A seguito di un’attesa durata praticamente due anni, anche se intermezzata da un fortunato spin-off, la quarta stagione di The Boys è finalmente pronta a tornare su Prime Video. I primi tre episodi della serie saranno disponibili sulla piattaforma dal 13 giugno, mentre gli altri verranno distribuiti uno alla volta ogni settimana, fino al 18 luglio. Lo show di Eric Kripke si è fatto attendere, ma non invano: tra spettacolari sequenze e trame dai risvolti sempre più profondi, i nodi vengono al pettine (o almeno cominciano a farlo). Se c’è un particolare che emerge dagli episodi visti finora, è che la serie abbia davvero raggiunto la piena maturità e sia più che mai pronta ad arrivare al dunque.
Non sorprende, a tal proposito, la notizia della chiusura di The Boys dopo la quinta stagione: le puntate di queste settimane rappresenteranno l’ultimo step da superare prima del gran finale. Una preparazione effettiva, quindi, che però non si presenta affatto come tale: se nelle passate stagioni il build-up dei vari episodi risultava spesso in un nulla di fatto, o piuttosto nell’assaggio di uno scontro ben più grande, qui le conseguenze di ogni scelta o rischio si fanno evidenti sin da subito – e lo fanno senza pietà.
Non sarà l’ennesimo salto di qualità in termini stilistici e tecnici a stupire, bensì quello nella scrittura: gli autori in writing room abbracciano finalmente il dramma oltre il delirio, mantenendosi fedeli al passato per colpire direttamente (e senza timore) personaggi e spettatori.
L’ultima crociata

Il mondo di The Boys sembra destinato a crollare sotto il peso delle ambizioni di Victoria Neuman (Claudia Doumit) e l’onnipotenza di Homelander/Patriota (Anthony Starr). Le elezioni americane si fanno sempre più vicine, non a caso, e il Bureau degli Affari Superumani intende intervenire prontamente per evitare che i super prendano definitivamente il controllo. Butcher si trova con le spalle al muro, con sempre meno spazio di manovra e una salute sempre più precaria: l’unico obiettivo è eliminare Patriota e recuperare Ryan, figlio della sua amata (e compianta) Becca, prima che sia troppo tardi.
Il resto dei Boys non sembra riuscire a gestire da solo la posta in gioco, sempre più alta, e questo porta il team verso strade completamente inaspettate. Ciascuno dei personaggi avrà un conflitto da affrontare, non tanto contro minacce esterne, quanto contro una parte di sé stesso più o meno ingombrante. Nessuno è davvero pronto, per questo l’intera stagione concede ampio spazio a lotte interiori ben più complesse e drammatiche di una semplice scazzottata. Se parlassimo dell’intero progetto come di un’unica sceneggiatura, questa sarebbe la fase della crisi, quella in cui ogni parvenza di stabilità cede il posto al dubbio e all’incertezza. A dominare resta soltanto la grigia assenza di una bussola morale in un mondo che non accetta compromessi.
Il dolore, il trauma, la perdita, il castigo non lasciano spazio neppure alla redenzione, portando all’estremo l’alienazione e lo sconforto dello spettatore di fronte alle derive dei protagonisti. A emergere è proprio la scrittura, forte di autori capaci di captare la necessità di guardare oltre lo splatter e la satira per riflettere su critiche e temi assai profondi.
Confronti (dis)uniti d’America

Non c’è nulla di cui preoccuparsi: le classiche sequenze spregiudicate, deliranti e over the top non mancheranno – anzi, sono pronte a stupire tra citazioni folli e scene sconvolgenti. Tuttavia, relegare The Boys alla sua connotazione dissacrante sarebbe quanto mai riduttivo, in particolare dopo questa stagione: Kripke e soci hanno trovato il perfetto equilibrio tra tensione e dramma, centellinando l’azione affinché si riveli più funzionale per il prosieguo della narrazione. Il mix si conferma brillante, ma soprattutto intrattenente, con una produzione che dà quasi l’impressione di potersi muovere in automatico senza alcuna difficoltà.
Ci sono momenti in cui il ritmo è dosato talmente bene che i colpi di scena colpiscono con una violenza inaudita, lasciando senza fiato. Non sarebbe un’esagerazione definire la quarta stagione di The Boys come la più intensa finora, tanto per la sua componente emotiva, quanto per la sua aperta critica sociale. Il discorso di Kripke si fa sempre più aspro nei confronti del “nostro” presente, nei confronti di un’America in balia degli estremismi e della bramosia dei potenti. Un approccio che di certo non sorprenderà i fan più accaniti dello show, ma la cui schiettezza offre numerosi spunti: fin dove può spingersi la voce di un autore, e quanto può davvero spingere il pubblico attraverso l’arte? L’intento di The Boys è sicuramente rischioso, ma punta a scavare davvero a fondo dell’ipocrisia istituzionale americana attraverso eventi e personaggi destinati a far discutere.
In questo quadro di forze opposte e toccanti introspezioni, Butcher e Patriota vengono posti in costante confronto. Con entrambi immersi nel rispettivo oblio, il dualismo centrale della serie diventa ora la rappresentazione distorta dei due volti dell’ossessione: due anime dannate e corrotte che accarezzano il delirio nella speranza di un’assoluzione.
Genere: Azione
Durata: 8 episodi da 60 minuti c/a
Uscita: 13 giugno 2024 (Prime Video)
Cast: Jack Quaid, Karl Urban, Antony Starr, Erin Moriarty
Il lato oscuro della speranza

Se gli aspetti tecnici si confermano su livelli altissimi, quasi al pari delle trovate in sede di scrittura, è lo sforzo corale del cast a trainare lo show verso grandi traguardi. Oltre ai già citati Karl Urban e Anthony Starr, da tempo a livelli da Emmy, gli interpreti dello show sono diretti in maniera magistrale e riescono a tirar fuori il massimo dai rispettivi ruoli. Menzione speciale per la new entry più azzeccata, un Jeffrey Dean Morgan pronto a lasciare il segno con un personaggio tanto affascinante quanto brutale. Lanciandosi in una considerazione più generale, ogni elemento lascia che The Boys si avvicini sempre più verso lo schermo, aspettando l’occasione giusta per oltrepassarlo.
Le produzioni capaci di vivere in simbiosi con un mondo cangiante come quello reale possono contarsi sulle dita di una mano, e lo show di Eric Kripke è forse quello che riesce meglio di qualsiasi altro a spiattellare in faccia le verità più scomode. Il mondo non è un posto felice: è una giungla di opportunismi, orrori e violenza ingiustificata. Forse lo spazio per la speranza ci sarà sempre, ma è sempre più difficile preservarlo se l’uomo continua ad annegare nel suo stesso marciume. Per stimolare la mente di chi osserva, ancor prima del suo sguardo, la via di The Boys potrebbe davvero essere quella migliore: invitare a guardare lo schermo con uno spettacolo grafico e irriverente, lasciando che diventi uno specchio attraverso cui giudicare e giudicarsi.
Imparare a conoscere il “mostro” sbattuto in primo piano, osservandolo attentamente nel tempo, potrebbe rivelarsi il modo più semplice per notare certe somiglianze.
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La recensione in breve
Passano gli anni, ma The Boys riesce ancora a migliorarsi: spregiudicato e dissacrante come sempre, ma consapevole e maturo come mai prima d'ora, lo show di Eric Kripke continua a stupire senza lasciare nulla al caso. Spinta da una scrittura più drammatica e da interpretazioni di altissimo livello, la serie si conferma il prodotto di punta di Prime Video - e si merita decisamente qualche menzione ai prossimi Emmy.
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Voto Screenworld