Se nelle ultime settimane avete ricevuto una chiamata con il prefisso internazionale +30, quello della Grecia, fermatevi un attimo prima di rispondere o, peggio ancora, di richiamare. Potrebbe non trattarsi di un vecchio amico in vacanza a Santorini o di un errore di composizione, ma dietro quel numero si nasconde quasi certamente l’ennesima variante di una truffa telefonica che sta colpendo migliaia di italiani. È il ritorno del cosiddetto wangiri, una tecnica di raggiro collaudata che negli ultimi anni ha sfruttato i prefissi di Francia, Paesi Bassi, Spagna e ora della Grecia per prosciugare conti correnti e carte prepagate.
I malviventi effettuano brevissime telefonate, spesso di uno o due squilli appena, che si interrompono prima che la vittima possa rispondere. L’obiettivo non è parlare con voi, ma lasciare una traccia: quella fastidiosa notifica di chiamata persa che fa leva sulla curiosità umana. Chi è stato? Cosa voleva? Sarà importante? La tentazione di richiamare è forte, quasi irresistibile. Ed è esattamente quello che i truffatori sperano.

Quando la vittima richiama il numero con prefisso greco, si attiva una connessione a servizi a tariffazione maggiorata. Bastano pochi secondi di attesa, magari accompagnati da una voce registrata che promette premi o vantaggi, per generare costi elevatissimi. Il credito telefonico evapora in un lampo, i soldi presenti sulla carta vengono drenati, e in bolletta compaiono addebiti inspiegabili. Il tutto mentre dall’altra parte i criminali incassano una percentuale su ogni chiamata ricevuta.
Il termine wangiri deriva dal giapponese e significa letteralmente uno squillo e via. È una definizione perfetta per descrivere questa tecnica, nata in Asia e ormai diffusa in tutto il mondo. Ma la truffa del prefisso greco non si limita al solo wangiri. I malviventi hanno affinato le loro strategie, diversificando gli approcci per massimizzare le possibilità di successo. Alcune vittime ricevono messaggi su WhatsApp o Telegram da numeri sconosciuti che iniziano con +30, con testi che annunciano vincite miracolose, premi in denaro o buoni regalo. Per riscuotere il fantomatico premio, naturalmente, bisogna cliccare su un link o pagare una piccola commissione. Il link porta però a siti malevoli progettati per rubare dati personali, installare malware sul dispositivo o portare la vittima a fornire volontariamente informazioni sensibili come codici di accesso bancari o numeri di carta di credito. È il classico schema del phishing, camuffato da opportunità imperdibile.

Un’altra variante sfrutta la leva della paura psicologica. La vittima riceve una comunicazione che finge di provenire da enti ufficiali: banche, poste, compagnie telefoniche, corrieri. Il messaggio è sempre caratterizzato da un tono di urgenza. C’è una fattura non saldata che deve essere pagata immediatamente, un pacco fermo alla dogana che rischia di essere restituito al mittente, un’operazione sospetta sul conto corrente che richiede verifica immediata. L’urgenza è studiata scientificamente per ridurre il tempo di riflessione, spingendo la persona ad agire d’impulso senza fermarsi a verificare l’autenticità della richiesta.
E poi ci sono le truffe più elaborate, quelle che richiedono un investimento di tempo maggiore da parte dei criminali ma che possono risultare estremamente redditizie. Le false opportunità di lavoro, ad esempio, hanno trovato larga diffusione in Italia. La vittima viene contattata con proposte apparentemente vantaggiose: un lavoro da remoto ben retribuito, un investimento in criptovalute con rendimenti straordinari, opportunità di business che sembrano troppo belle per essere vere. E infatti non lo sono: dietro queste proposte si nascondono richieste di denaro anticipato per fantomatici costi di registrazione, o la raccolta sistematica di informazioni personali che verranno poi rivendute o utilizzate per altri scopi fraudolenti.
Ancora più insidiose sono le truffe sentimentali, che sfruttano la sfera emotiva delle persone. In questi casi, il truffatore investe settimane o addirittura mesi per instaurare una relazione emotiva con la vittima o copiare la voce di un caro, solitamente attraverso piattaforme di messaggistica o social network. Una volta conquistata la fiducia della persona, il criminale inventa un’emergenza personale: un problema di salute improvviso, difficoltà economiche inaspettate, la necessità di pagare un viaggio per potersi finalmente incontrare di persona. A quel punto arriva la richiesta di aiuto economico. Le vittime, emotivamente coinvolte e manipolate, spesso cedono senza rendersi conto di essere state ingannate.

Come proteggersi da questa ondata di truffe? La prima regola, la più importante, è la diffidenza verso numeri sconosciuti con prefissi internazionali. Se non avete motivi per aspettarvi chiamate dalla Grecia, non rispondete. E soprattutto, non richiamate mai un numero straniero sconosciuto che vi ha lasciato una chiamata persa. La curiosità, in questo caso, può costare cara. Se ricevete messaggi su piattaforme di messaggistica da numeri con prefisso greco che non conoscete, non aprite eventuali link condivisi e non fornite mai informazioni personali. Il contatto dovrebbe essere immediatamente bloccato e segnalato alla piattaforma utilizzando le apposite funzioni di segnalazione. WhatsApp e Telegram hanno sistemi di protezione che, se adeguatamente alimentati dalle segnalazioni degli utenti, possono bloccare rapidamente i numeri utilizzati per le truffe.
Un’altra strategia di protezione efficace è l’attivazione dei filtri anti-spam integrati negli smartphone moderni. Questi sistemi, pur non essendo perfetti, riescono a identificare e bloccare automaticamente molte chiamate sospette, riducendo significativamente il rischio di entrare in contatto con i truffatori. Su Android e iOS esistono anche applicazioni di terze parti specializzate nel riconoscimento e blocco delle chiamate indesiderate, che utilizzano database costantemente aggiornati di numeri segnalati come pericolosi. La cosa più importante, quindi, è stare sempre attenti, ben informati e consci dei pericoli.