a Nottingham. Lo hanno fatto come alchimisti, cercando a trovando la giusta miscela tra un what if e un retelling. Sì, questo fumetto francese (portato in Italia dalla Sergio Bonelli Editore) rilegge il mito di Robin Hood in modo tutto nuovo senza mai abbandonare il solco del classico. Alzate i cappucci, mettete le frecce nella faretra e partiamo alla scoperta della nostra recensione di Nottingham.
Lo sceriffo ladro

Anno del Signore 1192. Normandia. Mentre il re Riccardo tarda a tornare in patria dalla sua guerra santa, il principe Giovanni(suo fratello) trama alle sue spalle, sperando di rubargli il trono. L’usurpatore cerca appoggi politici e mette sotto torchio la popolazione con tasse da aguzzino, ma un uomo sembra ribellarsi a tutto ciò: lo sceriffo di Nottingham.
Proprio lui, colui che nelle leggende, nelle storie e nei grandi film (animati e non) è sempre stato dipinto come lo spietato braccio destro del mellifluo Giovanni, questa volta è un uomo valoroso, altruista e integerrimo. E soprattutto costretto a gestire due identità. Non una posizione comoda, anzi, ma l’unica possibile per sentirsi davvero nel giusto.
Un cambio di prospettiva per niente forzato, proprio perché gli sceneggiatori hanno calato la narrazione in un contesto pseudo-storico curato e credibile, in cui questo tradimento della tradizione funziona. Merito di una scrittura scrupolosa nel delineare lo scenario socio-politico (che in apertura richiede parecchia pazienza e attenzione, visto la mole di nomi e informazioni sviscerate dal racconti) e abile nell’usare un piccolo stratagemma narrativo. Di fatto la storia dello sceriffo di Nottingham è narrata da una ragazza (non vi sveliamo il suo nome) mentre si confessa una misteriosa anziana. Per cui lo sceriffo nella storia è una storia. È una leggenda raccontata. Proprio come è sempre stata quella del mitico Robin Hood.
Tante frecce nell’arco

Nottingham è una mini-serie di tre volumi da 56 pagine, proposti in grande formato cartonato. Tutto in pieno stile scuola franco-belga con tavole molto piene, molto cariche, ricche di dettagli e vignette. Il che non toglie mai leggibilità a un albo disegnato con assoluta maestria da Benoît Dellac. Il suo tratto è elegante, ma mai troppo accademico, sporco quel tanto che basta per dare credibilità e spessore a questo medioevo balordo e disperato, abitato da gente che o manipola o è manipolata. O vuole ammazzare o sta per essere uccisa. Merito anche di una composizione delle tavole che varia di continuo, senza ripetere mai griglie pigre. Lo storytelling è perfetto per fluidità e capacità di giocare con la regia, alternando campi lunghi (che una foresta come Sherwood rende quasi obbligatorio) e primi piani assai espressivi.
Note di merito per il panneggio di abiti e mantelli, gestiti a meraviglia. Tutto aiutato dalle tinte di Denis Bechu che, senza mai strafare, alternate colori freddi e caldi a seconda dei contesti. Insomma, avete capito che questo albo è come un ottimo antipasto che ti apre lo stomaco.
Finita la lettura, agile ma non così frettolosa (a causa di una certa verbosità della narrazione), ne vorrete di più. Sì, Comics e ci ha fatto venire voglia di prendere altra legna per sederci attorno al fuoco. Per saperne di più di Robin Hood e di uno sceriffo che, forse, per una volta gli assomiglia tantissimo.
La recensione in breve
Nottingham rilegge il mito di Robin Hood in perfetto equilibrio tra innovazione e tradizione. Merito di una storia appassionante e di un comparto grafico che coinvolge dalla prima all'ultima tavola. Peccato per la brevità dell'albo, ma il fumetto resta un assaggio delizioso.
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Voto ScreenWorld