Un umanoide gigantesco prende a cazzotti un Kaiju. Ecco cosa compare sulla copertina dei volumi di Ultramega, serie a base di mostri e titanici combattenti, che saldaPress presenta al pubblico italiano. E con buona pace del caro, vecchio detto ‘non si giudica un libro dalla copertina’, Ultramega è straordinariamente onesto tra quello che la copertina strilla dagli scaffali e quello che troveremo all’interno dei volumi.

Sin dalle prime tavole, si percepisce un’intensa carica adrenalinica, con mostri che combattono in città distrutte e un design dei kaiju ispirato al body horror. Segno che Harren vuole rompere le convenzioni e dare libero sfogo alle sue passioni.

Dal tokusatsu alla fine del mondo

Ultramega in azione
Ultramega in azione – © SKybound

Ultramega rientra all’interno della produzione contemporanea in cui diverse influenze si intrecciano per creare un nuovo linguaggio narrativo. Nel caso di Harren, sono evidenti i dogmi dei citati tokustsu, ovvero i film giapponesi con kaiju e combattimenti tra giganti, cui l’autore lega una trama concettualmente ricca, che si dipana con il giusto rimo.

L’incipit di Ultramega è cruciale per coinvolgere i lettori, creando una sinergia tra un impianto visivo ipercinetico e una narrazione emotiva più drammatica. Il crollo del mondo come lo conosciamo non è un mero strumento narrativo, ma diventa scintilla vitale di un nuovo ordine sociale, che si ripercuote sullo sviluppo della trama.

Quello che sembra un violento distacco dal vecchio mondo diventa una legacy per i protagonisti, costretti a vivere in un mondo nato dalle ceneri del fallimento dell’ultimo Ultramega. Sin dal primo arco narrativo emerge un senso di eredità e destino per i personaggi, insieme a una nemesi storica che prende sempre più forma, quasi che i fallimenti dei padri diventino le occasioni dei figli.

Harren riesce a conferire profondità narrativa a “Ultramega” padroneggiando i fondamenti del genere tokusatsu e adattandoli a una storia moderna e fresca, arricchita da diverse influenze, come lui stesso ha rivelato nell’introduzione del primo volume:

Voglio che questo fumetto somigli a tutto ciò che ho adorato durante la mia adolescenza. La Casa, Robocop, Devilman e l’età d’oro degli anime in OAV. Opere che non venivano necessariamente realizzate pensando al grande pubblico. Opero concepite lontano dagli occhi dell’establishment. Opere che sembravano fatte da nerd all’apice della loro creatività

Harren rende la sua passione per i tokusatsu una scintilla vitale, la modella non limitandosi alla mera riproposizione di un filone narrativo o forzando una rilettura stile Pacific Rim. La sua visione si allarga a un world building preciso, viscerale, che vive di un mondo fatiscente, post-apocalittico per elezione, ma perfetto scenario per un racconto supereorico materiale e spietato.

Kaiju, cazzotti e fine del mondo

Ultramega accarezza energicamente un Kaiju
Ultramega accarezza energicamente un Kaiju – © SKybound

Il dualismo tra oriente e occidente in Ultramega si riflette anche nel disegno di Harren, che combina abilmente uno stile realistico con elementi manga. Una sintesi che non si limita alla definizione dei personaggi, dove il body horror domina in certi aspetti, ma che consente di creare scenari e situazioni sociali di grande impatto.

Una libertà espressiva che Harren sfrutta per muoversi liberamente nelle tavole passando da una gabbia a quattro strisce, a splash pages esplosive. Una vivacità che mette in scena kaiju grotteschi e letali, cui si contrappongono titanici esseri dalle fisicità imponenti, esplosive. Il senso di questa presenza immane è merito anche della perfetta gestione degli spazi, che Harren riempie con dettagli e con l’impressionante dinamismo dei suoi personaggi.

Harren eccelle nella costruzione delle scene di combattimento, dove la distruzione su larga scala sfrutta linee cinetiche, sfondi ricchi e onomatopee, rivaleggiando con gli effetti speciali dei film. Harren dimostra il suo talento anche in scene più tranquille e descrittive, come i riflessi delle luci delle auto nella pioggia, usando scelte di inquadrature e montaggio a supporto della narrazione.

Un varietà visiva che comprende momenti splatter, glorificati dalla colorazione di un maestro del calibro di Dave Stewart. Viola, verde e rosso per gli Ultra mega si contrappongono ai toni più acidi dei kaiju, più sanguigni sino alla presentazione del mondo cosmico.

La colorazione di Stewart è un metronomo dell’intensità della storia, passando dai momenti di calma tenui, ai combattimenti e alle sequenze oniriche dove emergono tonalità più vivaci.

Dove si nasconde davvero il mostro?

Ultramega in tutta la sua potenza
Ultramega in tutta la sua potenza – © SKybound

Nonostante l’intensa vitalità delle tavole di combattimento, è importante riconoscere il merito di Harren nel creare una complessa dinamica sociale, in cui i kaiju e gli Ultramega giocano un ruolo centrale. L’assenza dei protettori dell’umanità ha alimentato un culto dei mostri, rappresentato dal Kaiju Klan, trasformando questi esseri in una casta egoista e compiacente, diventando tiranni edonisti.

E’ forse questo l’aspetto più sorprendente di Ultramega, il felice equilibrio tra muscolarità dei combattimenti ed emotività dei protagonisti. Accompagnata da un linguaggio forte ma mai fuori luogo, questa cifra emotiva attira il lettore, tenendolo saldamente sulle pagine anche negli snodi narrativi più complessi.

Non una semplice storia di mostri, non un classico tokusatsu bensì un racconto colmo di umanità e di grandi interrogativi, che portano a chiederci quanto si possa sacrificare prima di divenire il mostro che stiamo combattendo.

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Classe '81, da sempre appassionato di pop culture, con particolare passione per il mondo dei comics e la fantascienza. Dal 2015 condivide queste sue passioni collaborando con diverse testate, online e cartacee. Dopo una lunga presenza su Cultura Pop, entra nella squadra di ScreenWorld come responsabile dell'area editoria con una precisa idea: raccontare il mondo del fumetto da una nuova prospettiva