Che ci credete o meno, sono passati ben 5 anni da quando questa strana generazione videoludica ha visto la luce per la primissima volta. E no, definirla strana non è un rafforzativo casuale. Durante questo periodo infatti siamo stati testimoni di svariati cambiamenti che, nel bene e nel male hanno cambiato l’industria. Prezzi in aumento, case di produzione chiuse e la generale decadenza del mercato, hanno fatto di questa generazione un periodo alquanto dimenticabile. Ma cosa si dovrebbe fare quando tutto fuori sembra grigio? Beh, la risposta giusta sta dietro alla satira e con Revenge of the Savage Planet abbiamo quello che ci mancava!

A distanza di 5 anni dall’esordio dell’originale e in concomitanza con l’arrivo delle nuove generazioni,  Journey to the Savage Planet arrivava come un fulmine a ciel sereno. Questa piccola opera purtroppo passò leggermente in sordina, pur avendo tutte le carte in regola per diversificarsi dalla gregge. Tuttavia, tutti i vari sforzi di Raccoon Logic non sono stati vani siccome, da quel misto di ironia e genialità, dopo anni, eccoci a parlare del sequel.

Questa volta non si tratta solo di tornare su un pianeta alieno pieno di colori e creature assurde: si tratta di vendetta, di satira ancora più tagliente e di una terza persona che rivela molto più di quanto nasconda. Una scelta prevedibile forse, nell’ottica di un’evoluzione naturale, ma allo stesso tempo coraggiosa. Perché cambiare la prospettiva significa cambiare il tono. E la domanda, ora, è solo una: questa nuova visione dello “savage” sarà all’altezza delle aspettative, o finirà col perdersi nello spazio profondo dell’insignificanza?

Revenge of the Savage planet e il colore della satira

Immagine rappresentativa di Revenge of the Savage Planet
L’esploratore di Revenge of the Savage Planet alle prese con una sezione platform. ©Raccoon Logic

Probabilmente arrivati a questo punto, avete capito da soli cosa distingue dalla massa Revenge of the Savage Planet. La satira è un’arma che nelle mani giuste può diventare estremamente tagliente, specie quando essa viene usata per rafforzare una narrativa. Raccoon Logic aveva già dato a tutti noi un bel assaggio di come essi siano capace a ironizzare situazioni odierne e prendere in giro la grossa macchina del capitalismo caotico. Con questo sequel, possiamo affermare che i toni sono rimasti più o meno gli stessi, ma la punta satirica sia diventata ancora più incisiva!

Esattamente come nel capitolo precendente, prenderemmo i panni di un esploratore anonimo. Il nostro nome, la nostra identità… cavolo, persino le nostre passioni, sono inutili. Noi siamo l’ennesimo ingranaggio nella grande macchina ingaggiata a cambiare la visione del mondo. Quindi, con il nostro bel cervellino riempito di dolce menzogne, saremmo catapultati su un pianeta casuale di un sistema ancora da esplorare. Il nostro fondamentale compito? Colonizzare tutto! Come? Non importa, basta farlo!

Già da questa semplice premessa narrativa, si nota fin da subito la voglia di rendere una dura verità molto più comica. Infatti, le tematiche di Revenge of the Savage Planet rappresentano in maniera ottimale le attuali condizioni di vita della nostra umanità, cosi come il pensiero espansivo caotico giustificato soltanto dal nostro egoismo e mania per il potere. La cosa più strana è che, con una narrativa cosi semplice, i ragazzi di Raccoon Logic hanno rappresentato alla perfezione l’attuale situazione globale. Insomma, basta guardare oltre oceano per capire al meglio tutto.

In fin dei conti c’è poco altro da aggiungere sul racconto. Forse l’unica pecca dietro a tutto è l’estrema linearità e prevedibilità di tutto quello che succede. Ma su questo, ci possiamo anche chiudere un occhio siccome Revenge of the Savage Planet non ha come scopo quello di impressionarvi con una storia mai vista prima. Il gioco vuole strapparvi un sorriso ma farvi anche ragionare.

Questo mondo me lo ricordavo… diverso?!

Gameplay di Revenge of the Savage Planet
Un’immagine rappresentate una sezione Co-op di Revenge of the Savage Planet. ©Raccoon Logic

Se avete giocato al capitolo precedente, la prima cosa che noterete avviando RotSP sarà il totale cambio di visuale. Per rendere l’esperienza più fluida (e probabilmente anche leggermente più fresca), i creatori del gioco hanno optato a spostarsi verso una visuale in terza persona, abbandonando del tutto quella in soggettiva. Tuttavia, con questo cambiamento ci sono stati anche dei grossi vantaggi. In primo luogo, il personaggio da noi usato risulterà molto più reattivo e dinamico all’ambiente circostante, grazie alle nuove animazioni dovute al cambio di visuale.

