Lost Records: Bloom & Rage è la nuova opera di Don’t Nod, autori dell’acclamata serie di Life is Strange. Il titolo, pur non rivoluzionando uno schema ormai collaudato, offre molti spunti di lettura e una trama che, anche se fatica a ingranare, fornisce diversi elementi sui quali riflettere. Attualmente, lo studio ha distribuito soltanto la prima metà del gioco, con la seconda parte che è in programma per il 15 di aprile. Tuttavia, questo episodio introduttivo ha avuto il merito di creare un contesto coinvolgente e spianare la strada alla fase conclusiva.
Abbiamo, infatti, potuto familiarizzare non solo con i personaggi che compongono il cast di Lost Records: Bloom & Rage, ma anche con le meccaniche di gioco. Quella più interessante, anche se non sfruttata come avrebbe potuto, è la dinamica della videocamera. Swann, la protagonista, è infatti un’appassionata di cinema che, nell’estate del ’95, è in piena fase di sperimentazione con la sua videocamera. Così, durante le giornate che la separano da un imminente trasferimento in Canada, consuma cassette su cassette nel tentativo di girare un documentario sulla sua vita a Velvet Cove, città fittizia del Michigan. Ciò la porterà a conoscere Autumn, Nora e Kat che diventeranno presto le sue migliori amiche. Swann e le altre ragazze condivideranno un’avventura traumatica che porterà il gruppo a disgregarsi in una dinamica che abbiamo spesso visto al cinema.
La forza dell’amicizia
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Lost Records: Bloom & Rage, infatti, ha un’evoluzione che ricorda alcune pellicole cinematografiche che, in modo più o meno esplicito, si possono collegare all’opera di Don’t Nod. La chiave di volta è proprio l’essere adolescenti nell’America della seconda metà del novecento e crescere a stretto contatto con persone con le quali si condividerà un’esperienza che, in un modo o nell’altro, influenzerà la nostra vita per sempre. In alcuni casi, questi rapporti si consolidano e rimangono forti fino alla fine ma in altri, come accade in Lost Records: Bloom & Rage, i legami si spezzano e le strade si separano. In quasi tutte le pellicole che analizzeremo, inoltre, le storie sono pesantemente intrecciate con la passione per il cinema e l’uso di una videocamera o cinepresa da parte dei personaggi.
Durante la sequenza al Movie Palace, in Lost Records: Bloom & Rage, è possibile trovare degli evidenti riferimenti a Pulp Fiction e It.
“Non ho più avuto amici come quelli che avevo a dodici anni. Gesù, ma chi li ha?” così termina Stand By Me, pellicola del 1986 tratta da un racconto di Stephen King e diretta da Rob Reiner. Un gruppo di quattro amici dodicenni, di Castle Rock, in Oregon, intraprende un viaggio nei boschi in cerca di un cadavere. La premessa è folle come il Re dell’horror ci ha ormai abituati, ma il viaggio dei ragazzi saprà mostrare al pubblico molto più di un semplice corpo senza vita. Vedremo messe a nudo le anime di Chris, Gordie, Verne e Teddy così come accade a Swann, Autumn, Kat e Nora.
A differenza delle protagoniste di Lost Records: Bloom & Rage, però, i quattro ragazzi si conoscono da tempo e hanno un rapporto consolidato che è protetto da una casa sull’albero, rifugio segreto che agisce al pari della casa nel bosco dell’opera realizzata da Don’t Nod. Inoltre, i giovani hanno una complicità che le ragazze protagoniste dell’avventura grafica conquisteranno solo nel corso del tempo.
Alla pari di Lost Records: Bloom & Rage, però, l’incedere della storia di Stand By Me rivela retroscena sulle famiglie dei ragazzi, così come delle ragazze. Sia Reiner/King che Don’t Nod ci raccontano con delicatezza i lutti, le insicurezze e i dubbi che questi due gruppi di adolescenti vivono quotidianamente: “Riuscirò mai a lasciare questa città? Saremo amici per sempre? Perché è toccato a mio fratello e non a me? Cosa succederebbe se la mia migliore amica dovesse morire?”. Sono tutti episodi che tanto nel film, quanto nel gioco, plasmano dei legami indissolubili.
I boschi non nascondono solo paura
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Se i boschi di Stand By Me e di Lost Records: Bloom & Rage uniscono i giovani gruppi di protagonisti, in altre pellicole, prevalentemente horror, hanno l’effetto contrario. Pensiamo a The Blair Witch Project, del 1999 diretto da Daniel Myrick ed Eduardo Sanchez o Le cronache dei morti viventi del 2007 diretto da George Romero. Entrambe queste pellicole, come il gioco di Don’t Nod, sono accomunate dall’uso della soggettiva di una videocamera o cinepresa utilizzata dal protagonista.
