Un elemento che tutti hanno sottolineato vedendo Licorice Pizza è il fatto che i due protagonisti corrono di continuo, per raggiungersi o separarsi, soprattutto per dare sfogo a emozioni che la loro età non sa contenere. Spesso i personaggi dei film di Paul Thomas Anderson corrono, ma forse mai come stavolta, per quantità di scene e significato emotivo. Queste sequenze non sono solo un mezzo di espressione dei protagonisti, un gesto cinematografico particolarmente fotogenico come ha detto lo stesso Anderson in più di un’intervista, ma rientrano in un meccanismo di stile in cui il movimento della macchina da presa diventa un tassello della “scrittura” del film.
Al trotto o al galoppo
Il film comincia, dopo una breve sequenza nel bagno del liceo, in cui vediamo Gary pettinarsi, proprio con una camminata. È quella inconsapevolmente sinuosa e seduttiva di Alana, che sta girando per la scuola offrendo specchio e pettine a chi poi dovrà farsi la foto da mettere nell’annuario. Lei ha finito la scuola, è assistente del fotografo, ma non Gary che in fila per la foto vede quella camminata e decide di avvicinarsi alla ragazza. Siamo sicuri che la seduzione della ragazza sia inconsapevole?
Anderson segue quei passi, cadenzati e un po’ ondeggianti, con una steadycam che ne sottolinea l’andamento, a una distanza che permette di inquadrare l’intera figura di Haim. Quando Gary la abborda, il regista (anche co-direttore della fotografia con Michael Bauman) fa fare alla macchina da presa un movimento in direzione opposta, segue il dialogo tra i due sempre attraverso la steadycam, ma stringendo sui volti.
Le parole sono quelle di due consumati seduttori che si rimpallano battute – e lo faranno per gran parte del film – come in una commedia brillante d’altri tempi, mentre sono solo due ragazzi, pur con la loro differenza d’età. Altre volte Anderson riprenderà i due protagonisti, spesso di spalle, con lo stesso tipo di movimento, per esempio quando entrano nella sala della Fiera in cui Gary espone i letti ad acqua: è un movimento che sembra dire qualcosa dei personaggi, sembra che il regista lo usi quando deve metterne in scena la maschera con cui vogliono mostrarsi, quando vogliono mostrarsi adulti con l’altro e con il mondo intorno.
A questo tipo di movimento di camera, il regista sembra opporne un altro, apparentemente simile, quello che dicevamo in apertura, la corsa, ovvero carrelli laterali molto veloci, diversi dal passo flemmatico della steadycam: quelle corse sono il momento in cui i due ragazzi rivelano a se stessi e allo spettatore la loro verità, la pulsione che li fa stare al mondo e che la società prova a ingabbiare con ruoli sociali o professionali, come quando Gary induce Alana a essere sexy al telefono per vendere un letto. E proprio al telefono avviene una sequenza decisiva, perché imposta il gioco stilistico che Anderson conduce sui due personaggi.
Il silenzio (non) è d’oro
Se i movimenti a seguire o inseguire i personaggi raccontano il rapporto che hanno con le proprie identità, il film imposta invece il loro rapporto reciproco, il gioco di seduzione sulle dinamiche dello sguardo, del guardarsi, del cercarsi oppure del nascondersi, come quando Alana accetta quel primo appuntamento improvviso nel ristorante di fiducia di Gary ma non è sicura di voler essere lì, oppure quando, in un altro ristorante, i due hanno appuntamenti con altre persone e continuano a cercarsi per sfidare la loro gelosia. Questo dispositivo ha un preciso punto d’avvio, quando entrambi diventano consapevoli che la loro non è solo amicizia e nemmeno il tentativo senza speranza di un ragazzino di conquistare una giovane adulta. Il momento arriva dopo una ventina di minuti (che è più o meno quando accade sempre qualcosa che fa partire davvero il film): Gary è a casa, guarda la tv col fratello, nella precedente scena ha visto Alana uscire con un altro. Dopo poco si alza e va verso il telefono. Compone il numero di Alana, risponde la sorella alla quale dice che è Lance, ossia il ragazzo con cui l’aveva vista. Alana arriva saltellando alla cornetta, ma dall’altra parte Gary sta in silenzio, la ragazza insiste, ma lui continua a tacere e presto riaggancia. Passano pochi secondi e il telefono di Gary squilla: lui prende la cornetta, resta in silenzio, la camera indugia qualche secondo su di lui e poi con uno stacco va su Alana, che è in piedi, col telefono in mano, anche lei muta e in attesa. È un gioco di resistenza a chi cede per primo, sottolineato da Gary che fa segno al fratello di fare silenzio.
Se all’inizio della sequenza, Anderson li riprendeva in piano americano, ovvero fino alle ginocchia, le inquadrature si sono avvicinate progressivamente, scandendo un campo e controcampo a distanza, che arriva al primo piano nel momento cruciale, quando i due restano immobili, ad ascoltare il silenzio, in attesa che l’altro parli. Non accade: Gary sopraffatto dalla tensione attacca il telefono. Nella sequenza in cui si rincontrato, alla Teenage Fair, il ragazzo entra seguito dalla steadycam, in una citazione degli ingressi nei film di Martin Scorsese (Quei bravi ragazzi, soprattutto, ma non solo). Ha deciso di fingere che quella telefonata muta non sia avvenuta, torna a recitare un ruolo, quello del giovane imprenditore prodigio; farà lo stesso Alana, che nella sequenza appare di nuca, fuori fuoco con lo sguardo diretto verso di lui. E per raggiungerlo, cammina con lo stesso andamento ondulante con cui l’abbiamo vista la prima volta, seguita dalla steadycam fino a che il contatto visivo dei due si tramuta in dialogo, quel dialogo mascherato da gioco dei ruoli, che non sa ancora cosa vuole essere.
-Hello, gorgeous.
-Hello, handsome.