La tradizione gotica, che ha inizio nel XVIII secolo, esplora le trasgressioni nel paesaggio sociale europeo. Le ansie culturali sono rappresentate come mostri, topoi, e il genere diviene rapidamente popolare per la sua capacità di affrontare le preoccupazioni sociali attraverso la loro drammatizzazione. Prendendo come esempio il romanzo gotico per eccellenza, Frankenstein di Mary Shelley (1818), la sua ascesa avveniva in un momento di progresso scientifico in cui l’autonomia corporea femminile veniva discussa in quanto questione morale.

Allo stesso modo, Dracula di Bram Stoker (1897) utilizza il vampiro come segno di moralità (o di sua mancanza) per esplorare il desiderio sessuale vittoriano. La storia non riguarda realmente Dracula, ma le vittime per le quali conserva i suoi impulsi libidici. All’epoca si pensava che l’eccesso di conoscenza del progresso scientifico avrebbe potuto portare al disastro. Il genere ha origine come modo per commentare allegoricamente la privazione economica, sociale e politica in Gran Bretagna e fu reso popolare nel XIX secolo quando migrò verso ovest, nelle Americhe. È caratterizzato da temi di evasione e disperazione e cerca di affrontare la sottocultura, ed è inoltre noto per proiettare sentimenti di alterità su un corpo che la società considera diverso.

Il gotico europeo

gotico europeo
L’anima gotica della letteratura moderna

Attraverso i suoi ambienti, il gotico dà forma visiva alle paure di sé attraverso delle immagini distorte della realtà che diventano grottesche. Mentre il tradizionale gotico europeo e la sua controparte americana hanno influenze culturali diverse, essi condividono molti temi e motivi – nel contesto americano, il gotico si concentra su fonti più semplici di terrore, come la povertà e la follia dei suoi personaggi, per esplorare la natura umana. La tradizione gotica si è sempre concentrata sul macabro, ma la principale differenza nella forma moderna rispetto a quella tradizionale è un approccio più realistico e razionale nel commentare la società.

Il gotico tradizionale è anche noto per trasformare il mostro temuto in un eroe attraverso l’identificazione positiva con coloro che sono tipicamente diversi/e. Con questa romanticizzazione dei cattivi e degli eroi, le autrici femministe hanno guadagnato popolarità grazie al gotico iniziando a scrivere storie che presentavano la follia femminile attraverso la persecuzione.

Il gotico e le donne

Una scena di The Innocents – © 20th Century Fox

È molto interessante come il gotico racconti delle donne che vengono disciplinate attraverso una performance di genere volta a placare lo sguardo maschile. Il gotico americano si è spostato presto verso l’horror psicologico, con un senso di alienazione e paranoia e un’esplorazione del lato oscuro della cultura e della società americana attraverso narrazioni realiste. Dopo l’ondata di attivismo femminista durante la seconda guerra mondiale, le donne americane che erano entrate nel mondo del lavoro sono spinte a tornare alla vita domestica, ma faticano a riadattarsi ai rispettivi ruoli nella sfera privata e pubblica dopo la guerra: il gotico inizia a esplorare questi sentimenti.

La presenza della “donna pazza” come protagonista pone il dolore femminile al centro di un’analisi culturale. Le rappresentazioni gotiche delle lotte femminili mostrano le complicazioni dell’esistenza al di là della sfera domestica e del tradizionale ordine patriarcale, un problema che Shirley Jackson avrebbe poi affrontato attraverso tutta la sua opera.

Il femminismo gotico di Shirley Jackson

Una scena di Gli invasati – © Metro-Goldwyn-Mayer

Il femminismo gotico si occupa delle tensioni culturali che contribuiscono a un cambiamento o a una perdita di identità. In quanto scrittrice emergente e madre, l’identità di Shirley Jackson era divisa tra i numerosi ruoli che era costretta ad assumere nella sua vita. In questo senso, Jackson esplora il desiderio e l’espressione femminile nelle sue storie come mezzo per ottenere agency nella sua stessa vita. Inoltre, il nuovo gotico femminile americano di Jackson presenta protagoniste le cui personalità si disintegrano nel tentativo di gestire la propria identità e il proprio ruolo nel mondo. La sua biografia fornisce informazioni sui contesti sociali e psicologici che definiscono le aspettative che lei esplora nei suoi racconti.

