The Devil in Me rappresenta l’episodio finale della prima stagione della serie horror The Dark Pictures Anthology. Sviluppata da Supermassive Games e iniziata nel 2019 con la pubblicazione di Man of Medan, questi giochi hanno un’impostazione prettamente cinematografica. Non vi sono legami narrativi tra un gioco e l’altro, una scelta che permette a chi fosse interessato a intraprendere queste spaventose esperienze videoludiche di scegliere con la massima libertà il titolo che reputano di maggiore interesse, anche perché ognuno di loro si discosta notevolmente per cast e ambientazioni.
Se per esempio con Man of Medan ci troviamo ai giorni nostri su di una nave in preda ad una minaccia soprannaturale, in Little Hope, uscito nel 2020, la storia si dipana anche nel passato e presenta un plot che investiga su di una cittadina colpita dalla stregoneria. Unico personaggio che compare in tutti i giochi è quello del Curatore, una figura sinistra deputata ad introdurre i giocatori nella storia principale del gioco e che dispensa velati consigli su come gestire le pericolose vicende che coinvolgono i personaggi del gioco, sfoggiando un atteggiamento a tratti ironico e fatalista. Come potete leggere nella recensione di The Devil in Me, ci troviamo di fronte al migliore prodotto dopo l’apprezzato Until Dawn.
The Devil in Me
Genere: Avventura
Piattaforma: PS4, PS5, Xbox One, Xbox Series S/X, PC
Uscita: 18 novembre 2022
Studio: Supermassive Games
La trama di The Devil in Me: tutto iniziò con una telefonata…
La Lonnit Entertainment, società che produce documentari a basso budget che trattano di assassini e serial killer, non se la passa bene. I conti sono in rosso e all’orizzonte non si profilano progetti interessanti che possano risollevare le finanze. Quando un giorno il telefono squilla sembra che le cose stiano per cambiare in meglio, perché arriva un inaspettato invito da parte di una misteriosa persona che vorrebbe accogliere tutta la troupe a girare un documentario che verta sulla ricostruzione del World’s Fair Hotel.
Quest’ultimo è un enorme edificio che originariamente fu progettato a metà dell’ottocento da H. H. Holmes, un sanguinario serial killer americano che usava questo luogo per attirare le sue vittime. Si tratta di un’occasione da non lasciarsi sfuggire. Il tempo di fare qualche piccolo bagaglio e il gruppo di cinque ragazzi che lavorano alla Lonnit Entertainment è pronto per affrontare questa nuova esperienza lavorativa che, sebbene possa sembrare l’occasione ideale per un riscatto economico, in verità rappresenta l’inizio di un agghiacciante incubo.
La vera storia di un famoso serial killer
Le prime immagini di The Devil in Me ritraggono una giovane coppia appena sposata intenta a passare alcuni giorni in un albergo. Ci troviamo nel passato, come possiamo notare chiaramente dal look che i personaggi sfoggiano. Sebbene all’inizio l’atmosfera possa sembrare quasi romantica, dal momento che la regia virtuale mostra perlopiù i due sposini scambiarsi gesti affettuosi e smancerie varie, quando irrompe sulla scena il gestore dell’hotel tutto cambia: il suo atteggiamento imperscrutabile e il suo tono di voce privo di emozioni fanno capire bene che presto succederà qualcosa di molto brutto.
Il soggiorno dei nostri due novelli sposi presto si rivelerà quantomeno drammatico, perché si ritroveranno in un edificio che nasconde al suo interno trappole e varie minacce, progettate unicamente per uccidere con l’ausilio di soluzioni creative che possano infliggere quanto più dolore possibile alle vittime innocenti.
Questo scioccante prologo servirà per introdurre la figura di H. H. Holmes, uno dei più efferati assassini che visse nel 1800, a cui si attribuirono almeno 200 vittime. Holmes sarà centrale nella trama di The Devil in Me, perché sarà proprio un suo emulo ad attirare i protagonisti del gioco in un albergo che al suo interno sfoggia diversi memorabilia di questo spietato killer.
Il teatro dell’orrore
Il punto forte di The Devil in Me è proprio la trama che si basa su di un personaggio realmente esistito. I programmatori di Supermassive Games approfittano di questo per orchestrare una sceneggiatura che offre un plot capace di mostrare diverse informazioni sul noto serial killer e soprattutto su come riuscì a progettare un vero e proprio castello di orrori e torture.
Il World’s Fair Hotel appare come miracolo di progettazione, perché nasconde al suo interno stanze segrete, pareti mobili e numerose trappole. L’edificio sfoggia una topografia diabolica che dimostra come Holmes fosse, oltre ad un omicida senza scrupoli, anche un uomo dall’intelletto non indifferente.