Il fatto di vedere saltare, rallentare, scivolare o semplicemente cadere in maniera più credile il nostro alter-ego, rende l’esperienza ludica decisamente più credibile e coinvolgente. Ma il nuovo sistema di animazioni non è l’unica novità introdotta dal gioco. Tutto il modello di gioco che si inspira a un ibrido Survial-Metroidvania è stato espando e soprattutto limato dalle sue imperfezioni viste col precedente capitolo. Per esempio, adesso abbiamo una main quest strutturata in maniera più lineare e guidata che, ci darà modo di avanzare con più tranquillità nel gioco.

Anche il modello esplorativo è stato altamente rivisto, dividendo i vari biomi in più pianeti. Rispetto al primo gioco, dove tutta l’avventura era condensata in un unico pianeta, con Revenge of the Savage Planet si viene ad abbandonare questa struttura. I vari pianeti (5 in totale), saranno delle liberamente esplorabili fin da subito e con biomi e fauna totalmente diversa tra di loro. Anche la verticalità generale di tutto il gioco è stata ampliata, grazie al nuovo strumento (ovvero la frusta) che ci permetterà andando avanti nel gioco di raggiungere ed esplorare anche zone impensabili.

Tutte queste modifiche, con tanto di aggiunte e novità danno a questo sequel un’identità’ tutta sua. Non solo siamo di fronte a un passo avanti non indifferente da Journey, ma siamo anche di fronte a un gioco capace di trasformare le debolezze passate in punti di forza.

Tecnicamente non al top

Screen di Revenge of the Savage Planet
Due giocatori che si divertono su Revenge of the Savage Planet. ©Raccoon Logic

Forse una delle criticità più grosse di questo Revenge of the Savage Planet risiede nel suo comparto tecnico un po’ ballerino. Pur provando il gioco su console (su PS5 per essere precisi), ci siamo ritrovati di fronte a un prodotto che non sembra del tutto ottimizzato. Partendo dal framerate: il gioco ci viene proposto con una sola modalità grafica, dove il framerate purtroppo viene bloccato a 30 FPS. 

Pur offrendo un livello grafico soddisfacente, non neghiamo che l’impossibilita’ di giocare il tutto ad un framerate più alto ci ha fatto storcere il naso. In più, se andiamo a considerare che in certe zone quei 30 FPS non risultano per niente stabili, ci porta a pensare che il lavoro di ottimizzazione non sia stato tra i migliori. Da aggiungere anche che, svariati volte, siamo stati testimoni di fastiodiosi pop up tra texture ed elementi 3D.

Altra nota dolente sarebbe da attribuire all’A.I. dei nemici e al loro spawn generale. Pur capendo che non siamo di fronte a un gioco dove il combat system è un fulcro evidente, fa un po’ strano vedere nemici che non sanno fare altro che caricarti senza ragione e basta. Pure i pattern dei boss, risulta praticamente identico da un boss all’altro, redendo queste sfide poco variegate o coinvolgenti.

La recensione in breve

8.5 Must Play

Revenge of the Savage Planet è decisamente una delle sorprese più belle di questo 2025. Con la sua narrativa pungente e satirica e il suo gameplay corto ma ben diversificato, il titolo dei Raccoon Logic è una vera perla. Se avete apprezzato il primo capitolo o se semplicemente cercate un prodotto solido e divertente per il genere di appartenenza (survival misto a metroidvania), allora non potete farvi sfuggire quest'opera.

Cosa ci è piaciuto
  1. L'ironia pungente che caratterizza il racconto
  2. Le meccaniche intuitive
  3. La possibilità di giocare l'intera avventura in Co-op
Cosa non ci è piaciuto
  1. La durata forse un po' troppo breve
  2. Il gioco non è ottimizzato benissimo
  3. Combat System e Boss un po' banali
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Classe 1993. Andrei "Andy" Bercaru è un grande appassionato dei videogiochi e della scrittura. Collabora con ScreenWorld dall'estate del 2022, continuando a dare il suo contributo anche sul progetto GamesEvolution come Caporedattore. La sua passione per i videogiochi e la scrittura, lo porta negli anni anche a coordinare testate come 17KGroup e Nerdplanet.