Le serie tv hanno un linguaggio ormai ben conosciuto e diffuso in 50 anni di storia: un codice evolutosi a più riprese seguendo i passi di un mondo in costante mutamento. La peculiarità dell’evoluzione di questo linguaggio è che la sua più grande innovazione non risiede nella tecnica visiva, bensì nella tecnica di scrittura delle storie che escono dal piccolo schermo. Le storie di serialità televisiva si sono sempre più incentrate sul racconto dei personaggi (da Tony Soprano a Walter White e Joe Goldberg), capendo solo successivamente che ad attrarre e coinvolgere il pubblico è la possibilità di seguire un testo dinamico che cambia nel tempo, di episodio in episodio, da stagione a stagione – e con esso i suoi personaggi.
Evoluzione che ha portato il professore e teorico Jason Mittell a coniare il termine di complex tv, che come intuibile dalla parola stessa evidenzia un tipo di serialità televisiva complesso, più elaborato, che quindi pone la sua attenzione sul cambiamento di una storia e dei suoi personaggi. Questa innovazione ha portato a nuove tecniche di scrittura dei personaggi e nuovi metodi di coinvolgimento. Si sono, di fatto, creati nuovi personaggi – e il personaggio più rappresentativo di questo nuovo canone è senza dubbio l’antieroe.
Chi è un antieroe?

“Un antieroe può essere sia l’inetto che rifiuta l’azione eroica, quanto colui che non è in grado strutturalmente di compiere l’azione eroica e si copre quindi di ridicolo, ma anche la persona normale o comune che non possiede qualità eroiche e che si trova spinto dalle circostanze ad agire come se fosse un eroe”. – Andrea Bernardelli, professore di Semiotica
Il concetto di antieroe è complesso e articolato: presenta molteplici ambiguità e sfumature, può cambiare la sua definizione per media, storia, o genere in cui viene trattato – da Don Chisciotte al Grinch. In generale si tratta di un personaggio privo di alcune delle caratteristiche più tradizionali dell’eroe (altruismo, idealismo e nobiltà), soppiantate da elementi negativi più assimilabili a un antagonista. Nel contesto televisivo, un antieroe è un personaggio che funge da punto di riferimento per l’allineamento in una narrazione continuativa, nonostante i suoi comportamenti siano origine di un attaccamento ambiguo, conflittuale o negativo.
Si distingue dalla classifica definizione di cattivo perché, anche quando ricopre il ruolo di antagonista, non è mosso da scopi puramente malvagi come il classico nemico. Pur essendo un personaggio conflittuale, che prende una direzione negativa e sta a cavallo tra bene e male, l’antieroe sceglie di opporsi al bene, morale, sociale, convenzionale, per origini positive o quantomeno comprensibili.
Perché passare tempo con uomini disprezzabili?

La domanda sorge spontanea: come facciamo a seguire questi uomini disprezzabili per un tempo non determinato da noi? Certo, si può interrompere la visione, cambiare episodio, andare avanti o non seguire più la storia (d’altronde non siamo al cinema), ma se rimaniamo davanti allo schermo una ragione dovrà pur esserci. Le motivazioni sono soprattutto storiche – nel senso letterario, ma anche nel senso umano: il cinema, la televisione, la letteratura, la pittura e tutti i linguaggi di comunicazione popolare traggono elementi dalla natura umana. I personaggi televisivi, cambiando nel tempo, sono diventati più umani, meno macchietta e più tridimensionali.
Elementi narrativi che affondano le loro radici in concetti di psicologia e sociologia come riconoscimento, moralità relativa, allineamento e intelligenza machiavellica sono ciò che permette al pubblico di continuare a interagire con uomini da cui normalmente si terrebbe alla larga. La principale caratteristica su cui si basano gli antieroi è la moralità relativa: contrapponendo l’antieroe a personaggi esplicitamente più cattivi e disprezzabili, tendiamo a vederne gli aspetti umani riscattabili. Essendo il protagonista della serie, l’antieroe è chiaramente il personaggio con cui passiamo più tempo e siamo allineati, il che permette di avere un accesso esclusivo alla sua interiorità che rende in parte complici delle sue azioni. C’è in questo senso, un rapporto esclusivo tra lo spettatore e l’antieroe, celato agli altri personaggi: se il primo diventa libero di muoversi tra le opinioni dei diversi personaggi, il secondo diventa di conseguenza più comprensibile e aumenta il senso di attaccamento.
Il grande piano

L’ intelligenza machiavellica è un concetto della psicologia cognitiva secondo cui il successo di un individuo all’interno di un ambiente socialmente complesso dipende dalla sua capacità di manipolare gli altri. Questa capacità viene sfruttata dagli antieroi per trarre un vantaggio da situazioni complesse e uscirne vincitori, riaffermando così la loro posizione e risultando più attraenti e ammirevoli. Meccanismi comuni alla narrativa seriale moderna, da Walter White al Pinguino di Colin Farrell.
Gli antieroi sono spesso personaggi intelligenti e astuti che ricoprono un ruolo di potere (o ci arrivano nel corso della storia). Grazie al mondo della finzione il pubblico riconosce la natura fittizia della serialità televisiva e per questo prova fascinazione anche per il più corrotto dei personaggi. La natura della serialità televisiva riesce a rendere più labili i confini tra i personaggi: per natura intrinseca di questa evoluzione del medium, si induce lo spettatore verso un coinvolgimento a lungo termine che a volte può creare un effetto parasociale. I personaggi vivono al di fuori dello schermo, al punto da esser ritenute persone che potrebbero veramente esistere nella realtà ed essere usate come esempi per nostre situazioni quotidiane.
I nuovə antieroə

Prendendo spunto dall’evoluzione delle storie cinematografiche in una prospettiva più al passo con i tempi, la serialità moderna si è scoperta capace di parlare a un pubblico popolare in maniera diretta, raggiungendo una portata completamente fuori scala. Il linguaggio televisivo, attraverso il suo particolarissimo elemento attrattivo, ci permette di trarre insegnamenti e riferimenti che rimangono più tempo al di fuori dello schermo, ricavando dalla visione e dal rapporto con i personaggi un’esperienza emotiva più intensa. Sarebbe interessante valutare l’evoluzione dell’antieroe in un’ottica più femminile, dato e che a oggi gli esempi restano generalmente pochi – Fleabag, Killing Eve e Rebecca di Crazy Ex-Girlfriend sono sicuramente fra i più rilevanti.
In futuro si potrebbero pensare nuove modalità per instaurare un rapporto tra pubblico e personaggi capace di elevare l’immersione narrativa verso nuove prospettive. Potrebbero rientrare in gioco le tecnologie più moderne come le grandi innovazioni digitali e AI, ma il valore intrinseco dell’opera (così come dei suoi personaggi) partirà sempre dal legame che la scrittura, la storia, stabilisce con i suoi interpreti e i suoi consumatori.