L’armadillo è un animale originario del Sudamerica, in particolare dell’istmo di Panama. Il nome deriva dalla corazza presente sul suo dorso, infatti in spagnolo ‘armadillo’ vuol dire ‘munito di armatura e di piccole dimensioni’. Nel tempo libero o durante la stagione degli accoppiamenti, questo mammifero… tende a svolgere il ruolo di coscienza degli esseri umani. Soprattutto di un essere vivente: un uomo di trentasette anni che ha a cuore, in egual misura, sia il quartiere in cui vive, sia la stazione spaziale di Star Trek: Zerocalcare.
I ragazzi dello zoo di Rebibbia

C’è una poesia che possiamo apprezzare in quel piccolo gioiello chiamato Il caso Thomas Crawford con un giovanissimo Ryan Gosling: “Per gente che attende… Attende che un treno parta”. I treni, che abbiamo imparato a conoscere meglio grazie a Sheldon Cooper, fanno parte della vita delle persone da sempre, in qualsiasi loro accezione.
Per esempio, da Roma Termini a Rebibbia potete arrivarci con un treno: la metro B, la fermata è subito dopo Ponte Mammolo. Anche Roma – Genova è percorribile in treno e quella fermata l’hanno presa in molti, quasi di certo due persone. La prima è Carlo Giuliani, nato nella capitale nel ‘78, che subito dopo l’iscrizione alla facoltà di storia ha raggiunto il capoluogo ligure per unirsi ad Amnesty International. La seconda è Michele Rech – ma così non lo chiama più nemmeno sua madre, figuriamoci noi.
Nato a Cortona (Arezzo), famosa per gli Etruschi e forse per lui. È il 20 Luglio 2001 ed entrambi senza nemmeno farlo apposta, sono nei pressi di una stazione ferroviaria genovese: quella di Brignole, in Via Tolemaide nel quartiere Foce. Sono lì per manifestare insieme a tante altre persone contro il G8 che qualche polemica aveva già sollevato. A causa di alcuni errori nella direzione di Piazza Alimonda, una Land Rover Defender rimane intrappolata tra i disordini della via e presa d’assalto da alcuni manifestanti, tra questi Carlo Giuliani. Il ragazzo, 23 anni compiuti, indossa un passamontagna e solleva un estintore ma viene freddato da un colpo d’arma da fuoco alla testa. Le vie di fuga sono impraticabili e i civili affrontano la carica della polizia per scappare dal lato opposto, mancano poco più di 24 ore a Piazza Diaz. L’altro passeggero del treno: Michele Rech, ma per tutti Zerocalcare grazie a un nickname scelto per una discussione sul web, sul suo passamontagna ha le fattezze dell’orso Yoghi e infatti becca due pizze dalla forestale e il ricordo di una tragedia che si poteva evitare. Ne parlerà a lungo in due perle a fumetti: “GeVsG8” nel 2006 e, per il decennale, la sua autobiografia di quei giorni: “A.F.A.B.”. Soprattutto, tra i vagoni di Genova, forse comprende che esiste una forma d’arte per spiegare meglio delle altre l’ironia dietro la depressione e la disillusione: il fumetto. Forse però, perché raccontare la sua vita è complesso quanto provare a spiegare Cthulhu senza essere Freddy Krueger per entrare in ciò che rimane dei sogni di Lovecraft. Impossibile.
Prendiamo un altro paio di treni e scendiamo a Rebibbia, dove veniamo accolti da un murales realizzato dallo stesso Calcare: Welcome to Rebibbia. In primo piano c’è un mammut, in onore ai ritrovamenti degli anni ‘80 presso Casal de’ Pazzi, anche se forse si trattava di un elefante antico del pleistocene… ma non lo dite in giro. Lo sguardo corre sotto i rivoli del colore, dove si legge: “Qui ci manca tutto, non ci serve niente”. Da queste parti ci passi se ci vivi o se conosci qualcuno. Subissato da luoghi comuni, Zero cerca di far capire a tutti fin dal principio delle sue storie che Rebibbia non è solo il carcere e Roma non è solo il Colosseo. Ma per comprenderlo meglio non basta solo “Strappare lungo i bordi”.