Analizzando le condizioni della casalinga, l’autrice evidenzia i termini culturali e sociali che definiscono e limitano il “sé”, tanto importante nei suoi racconti. E, attraverso questi racconti, Jackson cerca di catturare le pressioni che perseguitano la casalinga e le impediscono di scoprire se stessa. Tra fiction e memoir, le sue commedie horror domestiche sono resoconti episodici della vita familiare suburbana. I suoi successivi racconti e romanzi si basano sui modi in cui la femminilità viene sfruttata e usata per opprimere. Inizialmente scritti e pubblicati come segmenti di riviste, i primi racconti di Jackson dimostrano la sua capacità di infondere comicità nelle descrizioni di eventi quotidiani. Queste saghe familiari sovvertono la classificazione poiché combinano realismo e satira. Scritta nel 1953, Life Among the Savages descrive le sfide quotidiane che lei stessa ha dovuto affrontare come casalinga nel Vermont.

Sfera domestica e maternità

Shirley Jackson e i suoi figli

Jackson aveva un rapporto teso con i suoi figli. Oltre ad ammettere che avrebbe voluto non averne, le sue cronache familiari rivelano ulteriori ansie sulle relazioni familiari e sugli effetti distruttivi che il ruolo della casalinga le provocava. La realtà descritta da Jackson nella sfera domestica offre una riflessione non modulata su quanto la sua identità sia legata alla sua casa. Il suo linguaggio sottolinea la mancanza di controllo che ha nella vita e i modi in cui è imprigionata nel suo ruolo di madre e casalinga. È interessante che esprima il suo desiderio immaginativo di vivere una vita alternativa senza gli elementi che la legano alle dimensioni costitutive del suo ruolo in casa.

Jackson usa il gotico femminile per cambiare prospettiva sulle sue ansie replicandole in modo fantasioso nelle sue narrazioni. A differenza di altre forme di letteratura, il gotico offre a Jackson l’opportunità di esplorare gli aspetti più oscuri della natura umana, le ansie e le paure nascoste sotto la superficie della vita quotidiana. Inoltre, la modalità gotica consente a Jackson di infondere nelle narrazioni di protagoniste femminili complesse un senso di urgenza di fronte al pericolo.

I fantasmi del focolare

Un’immagine di Hill House

Nel suo confronto con i limiti e le ingiustizie della moderna società americana, Jackson sottolinea l’elevata posta in gioco nel mettere in discussione lo status quo e i suoi effetti sulla mente femminile. Jackson e le sue protagoniste sembrano “normali” di per sé, ma è la casa in cui vivono che le perseguita e le spinge alla disarmonia: una casa prigione e rifugio che funziona come un riflesso di una madre ingombrante. L’intrappolamento di Jackson nelle aspettative e nella struttura domestica perseguita lei e la sua identità di donna, casalinga e individuo. In Life Among the Savages approfondisce queste aspettative: Jackson sta dicendo che il mondo esterno non la vede come qualcosa di più di una casalinga o di una madre.

Attraverso questo linguaggio, Jackson afferma che le donne sono più che macchine per fare bambini, e che l’aspettativa di continuare a riprodursi ignora la necessità di sollievo dalle pressioni della maternità. Nel descrivere le cronache della sua vita quotidiana, l’autrice evidenzia l’abnegazione, la sottomissione alla domesticità e la disintegrazione della personalità femminile come fonti di terrore. Allo stesso modo, si concentra su risposte emotive più oscure che non erano socialmente permissive per la femminilità di metà del XX secolo. Sebbene non ci siano ghoul o infestazioni in queste storie, il valore dell’orrore risiede nell’aspettativa che Jackson sacrifichi la sua individualità per la maternità.

La vita disfunzionale suburbana degli anni ’50

Una scena di Shirley – © Los Angeles Media Fund

Esplorando i temi della morte sociale e degli orrori quotidiani, Shirley Jackson usa la modalità gotica per offrire ai lettori e alle lettrici una prospettiva unica sull’esperienza femminile dei suoi tempi: l’autrice guida a comprendere meglio le loro paure e i loro desideri nel panorama culturale americano. Il suo uso di temi e immagini gotiche riflette le ansie e i timori nei contesti culturali e storici della vita suburbana degli anni ’50. Come accennato in precedenza, un’analisi attenta del genere gotico rivela preoccupazioni culturali di autorità sul corpo e sulla mente, in particolare per le donne. Le protagoniste dei suoi lavori sovvertono i ruoli di genere tradizionali e sfidano le norme sociali per il bene individuale.

