Le chiacchiere di Carnevale firmate dal celebre pasticciere Iginio Massari sono al centro di un’accesa polemica. Il motivo? Il prezzo da capogiro di 100 euro al kg. Un aumento del 25% rispetto agli 80 euro dello scorso anno, che ha suscitato indignazione e acceso il dibattito sulla trasformazione del cibo in un vero e proprio status symbol. A difendere il costo elevato vi è la firma di un marchio d’élite, ma le critiche non si sono fatte attendere, con esperti del settore che puntano il dito sulla mancanza di un valore gastronomico realmente giustificato.
Massari ha introdotto questa variante di frappe (o chiacchiere, bugie e cenci, a seconda delle regioni italiane) in alcuni dei suoi punti vendita nelle principali città italiane, tra cui Milano, Torino, Firenze e Roma. Le sue chiacchiere si differenziano da quelle comuni per l’uso della farina Manitoba, una farina con un’elevata forza che conferisce maggiore elasticità all’impasto. Tuttavia, secondo gli esperti, non è la qualità degli ingredienti a determinare il prezzo elevato, bensì il prestigio del brand, esattamente come accade nel mondo della moda con i marchi di lusso.
La polemica è stata alimentata dalle dichiarazioni dello chef e docente universitario Guido Mori, che ha criticato apertamente il prezzo, sostenendo che si tratta di una pura operazione di marketing e non di una reale innovazione culinaria. “Il cibo non dovrebbe essere un prodotto di lusso, perché è essenziale“, ha dichiarato Mori, paragonando le chiacchiere di Massari a cinture di Gucci più che a un prodotto alimentare accessibile. Secondo lui, un prezzo così gonfiato snatura il concetto stesso di gastronomia, dove il valore di un dolce dovrebbe essere determinato dalla qualità e dalla tradizione, non dal marchio.
“Non stiamo parlando di abiti di lusso, ma di cibo. Gli abiti di lusso hanno un valore intrinseco legato al marchio e se ne può fare a meno. Il cibo, invece, è essenziale. Le chiacchiere non sono il tartufo, e quando il prezzo si discosta troppo dal costo delle materie prime, si esce dal concetto di alimento. Perché si calcola il food cost? Per capire quanto ci costa produrre qualcosa e quanto vogliamo guadagnarci. Qui non stiamo più parlando di cibo, ma di cinture di Gucci”. – Guido Mori
A rafforzare questa tesi vi sono i dati di mercato: secondo un’indagine di Altroconsumo, il prezzo medio delle chiacchiere nei supermercati è di circa 6 euro al kg, mentre nelle pasticcerie artigianali si aggira tra i 20 e i 60 euro. Il prezzo richiesto da Massari si colloca, dunque, ben al di sopra di qualsiasi altro riferimento di settore.
Il dibattito solleva una questione più ampia: il cibo può davvero trasformarsi in un bene di lusso, al pari della moda e degli accessori griffati? O si tratta di una strategia di marketing destinata a un pubblico disposto a pagare cifre esorbitanti per un brand iconico? Nonostante le polemiche, è molto probabile che le chiacchiere di Massari andranno a ruba, già soltanto tra i food influencer che vorranno far vedere ai propri follower di averle assaggiate, spronandoli a loro volta a comprarle e dimostrando ancora una volta quanto il nome e la reputazione possano influenzare il mercato, più della ricetta stessa.