Scorrete Youtube e cercate “Rebibbia Quarantine”: dieci episodi in cui Michele Rech descrive il quotidiano senza mai essere banale. È in romanesco, speriamo non sia un problema per nessuno. Terra di elefanti preistorici, corpi reclusi, cuori grandi e tute acetate, in un concerto che mescola Pescara a San Francisco, le torrette alle palme, Zerocalcare ai profeti che come ogni profezia riuscita bene – e Roberto Giacobbo non c’entra nulla – ha un anno di partenza: il 2011. Nel Novembre di quell’anno Zero butta giù un blog di fumetti, genere molto attivo in Francia, ma ancora territorio sconosciuto in Italia, sotto la dicitura zerocalcare.it. È ancora attivo, proprio perché Michele non vuole smettere i panni del veggente di un’intera generazione. Riconosce i simboli, i disagi, il linguaggio, la visione distruttiva di tanti giovani e di tutti i passeggeri del treno Roma-Genova Estate 2001; ma chi gli suggerisce tutte quelle profezie? Lo scopriamo sempre nel 2011, quando Calcare decide di autoprodursi (e se non è chiaroveggenza questa?) e di stampare su carta il volto laconico ma rassicurante del suo suggeritore: un armadillo. Meglio, “La Profezia dell’Armadillo”, che fa sfoggio della Roma degli anni Duemila e di un’invidiabile cultura Pop: Lady Cocca come madre e Mr.Ping come padre. Perché, come recita Han Solo, grande fonte di ispirazione di Calcare: “State pronti! Ho temuto il peggio per un secondo, ma è passato… è passato.” Già, ma il peggio devi anche saperlo raccontare.
Strappare lungo i ricordi

Provate a farlo.
Provate a strappare lungo i ricordi, a sedervi su un divano per ore a spulciare album di fotografie o vecchie lettere. Scoprirete ferite insanabili, amici altrove, città che vi mancano, multe ormai in prescrizione e grandi passioni. Zero lo fa da sempre e riempie i suoi fogli A4, A3 di citazioni: il gran consiglio dei grilli parlanti per decretare cosa è giusto o cosa è sbagliato, i dinosauri della lacerante valle incantata al solito tavolino al bar dietro di noi in “La scuola di pizze in faccia” o la facciata di Netflix nella serie. Ogni personaggio o situazione, da Secco a Greta, sono in realtà i poster appesi alle sue pareti che pian piano vengono strappati lungo i ricordi a apposti con una matita invece che con photoshop sui volti di chi gli è intorno. Basti pensare che nella serie, mentre ti commuovi per l’ennesima profezia sulla tua vita da giovane in Italia, Calcare piazza la bandiera curda che tanto fa infuriare i turchi oppure prende in giro Don Matteo relegandolo a un infame di questura. Si scherza eh! Ma il dubbio sulla sfiga del personaggio di Terence Hill o le troppe morti a Gubbio è venuto a tutti, secondo me Michele compreso.
Non si fa mancare nulla, anche perché possiede l’incauto dono di saper descrivere il sociale o la situazione politica senza per forza offendere Fedez o farsi segnalare dal Codacons, entrambe peculiarità del Belpaese. Motivo per cui nel 2015 per “Internazionale” pubblica il reportage dell’incontro con la leader curda dell’Unità della Protezione delle donne: Nasrin Abdalla, argomento a lui molto caro, poi raccolto nell’opera “Kobane Calling” che qualche strascico si lascerà dietro. Questo fumetto permetterà a Calcare di ricostruire qualcosa attraverso le “Macerie Prime” del 2017, dove mattone su mattone ci regala in poche frasi un ritratto lucido ma molto poco distaccato di cosa vuol dire confrontarsi col cemento che si ha dentro: “È come se tutta la sua vita si fosse cristallizzata. Fissata per sempre in una condizione che non evolve mai. Come un mammut dell’era glaciale. Ma questa non è la cosa peggiore, no. La cosa peggiore è che se guardo dentro a quel blocco di ghiaccio io non ci vedo Deprecabile. Ci vedo il riflesso mio. E i plumcake col latte gelato. E le serie tv prima di dormire. Tutte le mie coperte di Linus, insomma.”
È come se tutta la vita si fosse cristallizzata. Proprio come un mammut, come i ricordi, come Rebibbia per chi non la conosce, come la vita di Zero dopo questa serie. O come un vagone a luglio quando accendono l’aria condizionata e l’escursione termica batte quella del deserto del Sahara. Ecco, su quel treno così gelido ci siamo saliti tutti. Un po’ come su quello ‘Destinazione Paradiso’ di Grignani. E abbiamo incontrato Han Solo, Vin Diesel, i protagonisti di Sense8, ma anche Sarah, Alice… e forse abbiamo incontrato noi stessi senza accorgercene. Questa è la più grande profezia esposta dall’armadillo: riconoscerci e schifarci, perché così simili nel dolore. Il treno di Zerocalcare, proprio come quello che andava verso Genova, è carico di speranze e sensazioni che fanno fatica a uscire per mancanza di qualcuno che controlli il biglietto e per un attimo ti riconosca e ti ascolti. È pieno di gente che si stringe per scaldarsi in attesa della prossima stazione: Biella. Non rimangono che il rimpianto e qualche risata, magari una palestra o un centro sociale. Un posto dove pure un soffitto può somigliare a un’avventura.