L’autrice amplia il tradizionale gotico per raccontare una storia di ossessione moderna in cui le peggiori ansie della protagonista prendono il sopravvento sulla sua mente. L’autrice discute il lato oscuro della vita domestica per esplorare la disfunzione familiare nella idealizzata famiglia nucleare. La visione di Jackson della femminilità americana è stata una risposta alle incertezze del dopoguerra che hanno consentito una maggiore comprensione delle lotte femminili. La forma gotica consente a Jackson di ricreare ambientazioni familiari in cui le nostre nozioni preconcette di genere e ruoli di potere sono piegate per esporre le dure condizioni delle realtà delle donne. In molte delle sue opere, il viaggio della protagonista femminile può essere visto come un viaggio gotico femminista, in cui si confronta con le oscure forze patriarcali che cercano di controllarla e metterla a tacere.

La Lotteria

The Lottery – Grapich Novel

Mentre è meglio conosciuta per The Lottery, una storia altamente antologizzata per mostrare la corruzione nella prima America attraverso la rappresentazione dei mali quotidiani, la più ampia raccolta di opere di Jackson cattura in modo unico la vita trascurata della casalinga nella sfera domestica privata. Stephanie Bowers menziona come il rapporto teso di Jackson con sua madre durante la crescita l’abbia profondamente influenzata e le abbia fatto normalizzare la sua ansia per il rifiuto. Le frustrazioni e le ansie della vita della scrittrice si manifestavano come temi nel suo lavoro. Detto questo, è chiaro che i temi della scrittura di Jackson sono profondamente personali in quanto affrontano in modo fantasioso conflitti essenzialmente femminili.

Pubblicato all’inizio della sua carriera, The Tooth affronta l’identità femminile e l’instabilità mentale. Invece di mettere la “pazza” al centro della storia, Jackson mostra l’orrore nelle condizioni che spingono le donne alla follia. In Louisa, Please Come Home, il personaggio eponimo si rende conto di essere scappata dai suoi sentimenti e dal suo passato e che ha bisogno di affrontarli per poter andare avanti con la sua vita. La storia si conclude con Louisa costretta a riconciliarsi con il suo passato e con coloro che si è lasciata alle spalle, e riflette la mancanza di mobilità sociale e le rigide dimensioni dell’identità femminile americana.

The Haunting of Hill House

Una scena di Gli invasati – © Metro-Goldwyn-Mayer

Mentre i suoi primi racconti spesso parlano di persone oppresse e perseguitate da comunità chiuse, nei suoi lavori successivi si è concentrata sempre di più sul “demone della mente”, il male che affligge le sue vittime dall’interno. In The Lottery, una donna viene lapidata a morte dai suoi vicini e dalla sua famiglia; in The Haunting of Hill House, scritto undici anni dopo, le pietre che piovono sulla casa d’infanzia della protagonista, Eleanor, hanno una fonte più ambigua. La madre di Eleanor pensa che i responsabili siano i vicini malvagi; Eleanor e sua sorella si incolpano a vicenda; ma il suggerimento più forte è che le pietre siano opera del poltergeist di Eleanor, una manifestazione paranormale della sua rabbia e infelicità.

A Hill House, dove l’adulta Eleanor è stata invitata ad assistere a un’indagine sui fenomeni psichici, lei immagina di essere aggredita dalle altre persone della casa e che i suoi spiriti l’abbiano scelta come bersaglio. Ma ciò che la tortura e alla fine la spinge alla follia è il suo complesso di paura e colpa infantile. Il responsabile dell’indagine paranormale assicura ai suoi assistenti che se mai dovessero spaventarsi troppo, potranno sempre scappare dalla casa: “Non può seguirci, vero?”. Ma l’orrore per Eleanor è che non può scappare da ciò che la perseguita.