L’episodio finale della saga di The Dark Pictures Anthology, oltre ad intrattenere il giocatore con suspence e jumpscare causati da eventi spaventosi improvvisi, ha il pregio di mostrare anche svariati dettagli delle vicende di questo killer, facendoci ascoltare registrazioni vocali che descrivono le sue terribili elucubrazioni mentali riguardo il suo operato omicida.
È il momento di inserire (piccole) novità nel gameplay
I primi comunicati stampa di The Devil in Me sottolineavano come il gioco sfoggiasse alcune novità nell’ambito del gameplay. Giocando al gioco di Supermassive Games si notano delle piccole aggiunte generali, che certamente non rivoluzionano una formula videoludica oramai consolidata da alcuni anni.
I personaggi del gioco ora hanno a disposizione una libertà di movimento più accentuata e possono compiere nuove azioni, come saltare oppure strisciare per terra. Il giocatore può usufruire inoltre anche di un piccolo inventario che mostra alcuni oggetti. Oggetti che il giocatore può usare durante il gioco per compiere gesti banali, come aprire una porta con l’ausilio di una chiave oppure accendere una torcia elettrica.
Sarebbe esagerato chiamare queste caratteristiche vere e proprie innovazioni, ma è pur vero che riescono a donare all’esperienza generale quel senso di coinvolgimento in più, perché restituiscono una sensazione di controllo del personaggio maggiore rispetto ai capitoli precedenti.
Ancora una volta, The Devil in Me permette al giocatore di scegliere quale atteggiamento fare assumere ai diversi protagonisti della storia attraverso dialoghi a risposta multipla. Ogni scelta porterà al verificarsi di eventi diversi in base alle nostre scelte, che potrebbero addirittura decretare la salvezza o la morte degli attori virtuali.
Come per gli altri giochi di Supermassive Games, anche Devil in Me permette di godere della storia non solo in single player ma anche in multiplayer, approfittando della compagnia di un altro giocatore per ammortizzare la paura che potrebbe derivare dalla vista di alcune scene gore non indifferenti, che richiamano alla mente la crudezza di alcuni omicidi che vedemmo nella saga cinematografica di Saw.
Il profilo tecnico
Devil In me presenta un motore grafico di ottima qualità. L’Unreal Engine è sfruttato a dovere e mostra architetture definiti e credibili. Le stanze virtuali del World’s Fair Hotel restituiscono una grande atmosfera soprattutto quando i giochi di luce illuminano le pareti rivestite con una carta da parati anonima e ingiallita.
Anche senza l’ausilio del noto Ray Tracing, tecnologia utile a mostrare i riflessi di luce e la rifrazione di quest’ultima in modo incredibilmente realistico, i raggi di luce che penetrano il buio risultano essere credibili e giovano a tutta l’atmosfera generale. Gli attori virtuali, sebbene sfoggino un livello grafico notevole (avremo la possibilità di scorgere addirittura il maglione infeltrito di un personaggio grazie all’elevato dettaglio), presentano ancora una espressività poco credibile, che abbassa il coinvolgimento emotivo di alcune, drammatiche, scene.
Sarebbero da migliorare inoltre anche alcune animazioni, soprattutto quelle deputate alla corsa degli attori virtuali, che si presentano stranamente poco curate. Il doppiaggio in italiano è discreto e il sincrono labiale accettabile. Da sottolineare un numero esiguo di frasi che appaiono non doppiate e ancora in lingua originale.
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La recensione in breve
Until Dawn è ancora il gioco più riuscito di Supermassive Games, ma The Devil in Me è quello che si assesta al secondo posto, grazie ad una sceneggiatura credibile e ben congegnata. Sebbene le piccole novità nel gameplay siano irrisorie (ma sicuramente utili al coinvolgimento generale), The Devil in Me eccelle nell’offrire una ricostruzione storica dell’assassino seriale H. H. Holmes molto interessante e che si incastra perfettamente nella trama. Il risultato finale, anche grazie ad un profilo tecnico pregevole, è un titolo sicuramente godibile che saprà intrattenere a dovere tutti gli amanti della serie di The Dark Pictures Anthology. Il discorso è diverso se invece siete stufi della formula videoludica del franchise di Supermassive Games e avevate in mente di comprare questo titolo solo se offriva innovazioni radicali. Queste ultime sono veramente troppo irrisorie per reputare questo episodio finale veramente diverso dai precedenti.
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Voto ScreenWorld