Nel caso di The Blair Witch Project, il rapporto di amicizia consolidato tra Heather e Joshua e quello, nato in occasione delle riprese, con Michael viene inizialmente rafforzato da questa avventura nei boschi e finisce per logorarsi man mano che la situazione diventa sempre più disperata, fino a sgretolarsi poco prima dell’inevitabile fine.
Nella pellicola di Romero, invece, questo rapporto è traballante fin dall’inizio e il gruppo di giovani studenti di cinema inizia a separarsi già dalle prime scene, quando vengono a sapere della pandemia zombie che sta dilagando per le strade delle città. In questo caso, infatti, i personaggi sono legati più da un rapporto strettamente “professionale” e volto alla realizzazione di un film per ricevere crediti piuttosto che da una forte amicizia. È l’opposto di quanto accade in Lost Record: Bloom & Rage dove le difficoltà, che si tratti di bulli arroganti o di eventi sovrannaturali, avvicinano sia spiritualmente che fisicamente le protagoniste e l’utilizzo della soggettiva di una telecamera serve a creare ricordi immortali, invece di ridursi a un reportage di disperazione e morte.
Le difficoltà lasciano il segno
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Quello che accomuna tutte queste storie è il trauma al quale i personaggi delle opere citate vengono sottoposti. È un trauma brutale nel caso dei due horror (Le cronache dei morti viventi e The Blair Witch Project), nei quali i protagonisti sono distrutti psicologicamente da eventi paranormali troppo grandi per la loro comprensione che li porteranno prima a un crollo psicologico e poi a una orribile morte.
È anche il caso di Stand By Me, in cui la vista del cadavere risveglia nella coscienza dei ragazzi un senso di solennità che li spinge, alla fine, a fare una scelta umana e rispettosa del defunto, invece di spettacolarizzarne la morte come era nei loro piani a inizio pellicola. Il focus passa dal voler a tutti i costi vedere una salma al rendersi conto che non c’è nulla di bello in quella vista, coprirlo con una coperta e chiamare i soccorsi senza rivendicarne la scoperta.
C’è un quarto film che racchiude bene il tema di questa riflessione: Quel fantastico peggior anno della mia vita (Me and Earl and the Dying Girl) del 2015 diretto da Alfonso Gomez-Rejon. In questo caso, la storia ruota attorno al legame tra due amici, Greg ed Earl. Si tratta di studenti liceali appassionati di cinema che trascorrono le giornate a realizzare brevi film con la loro attrezzatura amatoriale. Rachel, invece, è una giovane compagna di scuola malata di leucemia che diventerà una parte importantissima del loro gruppo. Anche in questo caso la telecamera, seppur non in soggettiva, crea ricordi indelebili che i ragazzi terranno con sé per tutta la vita. Il film ci avvisa più e più volte che non ci troviamo davanti a una commedia romantica, ma non riesce mai a prepararci del tutto al trauma in arrivo.
Allo stesso modo, anche Lost Records: Bloom & Rage si destreggia nella sua prima metà presentandoci un mondo ordinario, fatto di amicizie serene e quasi spensierate, al di là di pochi problemi comuni come trasloco, insicurezze estetiche o bullismo che le protagoniste conoscono e sono in grado di affrontare. Tuttavia, il gioco ci spiazza con un cliffhanger che arriva inaspettato e ci costringerà ad attendere ancora un mese abbondante prima di avere delle risposte. Anche in questo caso, non ci troviamo davanti a una commedia.
Adesso ci dobbiamo lasciare
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Tutte queste opere, indipendentemente dal loro genere o dalla tipologia di media sul quale sono fruite, si concludono allo stesso modo: un’amicizia infranta. È così per le ragazze protagoniste di Lost Records: Bloom & Rage che promettono di non rivedersi mai più dopo gli eventi di quell’estate. Allo stesso modo, i giovani interpreti di Stand By Me sono divisi dagli eventi della vita e finiscono per perdersi di vista. Anche in Quel fantastico peggior anno della mia vita il legame è brutalmente spezzato e causa un trauma che non si può risanare.
Anche i legami dei due horror citati vengono infranti. In The Blair Witch Project i giovani protagonisti iniziano a logorarsi vicendevolmente, accusarsi e sabotarsi man mano che la disperazione dell’essersi persi nel bosco li assale. Non è sufficiente la minaccia di un’entità sovrannaturale che li segue nel loro cammino per salvarli da una morte atroce. Lo stesso vale per molti dei personaggi di Le cronache dei morti viventi che antepongono le loro convinzioni e la loro sicurezza personale al bene del gruppo, ferendosi a vicenda e abbandonandosi senza rimorso.
Lost Records: Bloom & Rage è un calderone di tutto questo. Il gioco riesce a creare un immaginifico sospeso tra horror e teen drama che, al netto di molteplici difetti e una scarsa attitudine all’innovazione da parte degli sviluppatori, riesce sempre a trasmettere l’emozione di una storia ben raccontata e di personaggi che sanno prendere vita all’interno della narrazione.