Non solo fumetti e manga al Comicon di Napoli, ma anche un mito della cultura videoludica. La kermesse partenopea, infatti, ha ospito un nome caro agli appassionati di videogiochi, specialmente quando si parla di JRPG: Yuji Horii.
Horii è amato dai videogiocatori di tutto il mondo per esser il padre di Dragon Quest e Chrono Trigger, due cult del mondo dei pixel. La sua presenza al Comicon è stato un grande regalo per gli appassionati, che hanno potuto ascoltare il sensei in un incontro con il pubblico, mentre per la stampa è stata l’occasione di una round table a cui abbiamo partecipato con grande piacere.
Da mangaka a game designer

Non è un mistero che Yuji Horii abbia avuto un duraturo rapporto lavorativo con Akira Toriyama, leggendario autore di Dragon Ball. Sorprendentemente, questa collaborazione avrebbe potuto prendere forma all’interno del mondo dei manga, considerato che Horii inzialmente aveva pensato a un’altra carriera
“A dir il vero, avrei voluto fare il mangaka. Avevo una serie di idee varie, dai viaggi nel tempo a personaggi strani. Quando è iniziato un progressivo cambiamento nella tecnologia dei videogiochi, ho iniziato a pensare “va bene, voglio diventare un mangaka, ma posso raccontare storie anche con questa roba!”. Da qui, ho iniziato a pensare che sarebbe stato bello poter creare dei videogiochi con cui raccontare le mie storie. Portopia, uno dei miei primi giochi, è a tutti gli effetti una storia, un romanzo visuale.”
Questa sua volontà di raccontare storie, a prescindere dal medium utilizzato, è l’essenza della sua visione del racconto. Un concetto che sensei Horii ha spiegato in modo chiaro:
“Quello che cerco sempre di realizzare è dare vita a un calore, a una bella atmosfera, che sia accogliente per chi gioca, anche in Dragon Quest, che è un prodotto serializzato. Adoro che si sviluppo una certa naturalità nel modo in cui i giocatori si ambientano nel gioco, la generazione di giocatori che ha vissuto Dragon Quest è stata protetta nel tempo da questo ambiente caldo, sentito nella sfera emotiva. E io cerco sempre di creare qualcosa che possa rilassare e divertire.”
L’importanza delle ambientazioni

Non solo una generazione di giocatori ha vissuto l’epica di Dragon Quest. Non solo grazie recuperi successivi o l’uscita di remake, ma soprattutto per l’affetto con cui fan hanno lodato la solidità dell’ambientazione e del lavoro di Horii
“Sono sempre molto attento ai mondi che creiamo, magari non tutte le nostre decisioni sono perfette, ma lo facciamo sempre con impegno. Dragon Quest è popolare, lo è sempre di più nonostante ci siano differenze tra i capitoli, ma è una grossa saga. Proviamo a renderlo bello e interessante anche per le persone che non sono abituate a questo genere di videogiochi.”
Non solo accogliere nuovi giocatori, ma anche creare un tessuto narrativo e ludico che renda appagante l’esperienza di gioco. Se un tempo i giochi erano concepiti come riempitivi del tempo libero, in contrapposizione all’orario di lavoro, ora che questa differenza si assottiglia sempre più, quanto piò cambiare anche il rapporto con il videogioco?
“Ho sempre pensato a fare divertire i giocatori, non a quanto a tempo avrebbero giocato. Spero che il giocatore si appassioni, non considerando il gioco un semplice passatempo. Ecco perché il giocare su smartphone, non è il tipo di esperienza con cui posso offrire il meglio al pubblico.”
Il giocatore al centro di tutto

Una saga storica come Dragon Quest, vero cult dei videogiochi, non è fatta solo di remake, ma anche di nuovi capitoli che espandano il suo mito. Passato, presente e futuro, un continuo evolversi che che per Horii deve tenere sempre in mente una regola:
“L’obiettivo principale è rendere sempre più gradevole il gioco, sempre più semplice da capire e più interessante. Chi gioca a Dragon Quest deve comprendere in maniera diretta e naturale ciò che vede su schermo, e i personaggi devono trasmettere con chiarezza le loro sensazioni ai giocatori.”
Se da un lato Horii vuole preservare il cuore di Dragon Quest, dall’altro evidenzia come ci siano dei tratti narrativi che non possono essere ignorati. Anche in un momento in cui le nuove tecnologie, come le IA, entrano nel processo produttivo, entrata in scena che influenzerà anche il futuro di Dragon Quest:
“Dal passato in cui c’erano i pixel, la grafica si è fatta sempre più definita. Se in quei tempi il cervello dei giocatori ragionava su questo aspetto, su giochi che si basavano su processi estremamente semplici. Ora si cerca sempre più il realismo, portano i giocatori a ragionare diversamente. Dal futuro, mi aspetto immagini che in qualche modo escano dallo schermo, inglobando il giocatore nel mondo di gioco.”
Il presente e il futuro dei videogiochi

Secondo Horii, quindi, il futuro dei videogiochi è fuori dallo schermo, con il giocatore che viene avvolto completamente dagli universi digitale.
“Credo con l’Intelligenza Artificiale si studierà un modo per portare i giochi fuori dal gioco. Non so se accadrà tramite VR, AR o 3D, non ho un’idea chiara, ma immagino un qualcosa di virtuale. Un’altra cosa che penso accadrà in futuro è cercare di far interagire i giocatori in modo che ci siano domande e risposte dedicate alla persona che gioca, e non pre-programmate.”
Il videogioco, per Horii, non è questione di tempo, quanto di appassionarsi al mondo di gioco
“Io cerco sempre di pensare a far divertire il giocatore, mai a quanto tempo debba passare giocando. Vorrei comunque che il giocatore si appassioni e che quindi possa dedicargli più tempo di un semplice passatempo. L’abitudine di giocare con gli smartphone una decina di minuti, però, per esempio, non è il tipo di esperienza con cui posso dare il meglio al pubblico.”
La nostra intervista a Yuij Horii

Al termine della round table con la stampa, abbiamo avuto il privilegio di un momento soli con il sensei Horii. Occasione perfetta per scoprire dal maestro qualche aneddoto in più sul suo rapporto con la saga, a partire da quale sia il capitolo di Dragon Quest che più gli è rimasto nel cuore
“Amo molto Dragon Quest 5, ma recentemente ho iniziato a pensare che anche il quarto capitolo sia davvero bello, tanto che il mio personaggio preferito è proprio il protagonista di Dragon Quest 4, Solo”
Dopo tanti anni, anche con la possibilità di poter correggere alcuni aspetti grazie a remake e remastered, ci si aspetterebbe che sensei Horii potrebbe avere la tentazione di cambiare qualcosa
“Chi lo sa! In realtà, non ci sono cose cambierei. Ogni momento per me ha una grande valore, mi piace tutto ciò che ho fatto, anche perché ho fatto in modo che ciò che amo diventasse il mio lavoro, e quei momenti sono il motivo per cui oggi sono felice.”
Considerate queste parole, sembra impossibile pensare che sensei Horii abbia in mente altri luoghi in cui ambientare le proprie avventure
“Non cambierei nulla delle mie ambientazioni, non penso che vorrei un mondo differente. Sicuramente, non andremo mai”