Abbiamo sempre vissuto nel castello

Una scena di Mistero al castello Blackwood – © Prime Video

In Abbiamo sempre vissuto nel castello, la protagonista, Merricat, è la figura coraggiosa e avventurosa, mentre sua sorella, Constance, è la compagna domestica e gentile. Jackson descrive Merricat e Constance come due metà della stessa persona, ed è possibile vedere tutte le sue coppie femminili come raffigurazioni delle due metà contraddittorie della sua personalità: la donna potente e arrabbiata, che nelle sue lettere descrisse come Snarly Shirley, o Sharly, e la donna intimidita che si sentiva intrappolata nella sua casa.

Franklin sostiene che i ritratti di donne “divise” di Jackson anticipano la descrizione di Betty Friedan della casalinga degli anni Cinquanta come una “schizofrenica virtuale”, una donna pressata dai media e dalla cultura commerciale a negare i suoi interessi personali e intellettuali e a subordinare la sua identità a quella del marito. Tutto il lavoro di Jackson è animato dalla tensione che sentiva tra il suo ruolo socialmente sancito di casalinga felice e la sua vocazione di scrittrice. In quanto tale, costituisce niente meno che la storia segreta delle donne americane della sua epoca.

La risata è possibile

Una foto di Shirley Jackson

La tensione tra casalinga socialmente accettabile e ambizione creativa è certamente facile da trovare nella vita di Jackson, ma è piuttosto più difficile da trovare nella sua narrativa. Non c’è dubbio che nei suoi libri la casa sia un simbolo profondamente ambiguo: un luogo di calore e sicurezza, ma anche di prigionia e catastrofe. Il male che si nasconde nelle case apparentemente giuste di Jackson non è solo il lavoro domestico, ma è composto anche dalle altre persone: mariti, vicini, madri, decisi/e a schiacciare e consumare coloro di cui professano di prendersi cura. Ciò che trattiene le donne in questi luoghi orribili non è solo la pressione sociale o un carceriere patriarcale, ma anche il demone nelle loro menti.

In questo senso, l’opera di Jackson è una conversazione con le sue antenate nella tradizione gotica. I suoi racconti prendono la figura della “pazza” imprigionata, come quella di The Yellow Wallpaper di Charlotte Perkins Gilman, o quella di Jane Eyre di Charlotte Brontë, e la rendono la guardiana della sua stessa prigione. Se c’è una tensione animatrice nella narrativa di Jackson, è sicuramente la tensione tra il desiderio di uscire e l’essere troppo spaventate per farlo, o tra il desiderio di una casa e la consapevolezza che in tutte le case una persona finisce inevitabilmente per inghiottire l’altra.

Poco dopo la pubblicazione di Abbiamo sempre vissuto nel castello, nel settembre del 1962, Jackson ebbe un crollo nervoso e un’agorafobia che le impedì di uscire per sei mesi. “Mi sono scritta dentro casa”, disse. Due anni dopo, verso la fine di questo periodo, cercò di convincersi a tornare alla narrativa iniziando un diario. Le ultime parole, scritte sei mesi prima di morire, raccontano una donna che cerca eroicamente di convincersi all’ottimismo:

“Sono la capitana del mio destino. La risata è possibile la risata è possibile la risata è possibile”.

 

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Ilaria Franciotti ha conseguito la laurea triennale in DAMS, la laurea magistrale in Cinema, televisione, produzione multimediale e il master in Studi e politiche di genere all’Università degli Studi Roma Tre. Si occupa di narratologia e drammaturgia del film, gender studies, horror studies, cinema e serie TV delle donne. Insegna analisi e storia del cinema e teoria e pratica della sceneggiatura. Ha collaborato con Segnocinema, è redattrice di Leggendaria e collaboratrice di The Post Internazionale, e ha scritto per diverse riviste di cinema (tra cui Marla e Nocturno). È autrice di Maleficent’s Journey (Il Glifo, Roma 2016), A Brave Journey. Il viaggio dell’Eroina nella narrazione cinematografica (Ledizioni, Milano 2021), ed è curatrice e coautrice di La voce liberata. Nove ritratti di femminilità negata (Chipiùneart, Roma 2021). Dal 2023 è curatrice del podcast Ilaria in Wonderland, interamente dedicato al cinema horror.